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Invisibili, ma ben conosciute
Per capire la chimica, bisogna avere ben presenti questi due concetti: le molecole sono piccole, molto piccole (dimensioni nanometriche), ma sono oggetti tridimensionali che hanno una loro specifica dimensione, composizione, struttura, forma; da queste caratteristiche derivano le loro specifiche proprietà, come ad esempio l’effetto sugli organismi. Per farsi un’idea di quanto siano piccole le molecole, basti pensare che in una goccia d’acqua ce ne sono tante che, se le potessimo distribuire fra tutti gli abitanti della Terra, ciascuno ne riceverebbe circa duecento miliardi. Oggetti di così piccole dimensioni sfuggono alla nostra quotidiana esperienza e alle comuni indagini sperimentali, tanto che è difficile non solo accettarne l’utilità, ma anche, addirittura, credere nella loro reale esistenza. Goethe diceva che la scienza deve essere a scala umana e si opponeva all’uso del microscopio affermando che ciò che non si può vedere a occhio nudo non deve essere cercato, perché evidentemente è nascosto all’occhio umano per qualche buona ragione. Questa affermazione è contraria alla logica della scienza che, particolarmente negli anni più recenti, ha spinto le sue indagini sempre più verso il mondo microscopico, non solo per conoscere meglio la Natura, ma anche per sfruttare, da un punto di vista tecnologico, i vantaggi che ne possono derivare.
Prese singolarmente, le molecole non possono essere né viste, né pesate, né misurate. Nonostante queste limitazioni, le molecole non hanno segreti per i chimici che da oltre cento anni hanno imparato a distinguerle, a costruirle e ad usarle sfruttando le loro proprietà collettive. Questo concetto è espresso in maniera mirabile da Primo Levi quando nel suo libro La chiave a stella dà la definizione del mestiere del chimico paragonandolo a quello di un ingegnere:
[…] Noi chimici montiamo e smontiamo delle costruzioni molto piccole. Ci dividiamo in due rami principali, quelli che montano e quelli che smontano, e gli uni e gli altri siamo come dei ciechi con dita sensibili. Dico come dei ciechi, perché appunto, le cose che noi manipoliamo sono troppo piccole per essere viste, anche coi microscopi più potenti; e allora abbiamo inventato diversi trucchi intelligenti per riconoscerle senza vederle (Levi 1978).
Anche se oggi, con i più recenti progressi della scienza è possibile “vedere” (tramite immagini ottenute con opportuni strumenti chiamati microscopi a scansione di sonda, Fig. 3) e persino “toccare” (con punte ultrasottili) singole molecole, tanto da riuscire ad utilizzarle come mezzo per una “nanoscrittura” (Fig. 4), il mondo delle molecole è essenzialmente una rappresentazione mentale. Ma è una rappresentazione molto oggettiva e razionale, in quanto i chimici conoscono tutto delle molecole, o almeno di molte di esse: composizione, peso, dimensioni, forma, reattività, capacità di interagire con la luce e con l’elettricità, tendenza a rimanere rigidamente associate fra loro (stato solido), a scivolare le une sulle altre (stato liquido) o ad andarsene a spasso ciascuna per proprio conto (stato gassoso).