Ritorna a p. 1 – 3.1. Strumenti empirici
3.2. Strumenti assiologici
Gli strumenti assiologici implicano il riferimento a dei valori etici che, per essere accettati come comuni, devono trovare un punto d’equilibrio tra esigenze apparentemente contrarie (Delmas-Marty 2011)1Delmas-Marty, M. (2011) Les Forces imaginantes du droit IV. Vers une communauté de valeurs, Paris: Seuil, coll. “La couleur des idées”.. Farò solo l’esempio dello sviluppo durevole, termine attualmente molto diffuso, utilizzato per anticipare i rischi ambientali e in particolare, ma non solo, per proteggere il clima dalle emissioni di gas a effetto serra. Il clima, come già ricordato in precedenza, è un bene pubblico logicamente mondializzabile, ma lo è da un punto di vista pratico solo se si arriva a trovare un equilibrio tra la protezione dell’ambiente e il mantenimento di uno sviluppo accettabile per tutti i Paesi. È chiaro che gli interessi dei Paesi emergenti non sono gli stessi di quelli dei Paesi industrializzati.
Questi ultimi puntano direttamente allo sviluppo durevole, mentre i Paesi in via di sviluppo e i Paesi emergenti sono interessati in primo luogo allo sviluppo economico. Da un punto di vista prospettico, lo sviluppo durevole presuppone un impegno da parte di tutti i Paesi, ma non garantisce uno sviluppo equo. Lo sviluppo equo richiede, in una visione retrospettiva, di riconoscere che i Paesi industrializzati hanno una grande responsabilità nell’attuale emissione di gas a effetto serra. Detto diversamente: anticipare, in questa materia, significa trovare un equilibrio tra passato, presente e futuro. Si potrebbe dire, in un certo modo, che lo stesso ragionamento vale a proposito della pace duratura o, ancora, per i diritti umani universalizzabili. Si tratta di un approccio dinamico che comporta dunque un equilibrio an- ch’esso in evoluzione e che può pertanto dare luogo a un’incertezza giuridica che si traduce, in particolare, in un trasferimento di poteri – il potere di interpretazione – al giudice. Quest’ultimo, infatti, più che il legislatore, mette in pratica questa ricerca di equilibrio tra prospettiva e retrospettiva. Da ciò discende l’importanza del metodo di ragionamento e la necessità di strumenti necessari ad adattare il formalismo giuridico non solo alla diversità del mondo attuale, ma anche all’incertezza del futuro.
3.3. Strumenti formali
Il formalismo giuridico è stato illustrato da alcuni studiosi, tra cui Alain Berthoz, nel corso del seminario Ominizzazione, umanizzazione. Le scienze cognitive dimostrano che la molteplicità delle interpretazioni deriva dalle capacità del cervello umano, che è già dotato di meccanismi di rappresentazione condivisi: la capacità di cambiare punto di vista comprende un insieme di dispositivi psicologici, ma riposa su delle basi cerebrali specifiche. Durante il seminario ci siamo focalizzati in particolare su tale capacità, visto il suo legame sia con l’ominizzazione che con l’umanizzazione. Gli umanisti del Rinascimento, per citare solo loro, preferivano la forma del dialogo a quella dei trattati. Si voleva contribuire a uscire dalla logica binaria per introdurre una “logica di gradazione” – che non oso più chiamare “logica floue” dopo le disavventure vissute per aver pubblicato, con un titolo un po’ provocatorio, Le Flou du droit (Delmas-Marty 1986)2Delmas-Marty, M. (1986) Le Flou du droit, Paris: PUF, 2e éd., coll. “Quadrige”, 2004. Trad. it.: Dal Codice penale ai diritti dell’uomo, F. Palazzo, a cura di, trad. A. Bernardi, Milano: Giuffré, 1992., i lavori relativi a tale logica di gradazione scritti da un gruppo di ricerca scherzosamente autonominatosi “i pazzi del fuzzy”. Le incongruenze tra il flou ordinario, sinonimo di imprecisione, e il flou logico – che porta a migliorare la norma giuridica adeguandola alla complessità delle situazioni e permette di apprezzare la compatibilità di un comportamento a una norma di riferimento mettendola su di una scala di prossimità graduata – mi hanno reso più prudente. Questo metodo, ben lontano dallo sfociare in una decisione arbitraria, obbliga il giudice a esplicitare il senso della norma di riferimento e i criteri di valutazione del grado di prossimità che guida la decisione finale di tipo binario (compatibile o incompatibile). Preferisco oramai parlare di “logica di gradazione” come mezzo per consentire la salvaguardia di margini: margini nazionali nello spazio, ma anche di margini nel tempo. Qui ancora, l’umanizzazione è alla confluenza dell’evoluzione biologica e culturale.
Dal punto di vista delle tecniche giuridiche, il margine nazionale di apprezzamento evocato in precedenza consente delle variazioni nello spazio, anche se, da un punto di vista temporale, il diritto internazionale ha inventato la tecnica delle responsabilità comuni e differenziate che favorisce, soprattutto in materia di cambiamenti climatici, una sorta di anticipazione a più velocità. Il calendario non è lo stesso per i Paesi industrializzati, emergenti e in via di sviluppo. Esso crea uno spazio – lo spazio di Kyoto, come viene chiamato qualche volta – che è uno spazio a più velocità – un fenomeno di policronia. È una risposta, in nome del formalismo giuridico, alla domanda: «come affrontare la sinergia tra uno sviluppo durevole e uno sviluppo equo?».
Lo sviluppo sarà durevole grazie all’impegno di tutti i Paesi; può essere allo stesso tempo equo se l’agenda concede più tempo ai Paesi in via di sviluppo. Si può notare inoltre che l’incertezza dei rischi non comporta automaticamente la mancanza di responsabilità. Abbiamo la capacità di anticipare, ma non bisogna immaginarla come illimitata. In altri termini, l’anticipazione non deve portare a voler imputare tutti i rischi a un unico responsabile.