Ritorna a p. 3 – 5.3. Il ruolo dei filtri epistemici nella post-indagine
5.4. Modello della struttura della normatività epistemica con filtri epistemici
In questo paragrafo arricchiremo il nostro modello della struttura normativa integrandolo con il concetto di filtro epistemico introdotto precedentemente. A tal fine, riprendiamo in esame il caso dei terrapiattisti per illustrare come funzionano i filtri epistemici per omissione. I terrapiattisti formano una comunità dotata di un’identità settaria molto forte. Questo li porta a frequentare persone simili (ad esempio tramite i social media e le conferenze) e a evitare circoli, come quello degli astronomi dilettanti, che sono in contrapposizione alle loro idee e teorie – naturalmente, in una certa misura tutti adottano questo atteggiamento, ma più forte è il collante identitario, più forte sarà il meccanismo di esclusione. In altri termini, la pratica di indagine1INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). del terrapiattista avviene all’interno di un circolo epistemico2EPISTEMICO – Relativo a conoscenza o giustificazione. isolato da altri: molte prove (tra cui quelle connesse alla teoria gravitazionale) sono omesse, in quanto i terrapiattisti semplicemente non sono esposti ad alcune cerchie sociali. Possiamo quindi rappresentare questa situazione con l’idea che al terrapiattista sia preclusa una serie di prove e controprove, la cui sorgente provenga da circoli epistemici remoti. L’omissione di queste possibili prove e controprove avviene restringendo il campo di azione delle norme epistemiche a circoli di prossimità epistemica (l’idea di circolo di prossimità epistemica è simile alla nozione di pensiero collettivo di Ludwik Fleck – si veda Sady 2019). Un circolo di prossimità epistemica è composto da tutti quegli agenti la cui indagine è regolata da uno stesso filtro epistemico. In conclusione, i filtri epistemici per omissione fanno in modo che il circolo epistemico prossimo all’indagatore determini il campo d’azione delle norme tramite un meccanismo di omissione di un insieme di prove e controprove. Questo filtro contribuisce a determinare una bolla epistemica. È plausibile pensare che ogni nostra indagine particolare sia regolata dalla presenza di filtri epistemici di questo tipo. Questo fatto non va però valutato necessariamente in modo negativo da un punto di vista epistemico – anche se nel caso dei terrapiattisti pensiamo certamente che lo sia.
Passiamo ora a un secondo tipo di filtro. Quando un terrapiattista valuta quali controprove richiedano la revisione della credenza3CREDENZA (O GIUDIZIO) – Quello stato mentale volto a rappresentare la realtà e il cui contenuto consiste in una proposizione che viene presa come vera. che la Terra è piatta, la sua pratica d’indagine è strutturata in modo da screditare, ad esempio, prove satellitari della NASA che mostrino la forma sferoide della Terra, classificandole come false e costruite ad arte per ingannare la popolazione. In questo caso, il filtro epistemico è costruito sulla base di una proposizione come {la popolazione mondiale è vittima di un complotto ordito dalle istituzioni con l’intenzione di ingannarla sulla cosmologia}. In tal modo, ogni possibile prova proveniente dalle istituzioni è screditata ed esclusa di default dal processo di indagine. A differenza del filtro per omissione, questa proposizione limita il campo di azione delle norme epistemiche screditando – invece che omettendo – un certo insieme di prove. Chiamiamo questi filtri, filtri epistemici per discredito.
Questi due esempi mostrano come i filtri epistemici possano restringere il campo di azione delle norme epistemiche in due modi radicalmente diversi. Il filtro epistemico per omissione limita ciò che conta come prova per formarsi una credenza (e ciò che conta come controprova per rivedere una credenza) isolando le proprie fonti epistemiche da quelle di altri circoli epistemici. Il concetto di prossimità epistemica è quindi centrale per capire il meccanismo di omissione, caso per caso. La prossimità epistemica, e dunque il relativo meccanismo filtrante, possono infatti essere costruiti in molteplici modi: per mezzo dell’identità settaria di una comunità, dell’azione di un algoritmo dovuto a certe scelte di un utente sui social media, della distanza fisica da certi circoli (ad esempio, perché il proprio luogo di residenza e/o di lavoro limita la possibilità di conoscere certi tipi di persone), ma anche per mezzo della distanza socio-culturale (ad esempio, l’avere un grado basso di istruzione limita la possibilità di accedere alle prove disponibili nella comunità dei sociologi o degli astrofisici; o non conoscere il mondo degli anime limita la possibilità di accedere alle ragioni e idee della comunità di cosplayer). Invece che per omissione, i filtri epistemici per discredito operano screditando circoli epistemici avversi. Tale meccanismo di discredito epistemico opera tramite l’accettazione di proposizioni che fanno riferimento a questi circoli epistemici, attribuendo loro qualche caratteristica che li screditi come fonte. Il concetto di discredito epistemico è quindi centrale per capire il meccanismo di questo secondo tipo di filtro epistemico. Come per la prossimità epistemica, il discredito epistemico, e dunque il relativo meccanismo filtrante, può essere infatti costruito in molteplici modi: può essere introdotto per via di dubbi sull’affidabilità dei membri di un certo circolo (ad esempio quando gli adulti non si fidano delle capacità deliberative dei bambini), o perché si dubita delle buone intenzioni di un certo circolo (come quando si pensa che persone appartenenti a fazioni politiche radicalmente avverse vogliano ingannarci su alcune questioni politiche). A differenza del filtro epistemico per omissione, che restringe l’applicazione delle norme epistemiche che regolano la pratica dell’indagine isolando gli indagatori da un certo insieme di prove e controprove tramite l’ignoranza di queste prove, il filtro epistemico per discredito restringe l’applicazione delle norme epistemiche escludendo un certo insieme di prove e controprove screditandone la bontà epistemica.
Se pensiamo ai circoli epistemici come a dei gruppi che devono adattarsi a certi contesti socio-culturali in base ai propri valori, possiamo vedere l’adozione dei filtri come strategie di massimizzazione della fitness epistemica – ovvero di massimizzazione del successo nell’elaborare prove e controprove accettabili per gli standard del circolo. In un ambiente in cui sia facile creare una propria nicchia e isolarsi da altri circoli epistemici i cui valori siano avversi, è utile adottare filtri per omissione (si pensi ai social media dove la cerchia di amicizie delimita i post visibili). In ambienti in cui l’esposizione ad altri circoli avversi (come nei conflitti politici) è inevitabile, il filtro per discredito è molto più adatto. Si noti che ciascuno dei due filtri presenta degli svantaggi e dei vantaggi. Il filtro per omissione non richiede particolari risorse cognitive, ma può operare efficacemente solo in condizioni ambientali favorevoli. Il filtro per discredito può invece operare efficacemente in ambienti particolarmente ostili, ma richiede sforzi intellettuali non sempre banali: come, la costruzione di una spiegazione circa il cattivo funzionamento delle capacità cognitive dei membri degli altri circoli, la spiegazione del perché le capacità argomentative dei bambini siano sub-ottimali, o la costruzione di una narrazione che porti a valutare come malintenzionati i membri di un certo circolo, ad esempio tramite la costruzione di una teoria del complotto. Possiamo illustrare (Fig. 3) l’azione dei filtri epistemici nell’indagine rappresentando l’effetto del filtro per omissione e quello del filtro per discredito a un insieme di prove.
Più in generale, come abbiamo detto in precedenza, un filtro epistemico svolge la funzione di selezione di ciò che conta come prova per la formazione di una credenza o come controprova per la revisione della credenza (defeaters, in gergo tecnico). Questa funzione può essere espressa da una proposizione filtrante che accoglie come ammissibili solo prove e controprove compatibili con essa. Nel prossimo capitolo, useremo due figure per rappresentare gli effetti di alcuni modi di applicare i filtri epistemici (non tutti!) nell’indagine. L’effetto normativo di questi filtri dà luogo a diversi modi di restringere il campo di applicazione delle norme epistemiche. La pratica della post-indagine basata sulle post-norme risulterà essere un esempio molto particolare del modo in cui un filtro epistemico limiti il campo d’azione di queste norme. Come vedremo, abbiamo scelto filtri epistemici che diano luogo a pratiche d’indagine di un certo interesse filosofico e sociologico: quelle connesse alla questione dello scetticismo cartesiano, alla scienza, alla teoria del complotto e infine, in quanto oggetto del nostro studio, alla post-indagine.
Le due figure che introdurremo sono volte a illustrare il meccanismo dei filtri epistemici in relazione alla norma di revisione e a quella di formazione della credenza. Quest’ultima parte del presente capitolo ha quindi lo scopo di fornire a chi legge tutti gli elementi utili per leggere e comprendere le due figure.
In primo luogo, assumiamo di poter esprimere ogni possibile prova con una proposizione. Una prova percettiva del fatto che ho due mani è quindi espressa da {vedo che ho due mani}. Una prova sperimentale del fatto che un proiettile si muove di moto parabolico è data da una misurazione empirica della traiettoria del proiettile, che è espressa dalla proposizione {al tempo t0 l’oggetto è nella posizione p0, al tempo t1 l’oggetto è nella posizione p1, …, al tempo tn l’oggetto è nella posizione pn}. Una prova dell’esistenza del complotto ordito dalle compagnie del tabacco è fornita dai documenti pubblicati nel 1988 durante il Tobacco Master Settlement Agreement; ciò può essere espresso dalla proposizione {i documenti forniti dalle quattro compagnie del tabacco Philip Morris Inc., R. J. Reynolds, Brown & Williamson e Lorillard parlano di un accordo tra queste compagnie volto alla diffusione di informazioni utili a contrastare le prove scientifiche sugli effetti cancerogeni del tabacco}. Una prova della forma sferoide della Terra è data dall’immagine NASA della Terra nota come “Blue Marble” che può essere espressa dalla proposizione {la foto satellitare della NASA rappresenta la Terra come un oggetto sferoide avvolto da nubi in cui i continenti sono circondati da un mare blu}.
Un assunto che facciamo è che sia possibile relativizzare una pratica di indagine4INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). a una certa tematica. Ad esempio, la pratica di indagine dei terrapiattisti riguarda la tematica della forma della Terra e della sua relazione con il resto del cosmo. Pensiamo che questo sia un modo usuale di parlare di indagine e che il modo che abbiamo usato finora per parlare di indagine simpliciter sia un’astrazione dalle diverse tematiche che sono – sono state, o possono essere – oggetto delle pratiche di indagine. Naturalmente esiste anche la pratica di indagine sulla tematica più generale di tutte, cioè l’indagine su ogni cosa. In questo senso, filosofi fondazionalisti come Descartes si erano occupati di questa pratica perché volevano fondare ogni pratica di indagine su basi certe. Ritorneremo a breve sul progetto cartesiano dopo aver introdotto le due figure nel prossimo capitolo.