3.4. Movimenti lineari
La maggior parte delle ricerche nel campo delle macchine molecolari artificiali capaci di compiere movimenti lineari è attualmente concentrata su sistemi chiamati rotassani (Fig. 19). Un rotassano è formato da una molecola filiforme infilata in una molecola ad anello; la presenza di gruppi ingombranti (chiamati tappi) alle estremità del componente filiforme impedisce lo sfilamento dell’anello (Sauvage 1999)1Sauvage, J.-P., Dietrich-Buchecker, C., eds. (1999) Molecular catenanes, rotaxanes and knots, Weinheim: Wiley-VCH.. Sistemi di questo genere, se accuratamente progettati, possono compiere movimenti meccanici come quelli mostrati nella figura quando vengono opportunamente stimolati. La particolarità del rotassano è che i suoi componenti molecolari, pur non essendo legati chimicamente fra loro, non possono dissociarsi. Tra filo e anello esiste quindi un vincolo di tipo meccanico che mantiene l’integrità della nanostruttura, consentendo al tempo stesso un certo grado di libertà di movimento dei componenti l’uno rispetto all’altro (Bruns 2017)2Bruns, C. J., Stoddart, J. F. (2017) The nature of the mechanical bond: from molecules to machines, Hoboken: Wiley..
Nelle sezioni successive sono illustrati alcuni esempi di macchine molecolari basate su tali sistemi, scelti anche per mostrare come sia possibile utilizzare energia luminosa, chimica o elettrica per far avvenire il movimento meccanico.
Navette molecolari
In un rotassano, la traslazione dell’anello lungo il filo (Fig. 19a) corrisponde, a livello molecolare, al movimento di una navetta (in inglese, shuttle) lungo un binario. Il primo esempio di questo tipo, sviluppato nel 1994 all’Università di Birmingham (Regno Unito) dal gruppo di Fraser Stoddart, è rappresentato dal rotassano 2 mostrato in Fig. 20 (Bissell 1994)3Bissell, R. A., Córdova, E., Kaifer, A. E. e Stoddart, J. F. (1994) A chemically and electrochemically switchable molecular shuttle, Nature, 369: 133-137.. Esso è formato dall’anello A e dal componente lineare B in cui sono presenti due unità distinte, B1 e B2. La prima è chiamata benzidina ed è possibile caricarla positivamente aggiungendole due protoni (H+) o togliendole un elettrone. La seconda unità è chiamata bifenolo e, come la benzidina, è un elettron donatore. Queste unità rappresentano due potenziali stazioni per l’anello, che è invece un elettron accettore. Esso viene attratto sia da B1 che da B2 in virtù di interazioni donatore-accettore; tuttavia, poiché tali interazioni sono più forti con B1 che con B2, l’anello si trova inizialmente sulla stazione B1. Se, però, alla soluzione contenente il rotassano viene aggiunto un acido, la benzidina acquista due ioni H+ e perde la capacità di interagire con l’anello; di conseguenza quest’ultimo si sposta sulla stazione B2. Se a questo punto si aggiunge alla soluzione una sostanza basica, la benzidina viene ripristinata e l’anello ritorna sulla stazione B1, completando il ciclo di funzionamento (Fig. 20b).
Il movimento alternato di A fra B1 e B2 può essere ripetuto molte volte perché la reazione acido-base che lo governa è perfettamente reversibile. L’unica limitazione deriva dal fatto che le successive aggiunte di base e di acido comportano la formazione di sostanze di scarto che, se non vengono eliminate, dopo un po’ possono compromettere il funzionamento del sistema.
La navetta molecolare mostrata in Fig. 20 può essere azionata anche con stimoli elettrici. Infatti, togliendo un elettrone alla benzidina (i chimici chiamano questo processo ossidazione) si elimina la sua capacità di attrarre l’anello, che quindi si sposta su B2. In seguito, restituendo l’elettrone alla benzidina ossidata (riduzione) è possibile ripristinare la stazione primaria B1, che verrà di nuovo circondata dall’anello molecolare (Bissell 1994).
Dopo questo primo studio, sono stati descritti numerosi prototipi di navette molecolari azionate da stimoli chimici o elettrici.
Esempi di navette molecolari azionate dalla luce sono molto più rari; uno di essi, sviluppato nel nostro laboratorio in collaborazione con il gruppo di Stoddart, è mostrato nella Fig. 21 (Balzani 2006)4Balzani, V., Clemente-León, M., Credi, A., Ferrer, B., Venturi, M., Flood, A. H., Stoddart, J. F. (2006) Autonomous artificial nanomotor powered by sunlight, Proceedings of the National Academy of Sciences of the U.S.A., 103: 1178-1183.. La complessità strutturale e funzionale di questo sistema dà un’idea del livello di sofisticazione raggiunto nella progettazione e nella costruzione delle macchine molecolari. Si tratta di un rotassano (3) costituito da un componente ad anello A, con caratteristiche di elettron donatore, e da un componente lineare costituito da diversi moduli: i) un complesso di rutenio (R) che svolge, oltre alla funzione di tappo, anche quella fondamentale di assorbire la luce utilizzata dal sistema; ii) due unità, B1 e B2, aventi caratteristiche di elettron accettore: sono le due stazioni sulle quali può fermarsi l’anello A; iii) uno spaziatore rigido S e un secondo tappo T. La situazione iniziale del sistema è quella in cui l’anello A circonda l’unità B1, che è un elettron accettore più efficace di B2. In seguito ad eccitazione luminosa del complesso di rutenio R avvengono nel sistema una serie di movimenti che possono essere descritti molto schematicamente nel modo seguente (Fig. 21).
Fig. 21. Una nanomacchina lineare a quattro tempi alimentata da stimoli luminosi. La parte (a) della figura mostra la formula di struttura semplificata del rotassano 3. Nella parte (b), utilizzando una rappresentazione schematica del rotassano, è illustrata la successione degli eventi causati dall’eccitazione luminosa. Inizialmente l’anello A risiede sulla stazione B1. All’assorbimento di un fotone di luce (processo 1) da parte del complesso di rutenio (R) fa seguito il trasferimento di un elettrone (processo 2) da R a B1. Quest’ultima unità non interagisce più con l’anello A, che di conseguenza si sposta su B2 (processo 3). A questo punto un elettrone torna da B1 al complesso di rutenio (processo 4): la stazione principale viene così rigenerata e l’anello A torna su di essa (processo 5). Tutti i processi sono molto veloci ed un intero ciclo avviene in meno di un millesimo di secondo.
a) Destabilizzazione della struttura iniziale: in seguito all’assorbimento di luce (processo 1) si ottiene uno stato eccitato di R che trasferisce un elettrone alla stazione B1 (processo 2) circondata dall’anello A. In seguito a questo trasferimento elettronico la stazione B1 perde le sue caratteristiche di elettron accettore e non interagisce più con A;
b) Spostamento dell’anello: venendo a mancare la sua interazione con B1, l’anello A si muove (processo 3) e passa sulla stazione B2 con la quale è in grado di interagire;
c) Reset elettronico: a questo punto un processo opposto a quello causato dalla luce porta un elettrone dalla stazione B1 disabilitata (non più circondata da A) al complesso di rutenio che l’aveva inizialmente ceduto (processo 4) ripristinando in tal modo il carattere elettron accettore della stazione B1, che viene così riattivata;
d) Reset strutturale: in seguito al reset elettronico, l’anello A torna sulla stazione B1 (processo 5), ripristinando la struttura iniziale.
In conclusione, un impulso luminoso causa, attraverso quattro stadi, il movimento alternato dell’anello lungo il filo da destra a sinistra e poi da sinistra a destra senza generare prodotti di scarto; questo sistema può quindi essere considerato un motore lineare a quattro tempi, azionato dalla luce.