Ritorna a p. 1 – 5.1. Bolle epistemiche, camere dell’eco e teorie del complotto
5.2. Filtri epistemici
Nel capitolo III (p. 50) abbiamo mostrato come l’indagine1INDAGINE – Pratica del raccogliere, soppesare e valutare le prove a nostra disposizione in relazione alla domanda, o alle domande, di nostro interesse, al fine di formarci credenze vere e/o rivedere credenze false su di essa (cfr. Capitolo 3. Indagine). sia regolata da un lato da un duplice standard aletico, dall’altro da due norme epistemiche che riproponiamo qui per convenienza:
Norma della revisione (N1): a un soggetto è epistemicamente richiesto di rivedere la propria credenza che p se, e soltanto se, acquisisce una controprova che comprometta la sua credenza.
Norma per la formazione della credenza (N2): a un soggetto è epistemicamente richiesto di formarsi la credenza che p se, e soltanto se, acquisisce una prova per {p} e tale prova, al momento della formazione, non è compromessa da controprove.
Le due norme epistemiche, assieme al ruolo normativo giocato dalla verità (discusso nel capitolo III), costituiscono il quadro normativo complessivo dell’indagine. Questo quadro ci è utile a illustrare nel dettaglio i meccanismi epistemici che hanno luogo all’interno del terzo modello di post-indagine, quello delle post-norme. A tal proposito, occorre aggiungere ora un ulteriore tassello fondamentale per comprendere il funzionamento del modello basato sulle post-norme, ovvero il concetto, già incontrato, di filtro epistemico (si veda Ferrari, Moruzzi 2020 per una discussione più dettagliata dell’impatto che i filtri epistemici hanno sulle norme dell’indagine).
Un filtro epistemico rappresenta un modo di regolare l’indagine tale da escludere da essa alcune prove e controprove. Ai fini del nostro modello, i filtri che sono operativi nell’esecuzione di un’indagine verranno espressi per mezzo di proposizioni. Un filtro epistemico opera all’interno di una determinata area d’indagine regolando e limitando, in una varietà di modi più o meno articolati, il flusso d’informazione disponibile agli agenti epistemici che partecipano all’indagine. In contesti ordinari d’indagine, la funzione base di un filtro epistemico è quella di schermare l’informazione irrilevante e/o fuorviante per l’indagine, al fine di evitare di esporre gli agenti epistemici a un surplus di informazione che causerebbe una vera e propria congestione epistemica capace, a sua volta, di paralizzare l’indagine stessa. Occorre tuttavia chiarire che i filtri epistemici non pongono necessariamente restrizioni su quali questioni indagare (anche se questo può accadere, come vedremo, nel caso di certe post-indagini), ma limitano quali prove e controprove siano a disposizione del soggetto in relazione alla questione su cui si sta indagando. Per spiegare la differenza tra porre una restrizione sulle prove ammissibili e limitare le questioni su cui condurre un’indagine, si consideri il seguente esempio. Enrica e Otello sono entrambi interessati alla questione di come sarà il tempo nei giorni a venire. Mentre Enrica basa le proprie previsioni sui dati forniti dai meteorologi escludendo ogni informazione proveniente dai chiaroveggenti, Otello, credendo di essere più inclusivo di Enrica, considera nella propria indagine entrambe le fonti. In altre parole, Otello, a differenza di Enrica, non adotta un filtro epistemico che esclude le informazioni fornite dai chiaroveggenti. Immaginiamo ora che Enrica e Otello si pongano la domanda su come sarà il tempo tra sedici mesi a Roma. Enrica ritiene che non sia possibile rispondere a tale domanda perché i meteorologi non possono fornire dati affidabili su un periodo così lungo. Otello, invece, ha consultato un chiaroveggente che gli ha fornito dei dati che indicano che il tempo sarà prevalentemente soleggiato. Questo esempio vuole mostrare come due indagatori possono occuparsi della stessa questione pur adottando filtri diversi. La presenza o meno di un filtro non implica quindi di per sé una limitazione delle questioni su cui indagare, anche se può influire sui risultati di un’indagine. Una delle conseguenze immediate dell’applicazione di filtri epistemici all’indagine è quella di generare una bolla epistemica, all’interno della quale certe fonti d’informazione vengono tralasciate a favore di altre giudicate più opportune e/o attendibili relativamente ai fini specifici dell’indagine.
Permetteteci, a questo punto, di fare un breve excursus rivolto a coloro che hanno familiarità con il dibattito in filosofia della scienza sulle nozioni di progresso e razionalità nella ricerca scientifica, che ha visto come protagonisti Paul Feyerabend, Thomas Kuhn, Imre Lakatos e Karl Popper. La nozione di filtro epistemico, così come l’abbiamo presentata, può di primo acchito sembrare simile alla nozione, introdotta da Lakatos (Lakatos 1970), di cintura protettiva composta dalle teorie ausiliarie che gravitano attorno alla teoria centrale. In verità vi è una differenza sostanziale tra queste due nozioni. Nella metodologia dei programmi di ricerca le teorie ausiliarie vengono sviluppate nell’ambito di un programma di ricerca (una teoria centrale insieme a delle euristiche) e sono chiamate a spiegare fatti problematici per la teoria centrale o a essere soppiantate da nuove teorie. Un programma di ricerca è progressivo se di tanto in tanto le nuove previsioni formulate nell’ambito del programma ricevono una conferma empirica. Un programma è degenerativo se non riceve nessuna nuova conferma empirica o se fa nuove previsioni che sono refutate empiricamente (Worrall 1978, p. 59). La differenza principale tra il concetto di filtro epistemico e quello di cintura protettiva composta da teorie ausiliarie è, quindi, che il filtro non ha alcuna funzione esplicativa nell’indagine, mentre le cinture protettive adempiono primariamente a questa funzione. In altre parole, mentre la metodologia dei programmi di ricerca è volta a valutare come teorie scientifiche diverse possano spiegare al meglio alcune prove empiriche, la teoria dei filtri epistemici vuole illustrare come un’indagine, che può eventualmente dare luogo a una teoria scientifica, eviti di tenere conto di una certa tipologia di prove e controprove (o per omissione o per discredito). Un filtro epistemico può essere espresso da una proposizione che solitamente supporta una certa teoria – o proto-teoria – volta a giustificare l’esclusione di una tipologia di prove e controprove. Ma la funzione del filtro non è quella di fornire una teoria ausiliaria – ad esempio una teoria del complotto – che, in aggiunta alla teoria centrale, ad esempio la teoria terrapiattista, contribuisce a spiegare e predire nuovi fatti empirici come fanno le teorie ausiliarie. Il filtro epistemico, al contrario, delimita quelli che sono i fatti che possono fungere da prova (e quindi dare supporto) o controprova (e quindi sottrarre o ridurre il supporto) alla teoria centrale o a eventuali teorie a essa ausiliarie.
Continua a p. 3 – 5.3. Il ruolo dei filtri epistemici nella post-indagine
Continua a p. 4 – 5.4. Modello della struttura della normatività epistemica con filtri epistemici