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Privati dapprima del Cielo, poi del centro e ora di un ruolo di una qualche, seppur minima, importanza, gli uomini che per lungo tempo si erano sentiti creature speciali e protette dalle divinità, che vegliavano sopra di loro aiutandoli ad allontanare dalle loro menti l’insopportabile idea di essere destinati a finire nel nulla più assoluto, si trovavano, tutto a un tratto, a dover affrontare una realtà inaccettabile. A rincarare la dose, era stata anche la teoria dell’evoluzione, proposta da Charles Darwin una sessantina di anni prima che, dalla spietata indifferenza che l’Universo pareva mostrare nei confronti dell’uomo, sembrava trovare una totale conferma.
Gli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento hanno regalato all’umanità un’enorme quantità di scoperte scientifiche, le cui ricadute tecnologiche hanno cambiato profondamente il modo di vivere: tutto quanto attiene all’aspetto pratico è divenuto sempre più facile, ma a esso si è accompagnata una consapevolezza sempre maggiore che non siamo altro che minuscoli granelli di polvere, seppure di stelle, abbandonati su una piccola “palla” che si muove incessantemente in mezzo al nulla. Il rapporto privilegiato fra l’Uomo e il Cosmo, incrinatosi progressivamente nel corso dei secoli, è stato rotto, infatti, definitivamente proprio agli inizi del Novecento, quando siamo stati costretti ad accettare che il nostro Sole si trova alla periferia di una galassia anonima, simile a tantissime altre, alla deriva in uno spazio enorme, costituito prevalentemente dal vuoto, del tutto indifferente a noi e alla nostra sorte.
Non si può escludere che sia stata proprio questa consapevolezza a provocare, quantomeno in parte, il malessere legato alla frammentazione dell’Io, che inizia a manifestarsi con forza, proprio agli inizi del Novecento, attraverso le diverse forme artistiche, che mostrano d’improvviso la perdita di ogni legame di continuità con quelle che erano state tutte le tradizioni precedenti, proponendo forme e modi espressivi di rottura.
Il male di vivere dell’uomo, a cui la scienza ha definitivamente spazzato via tutte le solide convinzioni filosofiche e religiose che lo avevano fatto sentire per secoli, se non addirittura per millenni, il protagonista del Cosmo, pare già emergere con forza nel celebre dipinto dell’artista norvegese Edvard Munch, in quell’Urlo, del 1893, che tanto bene sembra interpretare un’angoscia esistenziale profonda e insanabile. Non è un caso che sia proprio questo dipinto a essere considerato l’anticipatore di quelli che sarebbero stati i temi caratteristici del movimento culturale dell’Espressionismo, ossia, oltre all’angoscia esistenziale, la crisi dei valori etici e religiosi, la solitudine umana, l’incombere della morte e l’incertezza del futuro.
Così come nell’Urlo il volto distorto dal grido ne vuole rappresentare in modo efficace l’amplificazione, facendola sconfinare, con quella stessa forma, nel mare e in un cielo striato di un rosso altamente improbabile, anche per gli espressionisti la realtà non potrà più essere considerata tale, avendo perso ogni connotato che la possa rendere oggettiva, e risulterà di conseguenza deformata e filtrata dalle tensioni emotive dell’artista.
Del resto il nome stesso, Die Brücke, ovvero “il Ponte”, scelto dai quattro giovani studenti di architettura dell’Università di Dresda per il movimento che costituirono nel 1905, voleva, nelle loro intenzioni, proprio indicare simbolicamente lo stretto collegamento tra l’interiorità e l’esteriorità. I giovani artisti, che sono considerati i fondatori dell’Espressionismo, ritenevano, infatti, che fosse assolutamente necessario superare la logica della riproduzione realistica e abolire la tridimensionalità, che consideravano essere nient’altro che “falso spazio e falso volume”. È difficile non cogliere, in quest’ultima definizione, l’assonanza col pensiero di Albert Einstein, che proprio in quello stesso anno avrebbe pubblicato la teoria della relatività ristretta, mettendo in crisi definitivamente il concetto che per secoli aveva visto lo spazio come un’entità assoluta del tutto separata dal tempo.
Quanto appena affermato non vuole lasciar intendere che le scoperte, seppure sconvolgenti, della fisica e dell’astronomia possano essere state l’unica fonte di ispirazione per la produzione artistica dell’inizio del secolo passato, poiché sarebbe del tutto sbagliato voler trovare a ogni costo una stretta relazione di causa-effetto, riducendo la complessità delle emozioni umane, da cui traggono origine le diverse espressioni artistiche, a un semplice fattore da inserire in un’equazione.
Tornando a Munch, ad esempio, i gravissimi lutti che egli subì nell’infanzia ebbero certamente un peso molto più determinante di quella che poteva essere la sua eventuale consapevolezza dei grandi sconvolgimenti scientifici, che si stavano annunciando, su diversi fronti, alla sua epoca, e quindi l’Urlo, lungi dal voler rappresentare il pianto disperato dell’intero genere umano, che stava perdendo tutte le proprie sicurezze e convinzioni, intendeva essere, molto più probabilmente, un’espressione del proprio personale malessere interiore.
Non si può negare, tuttavia, che l’ambiente esterno eserciti una certa influenza sugli artisti, essendo questi ultimi, per natura, interpreti acutissimi delle tensioni, delle aspirazioni, delle consuetudini e delle contraddizioni del loro tempo e che di conseguenza ogni opera artistica risulti legata, in qualche modo, al periodo storico in cui viene realizzata. Se, però, si volesse tentare di quantificare il contributo che l’ambiente esterno può aver avuto sia sull’opera di Munch sia su quelle degli artisti che a lui si sarebbero ispirati, si dovrebbero tenere in debito conto anche tutti i fattori politici e sociali che avrebbero portato di lì a poco l’Europa ad autodistruggersi in un terribile conflitto fratricida. Un compito di difficile, se non impossibile soluzione, perché le vicende umane della storia sono tutte connesse tra di loro ed è molto complicato stabilire anche quale ruolo possa aver giocato la crisi dell’Io, provocata dalle scoperte scientifiche, sullo svolgimento di tutti gli eventi, che avrebbero portato allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, o in che misura questi ultimi possano aver contribuito alla crisi dell’Io. Gli anni che vedranno lo svolgersi del “Grande Dibattito”, la formulazione della teoria di Planck fondata sull’esistenza dei quanti di luce e la bizzarra connessione tra lo spazio e il tempo mostrata da Einstein nella relatività ristretta saranno proprio quelli che porteranno alla guerra terribile, che muterà definitivamente l’assetto politico dell’Europa e dalle cui conseguenze si scatenerà un secondo conflitto, ancora più orribile, che sarà preceduto da una serie di eventi, destinati a rimanere tristemente noti per la loro cinica empietà.
Ritornando alle avanguardie artistiche di inizio Novecento, pressoché contemporaneo all’Espressionismo sarebbe stato il Cubismo, la cui origine viene fatta coincidere col famoso dipinto Les Demoiselles d’Avignon, che Pablo Picasso realizzò nel 1907. In esso, è del tutto evidente una delle tante novità, introdotte da questa nuova corrente artistica, ovvero la perdita dell’unicità del punto di vista, che era stato, fino ad allora, uno dei canoni fondamentali della pittura. Le cinque giovani prostitute del bordello, localizzato nella Calle d’Avignon a Barcellona, si mostrano allo spettatore, infatti, da punti di vista totalmente diversi e per una di loro la sperimentazione attuata da Picasso si spinge all’estremo, nel mostrarne il volto sopra il corpo visto di schiena. Le giovani, infine, risultano unite solo nel quadro, in quanto ognuna di loro proviene da una realtà diversa, uno spazio-tempo diverso. È difficile non cogliere, in questa rappresentazione, l’effetto sconvolgente della teoria di Einstein, formulata appena due anni prima, che ha mutato radicalmente il modo di concepire lo spazio e il tempo, rendendoli, da quantità assolute e tra loro distinte, un unicum, soggetto alle bizzarrie, connesse al moto dei diversi sistemi di riferimento.