Ritorna a p. 2 – 5.2. Filtri epistemici

5.3. Il ruolo dei filtri epistemici nella post-indagine

La domanda da porsi ora è la seguente: sulla base di quale criterio di selezione dell’informazione operano i filtri epistemici? Non è certo facile rispondere in modo univoco ed esaustivo a tale domanda. Sembra infatti plausibile sostenere che vi sia una pluralità di criteri che contribuiscono all’azione filtrante. Tuttavia, per gli scopi di questo capitolo, ci è sufficiente illustrare quella che riteniamo essere la funzione chiave del filtro epistemico in relazione al compito di spiegare il meccanismo della post-indagine basata sulle post-norme.

Ciò che è interessante studiare, ai fini della comprensione del modello di post-indagine basato sulle post-norme, è quello che accade quando a giocare il ruolo di filtro epistemico sono certe teorie del complotto – o, più precisamente, proposizioni che esprimono l’esistenza di una cospirazione o complotto alla base dei canali d’informazione istituzionali. Se nell’indagine1INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). assumiamo che le fonti istituzionali di informazione (governi, università, ecc.) manipolino sistematicamente le prove e controprove con l’intenzione di farci credere quello che è per loro più conveniente, e se tale assunzione viene a giocare il ruolo di filtro epistemico all’interno della nostra indagine, allora automaticamente tenderemo a omettere come fuorviante, circa l’oggetto della nostra indagine, tutte le prove e controprove (o, perlomeno, la stragrande maggioranza di esse) provenienti da fonti istituzionali. Per ritornare al nostro esempio, se siamo impegnati nell’indagine sulla forma della Terra e assumiamo, come filtro epistemico, che le fonti istituzionali – come la NASA o le fonti scientifiche e governative ufficiali – vogliano ingannarci sistematicamente circa la vera forma della Terra, allora automaticamente tenderemo a scartare come sorgente di prove affidabili tutto ciò che sia prodotto da tali fonti – ad esempio, foto satellitari, tecnologie come il GPS, ecc. In un caso come il terrapiattismo è evidente che la funzione primaria del filtro epistemico è quella di omettere ogni tipo di prova e controprova pertinente all’indagine, che sia prodotta da fonti istituzionali.

Nella post-indagine i filtri adottati sono espressi da teorie della cospirazione che hanno una grande generalità: sono teorie che comportano complotti presenti in tutte (o quasi) le istituzioni. La caratteristica di queste proposizioni, qualora continuino a essere credute dagli agenti, è quella di esprimere filtri epistemici che regolano qualsiasi indagine che si confronti con fonti epistemiche istituzionali. In questo senso i filtri della post-indagine sono altamente resilienti alla critica: la loro natura rende particolarmente difficile (se non impossibile) intraprendere indagini che li mettano in discussione. In secondo luogo, tipicamente questi tipi di filtri epistemici hanno come conseguenza l’abbassamento degli standard epistemici dell’indagine: esperti2ESPERTO – Relativamente a un certo ambito di indagine X, un esperto è colui che soddisfa i seguenti criteri: (i) possiede un alto numero di informazioni accurate su X; (ii) è in possesso di metodi di acquisizione, sistematizzazione e rielaborazione dell’informazione che ne garantiscono l’accuratezza; (iii) la sua funzione di esperto su X è riconosciuta dalla comunità d’indagine. Occorre tenere distinta la questione di che cosa renda una persona “un esperto” dalla questione di come individuare chi sono gli esperti. La prima questione è coperta da questa breve definizione, mentre la seconda questione è molto più complessa perché richiede l’elaborazione di criteri utili a identificare una persona come un esperto., fonti e prove appartenenti a tutti i circoli istituzionali vengono esclusi lasciando spazio a prove di dubbia qualità (basate, ad esempio, su considerazioni aneddotiche), a metodologie fallaci (come assumere sempre una correlazione causale tra due eventi concomitanti) e dando credito a pseudo-esperti. Queste due caratteristiche – resilienza alla critica e standard epistemici bassi – conferiscono alla post-indagine una connotazione epistemicamente negativa.

La proposizione cospiratoria che esprime il filtro epistemico viene presa a elemento costitutivo dell’identità del gruppo di post-indagatori. Più precisamente, l’idea è che mettere in discussione la verità della proposizione cospiratoria filtrante non solo metta in dubbio la struttura normativa stessa della post-indagine fondata su tale filtro, ma abbia anche l’effetto di mettere in discussione il diritto di appartenenza al gruppo di post-indagatori. Facciamo un esempio utilizzando, ancora una volta, il caso dei terrapiattisti. Alberto appartiene al gruppo dei terrapiattisti che conduce una post-indagine sulla forma esatta della Terra. In quanto appartenente al gruppo dei terrapiattisti, Alberto accetta come elemento fondante della sua indagine la proposizione filtrante che le fonti istituzionali producono prove fuorvianti al fine di nascondere la vera forma della Terra. Se Alberto dovesse mettere in discussione la verità di tale proposizione filtrante, ciò avrebbe un duplice effetto: da un lato metterebbe a repentaglio la modalità in cui la post-indagine viene svolta dai terrapiattisti; dall’altro renderebbe Alberto un eretico all’interno della comunità dei terrapiattisti.

I filtri epistemici caratteristici della post-indagine danno luogo a un settarismo che rende i post-indagatori resilienti a ogni critica esterna. Questo aspetto distingue in maniera cruciale la post-indagine da tutti gli altri tipi di indagine che abbiamo trattato. È quindi utile spiegare in cosa consista questa resilienza. Tutte le tipologie di indagine trattate adottano un filtro e tutte, eccetto la post-indagine, ammettono in linea di principio che altre indagini possano mettere in discussione i filtri adottati. Ad esempio, lo scienziato può essere coinvolto in un’indagine che lo porta a non fidarsi più di alcune fonti istituzionali, perché può pensare che siano state adottate delle metodologie fallaci. Anche il complottista può rivedere la sua ipotesi del complotto, se viene coinvolto in un’indagine che mostra che le fonti su cui si basava tale ipotesi sono discutibili. Quando però l’ipotesi del complotto abbraccia tutte le fonti istituzionali di ricerca, come avviene nella post-indagine, allora sembra molto più difficile mettere in discussione l’adozione del filtro epistemico, dal momento che tutti i possibili percorsi di indagine che fanno appello a una fonte istituzionale3FONTE EPISTEMICA e FONTE ISTITUZIONALE – Un agente o un’istituzione che produce o trasmette delle prove e delle controprove. Essere fonte epistemica non implica che le prove e controprove prodotte siano accurate (alcune fonti epistemiche sono affidabili, mentre altre possono non esserlo). vengono squalificati di default. Dato che la complessità del maggior numero di questioni su cui si può svolgere un’indagine richiede di far affidamento sulla rete sociale di ricerca, che è rappresentata dalle istituzioni sociali della scienza, ne segue che il post-indagatore è particolarmente resiliente a rivedere il filtro epistemico che opera in relazione alle sue indagini (Levy 2019).

Continua a p. 4 – 5.4. Modello della struttura della normatività epistemica con filtri epistemici