III. PECHINO: CAPITALE DELLA CINA, CAPITALE DEI GRAFFITI
Adriana Iezzi
Pechino: una megalopoli che oggi conta circa 21 milioni di abitanti, ovvero più di un terzo dell’intera popolazione italiana e quasi equivalente all’intera popolazione australiana. Si tratta della capitale di Stato più popolosa al mondo! Per spostarsi in città ci sono 20 linee metropolitane, quando fino al 2007 ce n’erano soltanto due. Questo ci dice molto sia sulla sua estensione territoriale che sulla velocità con cui la città si evolve e si trasforma: una velocità supersonica, difficile per noi da immaginare. Dal punto di vista amministrativo, Pechino è il centro di una vasta regione autonoma, la Municipalità di Pechino, che si estende su un territorio di circa 16.400 km2. È il centro di potere della Cina continentale, sede dell’Assemblea Nazionale del Popolo e di tutte le principali istituzioni cinesi, dove vengono prese le decisioni più importanti per l’intera nazione.
La sua fondazione risale all’epoca in cui regnavano i Mongoli (la dinastia Yuan, 1271-1368) e il suo nome era Dadu, la “Grande Capitale”. Nel 1421 diventò capitale dell’impero cinese dei Ming (1368-1644) e prese il nome attuale di Beijing 北京 (Pechino), la “Capitale del Nord”. Da allora ha quasi sempre ininterrottamente conservato questo ruolo. Pechino è dunque una capitale relativamente giovane (ha circa 600 anni), pur essendo quella del più antico impero del mondo (Pisu 1976, pp. 15-16). La sua fondazione è legata a una leggenda: la perfezione geometrica della sua pianta nasce dalla traduzione terrena di immagini divine suggerite da un sogno. Un monaco buddhista, precettore dell’imperatore Yong Le (1360-1424), il fondatore della capitale di epoca Ming, una notte sognò una splendida città ultraterrena, residenza del Signore del Cielo, e suggerì all’imperatore di utilizzare lo schema di perfezione di quella città divina per la nuova capitale che si accingeva a costruire. Yong Le si attenne fedelmente a quella visione, in modo da confermare la stretta relazione tra il Cielo e il Figlio del Cielo, come in Cina è sempre stato chiamato l’imperatore. Così come il Signore del Cielo viveva all’interno di un Recinto Purpureo, ovvero una costellazione formata da vari corpi celesti raggruppati attorno alla Stella Polare, così in terra la dimora del Figlio del Cielo doveva essere una città purpurea, protetta da mura, a rappresentare il centro del mondo terreno.
È così che nacque la famosa Città Proibita, un palazzo imperiale cinto da mura color porpora, centro esatto della città e fulcro del potere di tutto l’Impero (ivi, p. 19). Tutt’attorno a questa dimora splendente dai tetti giallo oro (il colore dell’imperatore), fino a circa trenta-quarant’anni fa non c’era altro che una «distesa infinita di case dai tetti bassi e curvati, a un piano, due al massimo: tra un blocco geometrico e l’altro, l’intrico degli hutong polverosi, i classici vicoli di Pechino non asfaltati, un susseguirsi di mura grigie e cieche» (ivi, p. 29). A spezzare la monotonia di questo grigiore basso, oltre alla Città Proibita, c’erano solo qualche altro tempio o monumento, sparsi qua e là: il Tempio del Cielo, la Torre del Tamburo e della Campana e poco altro. La perfezione geometrica del tracciato della città e della sua pianta, che è fatta da un insieme di linee rette che si intersecano a distanze regolari, per Le Corbusier rappresentava il modello urbanistico di perfezione umana, in opposizione alla città di Parigi, tutta curve irregolari. Secondo l’architetto era infatti impensabile che una città “imperfetta” come Parigi potesse pretendere di portare la civiltà a una città “perfetta” come Pechino (ivi, p. 19).
Ma oggi cosa rimane dell’antica Pechino? Decisamente poco: è tutto uno svettare di grattacieli ultramoderni in cui le altezze della Città Proibita si perdono e disperdono. Degli hutong e dei vecchi quartieri non restano che dei frammenti, perché tutto (o quasi) è stato spazzato via dalla furia delle ruspe della Cina moderna. A quell’intrico perfetto di vicoli ortogonali si è sovrapposta una serie di anelli autostradali che si espande a dismisura, allo stesso ritmo irrefrenabile con cui la città si sviluppa. Il grigiore però resta, ed è quello della foschia d’inquinamento che aleggia sempre sulla città. A esso si contrappone, però, il vivace fermento culturale che la caratterizza. Pechino è uno dei più importanti centri di cultura della Cina, sotto certi aspetti il più importante. Qui hanno sede i principali organismi direttivi dell’Accademia Cinese delle Scienze e dell’Accademia Sinica (Pisu 1976, pp. 34-35), nonché ben 91 istituti di istruzione superiore a livello universitario, tra cui la Peking University e la Qinghua University, che vengono annoverate tra le migliori università del Paese. Pechino è inoltre sede della China Central Academy of Fine Arts (CAFA), la più prestigiosa accademia d’arte della Cina che, non a caso, ha sfornato tra i più importanti artisti contemporanei cinesi (per esempio Xu Bing, Zhang Huan, Zhang Hongtu e Hong Hao) e di molte altre accademie d’arte e di design da cui sono venuti fuori e continuano a provenire writer1Writer (tuyazhe 涂鸦者 / penzi 喷子 / tuya yishujia 涂鸦艺术家 / xieziren 写字人) – Legato al concetto di writing, si riferisce al graffitista, colui che esegue graffiti concentrandosi soprattutto sul lettering, quindi sulla realizzazione e l’evoluzione di lettere. di talento.
A Pechino hanno inoltre sede più di cento musei, tra cui il più prestigioso museo di arte moderna e contemporanea della Cina, il National Art Museum of China (NAMOC), che è stato teatro delle più importanti attività espositive degli ultimi quarant’anni. È proprio lì che è nata l’arte dissidente e d’avanguardia cinese, esattamente nel 1979, quando il gruppo di artisti denominatosi Stars (Xingxing) decise di esporre i propri lavori di rottura sulla cancellata antistante il museo, dopo essersi visto rifiutare il permesso di esporre le opere all’interno dei circuiti ufficiali. Esattamente dieci anni dopo, nel 1989, è ancora a Pechino e proprio al National Art Museum of China che si svolse la prima mostra organizzata in Cina dedicata all’arte sperimentale, la China/Avant-Garde Exhibition, con l’intento di presentare al pubblico la rassegna completa delle opere prodotte dalle nuove correnti artistiche cinesi nell’ultimo decennio. E questo fermento espositivo ha riguardato (e continua a riguardare) anche l’arte dei graffiti. È infatti presso il CAFA Art Museum che nel 2016 si è svolta la prima mostra internazionale sul suolo cinese dedicata all’arte dei graffiti e all’arte di strada, intitolata Art from the Streets (The History of Street Art – from New York to Beijing), con artisti provenienti da Stati Uniti, Brasile, Gran Bretagna, Francia, Italia, Portogallo, Senegal e ovviamente Cina.
Pechino si conferma dunque come un centro nevralgico per lo sviluppo dell’arte cinese contemporanea. Negli ultimi decenni, sull’onda di uno smanioso interesse per gli artisti cinesi contemporanei da parte di case d’asta internazionali, collezionisti e musei di tutto il mondo, un gran numero di gallerie ha aperto i battenti, andandosi a unire al primo, avveduto manipolo di gallerie che già dalla seconda metà degli anni Novanta aveva iniziato a fiutare affari lucrosi e che, soprattutto, aveva avuto il merito di creare delle vetrine indipendenti d’esposizione per artisti che, fino ad allora, avevano scarsissime opportunità di mostrare al mondo le proprie opere (Marescialli 2008, p. 23). È proprio in questa città che si trovano i più importanti distretti dedicati all’arte contemporanea del paese: il villaggio artistico dello Yuanmingyuan , quello di Songzhuang, il Distretto 798 e Caochangdi. Particolarmente importanti, anche per l’arte dei graffiti, sono gli ultimi due. Il Distretto 798 (Dashanzhi Art District), situato nella parte nord-est della città, è un vecchio complesso industriale di proprietà dello Stato, progettato in stile Bauhaus negli anni Cinquanta da un gruppo di architetti della Germania dell’Est, che ospitava una linea produttiva di componenti elettrici per uso militare. Chiuso all’inizio degli anni Novanta a causa di insanabili difficoltà finanziarie, dal Duemila ha iniziato a ripopolarsi, attirando nei suoi ampi spazi (allora ancora molto economici) un numero crescente di artisti locali in cerca di luoghi adatti ad avviare uno studio. Nel giro di pochi anni ha finito per assumere le sembianze di una «sorta di Greenwich Village cinese» (Curcio 2015, p. 10), di una «comunità post-industrial-chic fatta di artisti, designers, media people e colletti bianchi» (Marescialli 2008, p. 59), divenendo il primo distretto artistico cittadino. Oggi, il distretto ospita festival d’arte contemporanea, studi e residenze di decine di artisti indipendenti tra pittori, scultori e fotografi, numerose gallerie nazionali e internazionali, tra cui l’italiana Galleria Continua, musei, come il famoso Ullens Center for Contemporary Art (UCCA), e librerie d’arte, studi di designer, caffè, redazioni di riviste e gli uffici di svariate aziende locali e internazionali. Si tratta inoltre di un distretto molto importante per la diffusione dei graffiti a Pechino. Il 798 è infatti una delle zone in cui sono comparsi i primi graffiti della capitale; qui aveva sede lo studio del Kwanyin Clan, una delle prime e più importanti crew2Crew (tuandui 团队) – Letteralmente “ciurma”, “equipaggio”; nella cultura hip-hop si riferisce a una cerchia di persone che collaborano a un progetto artistico o culturale, come ad esempio un gruppo di writer, o un gruppo di ballo. Nel graffiti writing, sottintende un gruppo organizzato di writer che creano pezzi comuni dipingendo insieme. Solitamente sono amici, quindi tra loro c’è stima e rispetto reciproco; un writer può anche appartenere, nel corso del tempo o contemporaneamente, a più di una crew. Il nome di una crew è molto spesso un acronimo, che può avere anche più di un significato ed è composto solitamente da due o tre lettere. In molti casi il nome della crew viene scritto, come la tag, a lato del pezzo oppure si creano pezzi con la sigla della crew, con accanto le tag dei componenti. nate a Pechino; qui nel 2012 è stato aperto il primo graffiti store della Cina, gestito dall’ABS crew e chiamato 400ML; qui, da almeno 15 anni, le crew e i writer della città si ritrovano per creare dei pezzi sui muri degli edifici; qui si svolgono vari festival dedicati ai graffiti, tra cui il più importante è l’annuale Meeting Neighbourhood, che raggruppa artisti e appassionati di graffiti provenienti da tutto il mondo.
Caochangdi, un quartiere che si trova a circa 20 km di distanza dal centro città, è invece il secondo distretto artistico più importante di Pechino (dopo il 798). Da quando Ai Weiwei (Pechino, 1957) nel 1999 scelse di spostare il suo studio a Caochangdi, un gran numero di altri artisti e di gallerie fecero lo stesso, in particolare la Chambers Fine Art, l’Ink Studio e il Taikang Space. Purtroppo, a partire dal luglio del 2018 il distretto artistico è stato parzialmente smantellato: molte gallerie e studi artistici, tra cui quello di Ai Weiwei, sono stati demoliti o costretti a spostarsi (Mouna 2018), lasciando un gran vuoto nel fervore artistico che qui si era generato. Anche questo distretto è un luogo significativo per l’arte dei graffiti pechinesi, perché è stato sede dello studio del primo writer della città e della Cina continentale, l’artista Zhang Dali3Numerosi sono stati gli studi dell’artista Zhang Dali: il primo nello Yuanmingyuan, successivamente a Bologna, poi di nuovo a Pechino a Dongsi Shier Tiao 34 (in pieno periodo graffitista), Liulitun, Maizidian, Caochangdi, Heiqiao e ora a Zhubaotun 1-3: http://www.zhangdaliart.com/en/studios.html (accesso effettuato in gennaio 2023). Lo studio a Caochangdi è stato uno dei più importanti.. Ma non solo, Caochangdi è stata anche la sede dello studio della prima crew di Pechino, la Beijing Penzi, dove i suoi componenti disegnavano tavole da skateboard e altri oggetti simili a scopo commerciale (Feola 2014).
Il fermento culturale e artistico così come la fama di megalopoli postmoderna e ipercommerciale di Pechino, pervasa dal grigiore cementizio e dell’aria irrespirabile, ne fanno il teatro ideale per lo sviluppo dell’arte dei graffiti in Cina, anche grazie al diffondersi di una cultura underground, che ha preso piede in città a partire dagli anni Novanta. La Pechino di oggi sembra una cornice ideale dove inserire graffiti multicolori e talvolta provocatori che ne rompano la plumbea monotonia. Non è un caso che proprio qui ci sia stata la prima manifestazione di graffitismo della Cina continentale.
La nascita e la diffusione dei graffiti a Pechino
L’arte dei graffiti è stata introdotta a Pechino da Zhang Dali, il quale nel 1995 intraprese un progetto artistico dal titolo Dialogue and Demolition, (Duihua yu chai 对话与拆, 1995-2005) (Fig. 2), per cui realizzò con vernice spray su muro oltre 2.000 ritratti giganti del profilo della propria testa su edifici destinati alla demolizione, spesso inframezzandoli con la tag4Tag (qianming tuya 签名涂鸦) – È lo pseudonimo, il nome d’arte o il nome in codice che ogni graffitista, mc e breaker, usa per distinguersi, farsi riconoscere e per segnalare la propria presenza in città. La tag è la struttura portante del fenomeno del writing, poiché è la forma più basilare di graffiti, realizzata con spray o marker. L’elaborazione della tag rappresenta lo stile personale del proprio autore. Tutti i pezzi, anche i più grandi, i più colorati, i più elaborati rimangono sempre delle firme. L’attività di marcare una superficie con una tag viene chiamata tagging-up. Per tag bombing, letteralmente “bombardamento di tag”, si intende infatti la riproduzione della propria tag su vasta scala in una determinata area di un centro urbano. La tag può rappresentare anche un segno di riconoscimento tra gruppi. Più writer o mc che si incontrano possono decidere di firmarsi tutti con un’unica tag, in modo da farsi riconoscere come gruppo (cfr. Crew). AK-47 (sigla del Kalashnikov) o 18K (sigla dell’oro a 18 carati) (Wu 2000; Marinelli 2004). Questo progetto artistico e fotografico, che nel 1998 fu oggetto di un acceso dibattito a Pechino, voleva attirare l’attenzione sul fenomeno inquietante della demolizione di interi quartieri della città antica, della loro storia e della storia delle persone che in quei luoghi vivevano, mettendo in guardia i cittadini sugli effetti collaterali che la modernizzazione stava producendo in Cina (Curcio 2015, p. 71). La scelta delle due tag (AK-47 e 18K) non è stata affatto casuale: la sigla del Kalashnikov richiamava l’idea di violenza che il governo stava riversando sulla città e sui suoi abitanti; mentre la sigla dell’oro a 18 carati voleva essere un rimando al potere dei soldi e alla rincorsa all’arricchimento che stava snaturando la società e la cultura cinesi. L’idea di fare per la prima volta graffiti in città è stata figlia dei sei anni passati da Zhang Dali a Bologna, dove l’artista si era trasferito a seguito dei tragici fatti di piazza Tian’anmen del 1989.
A Bologna, l’artista aveva partecipato all’intensa attività artistica della città, entrando per la prima volta in contatto con il graffitismo da cui era rimasto molto impressionato. Una volta tornato in Cina e resosi conto dello scempio che lì si stava consumando, decise di applicare sulle mura di Pechino quello che a Bologna aveva imparato. Se dunque l’arte dei graffiti è riuscita a penetrare nella capitale cinese, un po’ è dovuto anche a delle influenze italiane.
Anche se Zhang Dali è solitamente riconosciuto come il «padre dei graffiti di Pechino» (Bonniger 2018, p. 21), ci sono delle voci dissonanti a riguardo. Secondo alcuni esperti, infatti, il primo graffiti writer della città non è stato Zhang Dali, considerato uno street artist più che un writer, bensì Li Qiuqiu 李球球, conosciuto come 0528 (Fig. 3), che ha iniziato la sua attività nel 1996 (cfr. sezione Video, film Crayon 2012; per Zeit cfr. Mouna 2017). Questa diversa paternità è stata attribuita per due motivi: il primo è che il lavoro di Zhang Dali non ha avuto alcun impatto sulla generazione successiva di writer, sia perché egli creava sempre da solo senza interagire con altri artisti, sia perché si è servito di questa forma artistica solo per un breve periodo della sua carriera (1995-2005), passando poi ad altre forme espressive (egli stesso si definisce infatti un artista e non un writer) (film Crayon 2012; Valjakka 2016, p. 361); il secondo motivo è che il lavoro di Li Qiuqiu ha avuto invece una forte ripercussione sulla generazione successiva, poiché egli ha da sempre interagito con i giovani writer pechinesi e, non a caso, è stato il fondatore di una delle prime e più importanti crew della capitale, la Beijing Penzi, essendo un pioniere in questo campo (Mouna 2017).
A prescindere dalla “giusta” paternità dei primi graffiti pechinesi, è innegabile che per circa dieci anni Zhang Dali e Li Qiuqiu siano stati gli unici writer conosciuti a operare in città (Valjakka 2016, p. 361). Infatti, è solo a partire dal 2005 che una nuova generazione di writer ha iniziato a fare i suoi primi passi, anche grazie all’istituzione della prima hall of fame5Hall of fame (tuya qiang 涂鸦墙) – Letteralmente “atrio della fama”, si riferisce a uno spazio in cui è permesso dipingere più o meno legalmente. Nelle hall of fame dipingono i writer intenti a un lavoro di ricerca artistica, che preferiscono porre l’accento sulla qualità dei pezzi che sulla quantità, ricercando uno stile sempre più originale. di Pechino, soprannominata The Great Wall of Beijing (Il grande muro di Pechino), situata sul lato meridionale della Renmin University, un’importante università della capitale. Il muro e i graffiti (o pseudo tali) che su di esso hanno preso corpo erano tutti dedicati ai Giochi Olimpici di Pechino (Bonniger 2018, p. 22), che si sarebbero svolti nell’agosto del 2008: un evento epocale per tutta la Cina! Il muro era lungo 700 m e circa 300 volontari hanno partecipato al suo abbellimento (Llys 2015)6L’istituzione del muro è avvenuta l’11 dicembre 2005. Secondo quanto riferisce Llys, nel 2014, in occasione del summit dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC), il muro è stato interamente ricoperto di rosso, cancellando tutte le opere realizzate a partire dal 2005.. Come conseguenza del successo di questo progetto su larga scala, appoggiato dal governo e con finalità evidentemente propagandistiche, in città iniziarono a diffondersi sempre maggiore curiosità e interesse verso i graffiti sia da parte dell’opinione pubblica che dei circoli artistici e dei giovani studenti delle accademie d’arte. È, infatti, a partire dal 2006 che singoli graffiti writer hanno iniziato a formare dei gruppi, fondando le prime crew: è il caso delle già menzionate Beijing Penzi e del Kwanyin Clan, che sono nate proprio nel 2006.
Oltre a loro, c’erano anche altri street artist che in quegli anni agivano individualmente, come ad esempio Hades o The Little Mushroom (Xiao mogu 小蘑菇), molto attivo nel fare bombing7Bombing (zhajie 炸街 / beng 崩) – Tradotto in italiano “bombardare”, consiste nell’eseguire graffiti illegali su muri o treni con throw-up, tag, stencil e pezzi composti da lettere semplici e veloci da realizzare. Pratica prediletta dai writer che hanno come obiettivo primario la quantità, tappezzando intere città con la propria firma per raggiungere la fama di king. nel Distretto 798, a Sanlitun e nel centro cittadino. La maggior parte delle sue opere era costituita da un fungo animato con il cappello solitamente rosso a pois bianchi e sul gambo uno smile con diverse espressioni. Come nella migliore tradizione dei graffiti urbani, la sua identità è ancora ignota; si sa solo che è un designer, tatuatore e skateboarder, cosa molto comune tra i writer cinesi.
Un altro artista importante in questa fase iniziale di sviluppo dei graffiti è Xu Ruotao 徐若涛, che nel 2004 aveva fatto dei graffiti a Tongzhou, un distretto di Pechino, successivamente pubblicati su un’importante rivista di arte contemporanea cinese, Art World: un fatto inedito per questa forma artistica. Xu Ruotao, insieme a Li Qiuqiu, è uno dei pionieri nell’uso di caratteri cinesi all’interno dei suoi pezzi: è del 2004 una sua opera in caratteri, realizzata nei pressi della fermata della metropolitana Bali Qiao della linea 1 Est, dove scrive Mei ge ren dou shi shibaizhi 每个人都是失败者 (Tutti gli uomini sono fallibili). Benché lo stile di scrittura sia ancora molto rudimentale, si tratta di una delle prime opere di graffiti interamente in caratteri cinesi realizzata nella capitale.
In questi primi anni di sviluppo dei graffiti a Pechino, i luoghi prediletti dai writer sono il Distretto 798, il quartiere dello shopping Sanlitun, molto frequentato dagli stranieri, il quartiere della movida Wudaokou, pieno di bar e locali, alcune zone del centro, perlopiù quelle a rischio demolizione, e il China-Japan Friendship Hospital (Beifu 北服), la più antica hall of fame, ma non di istituzione statale, dove fare graffiti in città (film Crayon 2012)8Secondo Llys, il China-Japan Friendship Hospital inizia a diventare un muro dove fare graffiti a partire dal 2005 e questo viene testimoniato da un articolo di Su Bin 苏滨 nella rivista Sculpture (Llys 2015).. A partire dal 2007, un numero sempre maggiore di writer stranieri inizia a giungere a Pechino, introducendo nuovi stili e tecniche e influenzando massicciamente la scena dei graffiti pechinese (Bonniger 2018, p. 23). Tra questi writer, vanno ricordati Zyko (Germania) e Aigor (Europa), che «hanno mostrato ai writer cinesi il lato nascosto e mentale dei graffiti» (Feola 2014). Zyko è arrivato la prima volta a Pechino nel 2006 quando, come lui racconta, non c’erano molti graffiti in giro, e vi è ritornato nel 2008, quando il panorama era completamente cambiato ed era molto più attivo, soprattutto grazie all’intensa attività della Bejing Penzi crew; è per questa ragione che nel 2009 ha deciso di trasferirsi nella capitale cinese (film Crayon 2012). Egli lavora prevalentemente da solo, essendo alla ricerca di un suo stile personale, ma talvolta collabora anche con writer locali e stranieri (Valjakka 2016, p. 363). Secondo Zyko, uno dei grandi problemi del fare graffiti in Cina è l’eccessiva dispendiosità nel praticare quest’arte, perché, anche se le bombolette costano poco, sono di pessima qualità, quindi ne servono tre volte tanto rispetto al quantitativo usato mediamente in Europa. Per fare un pezzo ha calcolato che si spendono circa 20 euro, una cifra consistente per un cinese, quindi solo chi ha disponibilità economica può avvicinarsi a questo tipo di arte (film Crayon 2012). Per quel che riguarda lo stile, secondo Zyko, tra i writer stranieri, coloro che hanno avuto un maggiore impatto sui writer di Pechino sono stati il tedesco Cantwo (a.k.a. CAN2) e l’americano Revok (dalla MSK crew), grazie anche ai loro interventi in città, oltre alla AWR crew di Los Angeles (Valjakka 2016, p. 363).
Aigor, che è stato attivo per un paio di anni sulla scena pechinese soprattutto con la sua attività di bombing, in un’intervista mette in evidenza un’altra differenza tra la Cina e l’Europa: secondo lui, fare graffiti in Cina è sì pericoloso, ma è molto più facile che in Europa, perché questa forma artistica non è molto nota tra i cinesi, non c’è una grande repressione e c’è invece molta curiosità a riguardo (film Crayon 2012). In Europa, un writer può impiegare dai due ai cinque minuti al massimo per realizzare un pezzo senza essere scoperto, rispetto alla mezz’ora, o addirittura un’ora, che si può concedere a Pechino, dove ha la possibilità di prendersi tutto il tempo che desidera. Anche Zyko concorda con questa visione: lui parla di una forma di «fantastica anarchia che si percepisce in strada» e che non si trova in nessun’altra città europea, una forma di libertà che è il motivo per cui non vuole andar via da Pechino (ibid.).
Altri writer stranieri attivi più di recente a Pechino sono Mike (a.k.a. Iron Mike di Stoccolma) operativo già nel 2011, l’italiano Sbam, che è arrivato nel 2012, e Zato, giunto nel 2013 e ancora molto produttivo in città. Zato ha la particolarità di utilizzare con grande frequenza i caratteri cinesi nei suoi pezzi: la maggior parte delle sue opere consiste in throw-up 9Throw-up (kuaisu tuya 快速涂鸦 / outu 呕吐) – Letteralmente “vomito”, è la prima evoluzione della tag, un disegno stilizzato della propria firma di rapida esecuzione ma di dimensioni più estese, eseguito con pochi colori, di solito spruzzati rozzamente, anche privo di riempimento. Il throw-up è un’arte a sé: lo stile è immediato, spesso molto semplice e “gommoso” ma non per questo banale. È composto dal solo outline con un fill-in monocolore; può indicare anche ogni sorta di bubble style, non necessariamente monocromatico. Questa tecnica viene disprezzata perché considerata antiestetica, ma realizzare velocemente un buon throw-up con un outline preciso non è un compito semplice. Viene chiamato anche flop. di due colori in bubble style10Bubble style (paopaozi fengge 泡泡字風格) – Stile di lettering arrotondato. È uno degli stili più datati, propri della old school, ancora molto usato per i throw-up data la sua rapidità di esecuzione. Le lettere sembrano bolle di sapone, colorate con molta precisione, con un largo outline. In genere si aggiunge anche un inline bianco, un contorno interno per accrescere il senso di profondità., in cui trascrive i due caratteri cinesi Zatou 杂投, che rappresentano la sua tag cinese, e che sono spesso accompagnati dalla caricatura di un uomo stilizzato con gli occhi a croce e la bocca a becco. I supporti che privilegia sono le serrande, i muri e i tetti di negozi e ristoranti, mentre le zone che predilige sono quelle degli hutong della città vecchia. Talvolta Zato si diverte anche a scrivere intere frasi o espressioni idiomatiche in caratteri cinesi dal significato enigmatico, come per esempio Wo bu yao guoqu, wo bu yao weilai 我不要过去, 我不要未来 (Io non voglio il passato, io non voglio il presente), Hen huang, hen baoli 很黄很暴力 (Molto giallo, molto violento) e Mei you yiyi 没有意义 (Senza senso), avvolgendo le sue opere di un’aura misteriosa (Feola 2013). La scelta di usare i caratteri cinesi nei suoi pezzi è dovuta al desiderio di far comprendere a quante più persone possibile la sua arte e questo, nella sua opinione, può avvenire solo usando la lingua del posto. Secondo Zato, i graffiti non hanno un significato particolare e non devono avere nulla a che fare con i soldi, il business e l’arte, ma servono solo a far sì che le persone che passeggiano per strada possano imbattersi inaspettatamente in scorci belli e nuovi (Huang 2016).
Nuove generazioni, la KTS crew
Anche a causa di questo fermento internazionale, a partire dal 2007 a Pechino si sono formate nuove crew, alcune longeve e altre dalla vita molto breve. Tra quelle di breve durata, vanno ricordate la Jiu Men 九门 (Nove porte) che, fondata nel 2007, scompare l’anno successivo, e la Beijing xinshengdai tuyazhe 北京新生代涂鸦者 (Beijing Cenozoic Writers) formata da studenti universitari e attiva dal 2007 al 2009 (Llys 2015). Altre crew che continuano tuttora la loro attività sono invece l’ABS, fondata nel 2007, la KTS, costituitasi nel 2009, la DNA nel 2010, la TMM nel 2011, la Tuns nel 2013 e l’YDS nel 2016 (Bonniger 2018, p. 23).
La KTS crew è stata fondata da Mes e Boers, ai quali si sono successivamente uniti prima Wreck e più tardi Exas (a.k.a. Swe). Si tratta di una delle crew più rispettate dell’intera Cina (Crayon 2017). Tutti i suoi quattro membri sono writer della vecchia scuola e la loro attività consiste perlopiù nel bombing per le strade della città (Valjakka 2016, p. 362). La maggior parte del loro lavoro si concentra nella scrittura dell’acronimo della crew (KTS), che sta per Kill The Streets (Uccidi le strade), cambiato in Keep The Smile (Mantieni il sorriso), oppure dei loro nomi riportati in lettere latine attraverso il tagging-up e realizzando blockbuster11 Blockbuster o block – È un tipo di graffito semplice da realizzare che è caratterizzato da lettere di grandi dimensioni, squadrate o rettangolari in stampatello. Solitamente vengono usati due colori, uno per il riempimento e uno per il contorno. Per il riempimento si può utilizzare tempera e rullo oppure il pennello. o throw-up in bubble style o in semplice 3D style123D style (litizi fengge 立体字风格) – Lo stile 3D consiste nella realizzazione di graffiti in tre dimensioni. Lo stile tridimensionale delle lettere aggiunge profondità e bellezza al pezzo e a volte viene usato nei wildstyle per aumentarne ulteriormente la complessità. Nel writing la tecnica più utilizzata per realizzare un 3D è il chiaroscuro. Per ottenere un chiaroscuro, per prima cosa si sceglie una direzione o un punto di fuga e poi si tracciano delle linee-guida della stessa lunghezza, che partono dagli spigoli delle lettere e seguono il verso della freccia tracciata. In seguito, si uniscono le varie linee guida attraverso linee parallele a quelle delle lettere e infine si colora il rilievo. Questo effetto può anche essere reso con l’esecuzione dell’ombra vera e propria delle lettere, ma si tratta di un procedimento più complesso.. Anche se la maggior parte delle loro opere consiste in lavori di questo tipo, all’inizio della loro carriera (e non solo), in particolare Mes ed Exas, hanno fatto numerosi graffiti in caratteri cinesi, che consistevano nelle loro tag cinesi, Fengji 疯奇 (pazzo, strano, funky) per Mes e Lingdan 灵丹 (panacea, anima) per Exas, usando stili differenti, dai più grafici (e calligrafici) ai più elaborati.
Secondo quanto raccontato da Mes, che ha oggi 31 anni, il suo primo incontro con i graffiti è avvenuto nel 2006, quando, ancora studente delle superiori, dopo aver visto dei graffiti su internet, decise di prendere per la prima volta una bomboletta in mano. Da quel momento i graffiti sono diventati la sua ragione di vita e non li ha più abbandonati. Inizialmente il suo obiettivo era quello di abbellire la città eseguendo dei bei pezzi, ma poi ha capito che c’era una netta differenza tra “dipingere un muro” e “fare graffiti” e ha iniziato a bombardare luoghi impervi e pericolosi, creando un proprio stile distintivo. Circa un anno e mezzo dopo aver iniziato a fare graffiti, ha incontrato Boers su Baidu Tieba, la più importante piattaforma online della Cina, e hanno iniziato a fare bombing insieme. Boers era allora uno studente di informatica di due-tre anni più grande di Mes e dipingeva spesso topi in forma di cartoon. In occasione di una competizione di graffiti nell’ottobre del 2009, Mes e Boers decisero di fondare la KTS crew. Totalmente preso da questa sua nuova vita, Mes decise di lasciare la scuola al terzo anno delle superiori, in modo da poter trascorre tutte le notti a fare graffiti per le strade di Pechino. Insieme a Boers avviò una società attraverso cui poter usare i graffiti per scopi commerciali, ma il tentativo fallì e i genitori di Mes iniziarono a fargli pressione, obbligandolo a frequentare diverse scuole di design, fino a decidere di mandarlo in Gran Bretagna a seguire un corso specifico all’università. Una volta tornato in Cina, sempre su pressione paterna, Mes ha iniziato a lavorare in un’azienda di design e da allora lo si è visto sempre più raramente fare graffiti per le strade di Pechino. Wreck, un anno più piccolo di Mes, si è avvicinato al mondo dei graffiti nel 2008 grazie alla propaganda delle Olimpiadi di Pechino e all’incremento esponenziale di graffiti illegali in città. L’incontro con Mes è avvenuto nel 2009 sempre attraverso la piattaforma Baidu Tieba, in un momento in cui la KTS era la crew più visibile e attiva per le strade di Pechino. Wreck ha iniziato così un’intensa attività di bombing notturno insieme agli altri due membri della crew, avventurandosi a fare graffiti anche sui treni, fatto molto raro in Cina. Inizialmente la crew ha concentrato i suoi sforzi sul Distretto universitario di Haidian, uno dei più importanti di Pechino, sede del Palazzo d’Estate e del Vecchio Palazzo d’Estate, dove i tre writer risiedevano; in seguito, ha ampliato il suo raggio d’azione all’intera città. Come affermato dallo stesso Wreck, la scelta del suo nome deriva dal desiderio dell’artista di far iniziare la sua tag con la “W”, perché nessuno fino a quel momento aveva utilizzato questa lettera, e perché il suo significato evoca il concetto di “rovine” (wreck significa “relitto, rottame, carcassa”), il che si avvicina alla percezione di quello che sono per lui i graffiti: una presenza scomoda in un paesaggio ordinario (Huang 2016).
Per la sua intensa attività di bombing, Wreck è stato più volte arrestato e rilasciato sotto cauzione, anche grazie all’aiuto del suo amico Boers. Oggi Wreck è un tatuatore, ha un negozio che si chiama Delight (Dengta 灯塔) al n. 46 del Fajia Hutong, un vicolo nei pressi di Gulou East Street, nel centro cittadino, e si serve del suo passato come writer per riportare nei suoi tatuaggi elementi presi in prestito da quest’arte. Il suo negozio è anche un importante centro di diffusione della cultura dei graffiti e un punto di ritrovo per i writer di Pechino, molti dei quali sono diventati suoi cari amici. Fino a qualche anno fa, anche se molto più di rado rispetto ai primi anni della KTS, Wreck continuava ancora a fare bombing notturno insieme a Giant (YDS crew), realizzando circa un throw-up al mese. Attualmente è fuori dalla scena; ha infatti dichiarato di non avere tempo per disegnare su strada a causa dei vari impegni famigliari e lavorativi, a causa delle forti restrizioni governative e dell’aumentato controllo da parte della polizia verificatosi negli ultimi tempi. Exas è stato l’ultimo a entrare a far parte della crew e, dopo un intenso periodo di attività, si è trasferito a New York per frequentare la scuola americana. Quello che ha subito notato in questa sua nuova “casa” è stata la differenza abissale tra il fare graffiti a New York rispetto a Pechino. Exas, infatti, afferma: «Io non posso fare niente di così complicato o elaborato a New York perché non ho più di dieci minuti per poter realizzare un pezzo. A Pechino, invece, non prestavo attenzione a chi mi guardava perché quando dipingevo mi sentivo un dio» (Crayon 2017).
Giovani crew, anche al femminile
La DNA crew ruota attorno alla figura di Daboo (Dabo 大波), il leader. Nato a Pechino nel 1989, Daboo ha iniziato a fare graffiti nel 2005; fino al 2017, anno in cui è diventato padre, la sua attività principale si è svolta di notte nel Distretto Daxing, situato nella parte meridionale della città, dove riempiva muri, ponti e macerie di palazzi in demolizione con la sua tag in pezzi più o meno elaborati, realizzati con la bomboletta spray (Yau 2018). Nel 2010 ha fondato insieme ad altri due writer la DNA crew, con lo scopo principale di fare graffiti con finalità commerciali, per abbellire palestre, caffè, scuole e ristoranti. Per questo motivo, la maggior parte delle opere della DNA sono pezzi elaborati in cui viene utilizzato uno stile “internazionale”, che consiste nell’uso prevalente della lingua inglese (sono rari i pezzi in caratteri cinesi) e l’uso di puppet13Puppet (tu’an 图案) – Letteralmente “pupazzo”, “bambolotto”; è in genere un elemento figurativo che affianca i graffiti. Può essere una figura umana, un mostro dalle sembianze animali, un personaggio dei fumetti o dei cartoni animati. perlopiù occidentali.
La TMM (The Marginal Man e anche The ManagMent) è stata fondata all’inizio del 2011 da Clock e Dios, a cui si sono aggiunti subito dopo Gan, Camel e 525. Tre membri della crew non sono di Pechino, ma sono originari uno della provincia dello Hubei, uno della provincia dello Hebei e uno di Canton (Valjakka 2016, pp. 362-363). La crew non sembra più attiva, ma tre dei loro writer, Clock, Camel e 525, continuano a lavorare individualmente. Clock è perlopiù autore di pezzi elaborati talvolta accompagnati da puppet; per lui, che spesso lavora con Sick, una writer donna, fare graffiti è infatti una forma di divertimento e non di ribellione al sistema (cfr. sezione Video, film Crayon 2012). 525, la cui tag deriva dalla sua data di nascita, predilige invece l’attività di bombing in cui trascrive la sua tag anche in opere di grandi dimensioni; lavora spesso insieme a Wreck della KTS crew ed è anche autore di alcune opere in caratteri cinesi.
Camel (a.k.a. Camel617) è estremamente bravo nel dipingere puppet in stile fumettistico con caratteristiche spiccatamente cinesi: i suoi personaggi sono spesso ritratti mentre mangiano o bevono tipicità locali come l’anatra alla pechinese o la grappa cinese. A questi puppet sono solitamente associati dei baloon con scritte in cinese in uno stile grafico molto personale, che riportano il tema dell’opera (una specie di titolo). Stesso stile lo ritroviamo anche nei suoi sigilli rossi squadrati, dipinti con la bomboletta, che richiamano quelli utilizzati nelle calligrafie o nelle pitture tradizionali. Per Camel i graffiti sono una forma di ribellione, anche se, come tutti i writer cinesi, anch’egli sa bene che ci sono dei confini che non vanno oltrepassati, quindi si guarda dal fare opere in luoghi sensibili come piazza Tian’anmen o su edifici governativi ed è sempre cauto riguardo ai soggetti ritratti (Sebag Montefiore 2014). Famosa è la sua opera del 2009, dipinta con la bomboletta spray su un muro di Pechino in cui ritrae un “ispettore urbano” (chengguan 城管) come un malvagio teppista e che gli è costata una multa di 3.000 yuan (circa 400 euro). Un altro suo importante ciclo di opere, questa volta in caratteri cinesi, lo ha realizzato nel 2017 per un’azienda di internet technology chiamata NetEase, e che aveva la finalità di esprimere le preoccupazioni dei giovani cinesi: Camel si è recato in tre diverse città della Cina (Pechino, Shanghai e Canton) e ha realizzato cinque murales coloratissimi di grandi dimensioni in cui ha riportato in caratteri cinesi e in uno stile molto personale alcune domande cruciali per la gioventù di oggi (come possiamo fare a non sprecare la nostra fugace gioventù? Cosa abbiamo che non potrà essere sostituito dall’intelligenza artificiale? Qual è il miglior modo di morire?) e alcune delle risposte raccolte tra quegli stessi giovani (Fan 2017). Camel è, infine, autore di diversi sticker14Sticker art (tiezhi 贴纸) – Una forma di tag realizzata tramite adesivi stampati dal computer che possono contenere solo la firma e un logo o essere più elaborati, con piccoli caratteri e decorazioni. La sticker art è una forma di comunicazione di rapida esecuzione, economica e di facile diffusione, considerata una sottocategoria della graffiti art, anche se alcuni writer credono che questo tipo di arte sia solo per coloro che hanno paura di usare marker o bombolette, e quindi non ne fanno uso. , una forma solitamente poco praticata dai writer cinesi, in cui riproduce il suo stile e i suoi puppet.
La Tuns crew (tunshi tuya tuandui 吞噬涂鸦团队), fondata nel 2013, è la prima crew al femminile di Pechino15Questo è quanto affermato sul loro sito ufficiale ma, contrariamente a ciò, sulla loro pagina ZCool si legge che la Tuns crew è stata fondata nel 2014 e che ne fanno parte Zhao, Mage, Fasto, Snake, Zstar e Joke. Nel qual caso, non si tratterebbe di una crew tutta al femminile, almeno non in questa seconda composizione allargata.. Il nome in cinese della crew, Tunshi 吞噬, che significa “fagocitare”, da cui Tuns, vuole esprimere ciò a cui il gruppo aspira: “fagocitare la città” con le sue scritte pervasive. Le principali interpreti di questa mission sono Zhao, Fatso e Mage, le quali si dedicano sia ad attività di bombing, sia alla realizzazione di pezzi elaborati che riportano la loro tag o il nome del gruppo. Versate sia nell’uso delle lettere latine che dei caratteri cinesi e in diversi stili, dal bubble style al wildstyle16Wildstyle (kuangye fengge 狂野风格) – Complessa costruzione di lettere assemblate per dare una forma e una dinamica particolare al pezzo. In questo stile le lettere vengono distorte e sovrapposte e talvolta arricchite da frecce tridimensionali, tribali, picche, puppet e altri elementi decorativi che danno idea di movimento e confusione. Questo stile può essere straight o soft: nel primo caso, è simmetrico e le frecce che formano le lettere tracciano angoli spigolosi; nel secondo caso, è asimmetrico e gli angoli sono sostituiti da frecce curve con punte arrotondate. Per aumentare la percezione di profondità dell’opera, oltre all’inserimento di collegamenti fra i caratteri, si può addirittura trasformare tutta la struttura della parola in un elemento tridimensionale. Questa forma intricata di graffiti, dall’inglese “stile selvaggio”, è considerata la forma di writing più difficile da eseguire e spesso le scritte sono indecifrabili per i non addetti ai lavori., si sono costituite in una società che ha sede a Pechino e Shanghai che, come la DNA crew, ha la finalità di realizzare graffiti per scopi commerciali.
L’ultima crew in ordine cronologico a essersi formata a Pechino è l’YDS (acronimo di YiDunShun 一顿顺 “rubare sempre”). La sua fondazione è avvenuta nel maggio del 2016 durante il Meeting Neighborhood, il più importante festival di graffiti organizzato ogni anno dall’ABS crew nel Distretto 798. La crew è formata da sei membri, i più attivi dei quali sono Giant e Gear. Giant, il più giovane del gruppo, aveva solo 18 anni quando è entrato a far parte della crew, ma già allora realizzava graffiti in città da tre anni. Il suo primo contatto con i graffiti lo aveva avuto negli Stati Uniti, dove era stato mandato dalla madre per frequentare le scuole elementari e vivere con il padre. A causa di problemi di salute, era stato costretto a ritornare in Cina e da allora si è dedicato prima allo skate e poi al rap (è un rapper di freestyle) e infine ai graffiti (Huang 2016). La sua decisione di prendere in mano una bomboletta è stata molto influenzata dalla visione del documentario Style Wars (1983), diretto da Tony Silver, che racconta la cultura hip-hop17Hip-hop (xiha 嘻哈) – È un movimento culturale nato in prevalenza nelle comunità afroamericane e latine del Bronx, quartiere di New York, alla fine degli anni Settanta. I quattro principali aspetti o elementi della cultura hip-hop sono la parola, la musica, il movimento, il segno: lo MCing (shuochang 说唱), anche noto come musica rap, introdotto dagli afroamericani (MC è l’acronimo di Master of Ceremony); il Djing (dadie 打碟), introdotto dai giamaicani; il graffiti writing (tuya shuxie 涂鸦书写), la breakdance (diban wu 地板舞 o pili wu 霹雳舞) introdotti dai portoricani. di strada della New York dei primi anni Ottanta (Crayon 2017). Questo film gli ha fatto comprendere che i graffiti nascono da una forma di rivolta contro il sistema e sono figli dell’emarginazione sociale (Elvita 2017). Come da lui stesso affermato, la scelta della sua tag è stata fortuita: «Avevo bisogno di un nome, mi sono trovato tra le mani un libro intitolato Giant e l’ho scelto come mia tag» (Crayon 2017). I suoi writer pechinesi di riferimento e da cui prende ispirazione sono Wreck, Sbam e Zato, i più attivi al momento della sua iniziazione all’arte dei graffiti (insieme a Boers e Gear).
Gear, suo compagno di crew, ha iniziato a fare graffiti insieme a Wreck (KTS crew), che era suo collega all’università. Oltre a essere un writer, Gear è anche un rapper e un breakdancer, nonché un insegnante di arte nelle scuole elementari: un mix alquanto strano ma molto riuscito. Il significato della sua tag, se usato come aggettivo, significa “Pazzesco!”, l’interiezione che spera possa provocare la vista dei suoi graffiti (ibid.).
L’attività della YDS crew è molto simile a quella della KTS e consiste perlopiù in attività di bombing per le strade della città, scrivendo la tag della crew o dei singoli writer con la bomboletta spray e realizzando blockbuster o throw-up in bubble style, 3D style e wildstyle. Interessante è lo stile di Sope, un altro membro della crew, che utilizza colori contrastanti e curve caotiche, spezzate e “vibranti” che creano l’effetto della decomposizione e della liquefazione. La finalità dei suoi lavori è infatti quella di mostrare tramite questa reiterazione continua di curve lo stato corrotto delle cose, attraverso una “prospettiva di degradazione”. Lo stato di decomposizione è per Sope il primo stadio evolutivo da cui ogni ciclo naturale prende avvio e a cui la sua arte si ispira (Elvita 2017).
Writer e street artist locali
Oltre ai writer stranieri e alle crew, a Pechino sono tuttora attivi interessanti street artist e writer cinesi. Tra questi, vanno sicuramente ricordati Biskit e Zeit: il primo bombarda le strade con la sua tag attraverso veloci throw-up o pezzi elaborati, collaborando spesso con altri writer; il secondo ha iniziato a fare graffiti in Australia e opera soprattutto attraverso la sua attività di bombing perlopiù in aree destinate alla demolizione, realizzando throw-up in bubble style della sua tag cinese, Shijian 时间 (Tempo), che è la traduzione di zeit, il termine corrispettivo in lingua tedesca. Zeit usa anche le lettere latine per scrivere la sua tag e solitamente abbellisce i suoi pezzi contornandoli di scritte in cinese. Egli crede molto nell’utilizzo della scrittura cinese in opere di graffiti realizzate in Cina (Mouna 2017).
Altri writer attivi oggi a Pechino sono Diego, Mask, Viga, 618, Mczs, Qincy e Poste (Dartnell, Yuansheng 2020; BDMG 2019; Bonniger 2018).
Per quel che riguarda gli street artist, i più importanti sono Qi Xinhua, Stu, Shuo, Robbb e Ge Yu Lu. Qi Xinhua è ritenuto «il primo 3D street artist di Pechino» (Crayon 2017) e «il più famoso esecutore di graffiti anamorfici della Cina» (Wang 2016). Oggi trentottenne, ha dipinto il più grande murale esistente al mondo (intitolato La gola del leone a Canton) (Crayon 2017), gestisce un suo studio di graffiti e ha lavorato per molte commesse governative. Nelle sue opere sono sempre presenti riferimenti all’arte e alla cultura cinese (come draghi e panda), poiché la sua intenzione è quella di raffigurare l’estetica e la cultura tradizionale della Cina (Wang 2016). Stu è invece un artista che utilizza la bomboletta spray per creare dei cerchi al cui interno inserisce elementi decorativi cinesi. La sua modalità di azione si ispira a un writer russo chiamato AK (film Crayon 2012).
Shuo e Robbb sono gli unici due artisti di stencil della Cina. Shuo, da molti definito il “Banksy cinese” (Pan 2017), ha iniziato facendo graffiti e poi è passato agli stencil18Stencil art (mubanhua 模版画) – È una pratica largamente utilizzata nella street art che permette di riprodurre in serie forme, simboli e lettere attraverso una maschera normografica, tagliata in modo tale da formare un negativo fisico dell’immagine che si vuole creare. In breve, è una tecnica caratterizzata dall’uso di un motivo ritagliato su cartone (lo stencil, la matrice) che viene riprodotto sul muro con la bomboletta in breve tempo. , creando opere fortemente ironiche che prendono di mira la società cinese. Una delle più famose è stata realizzata nel 2014 e rappresenta il presidente Xi Jinping davanti a una lunga fila di persone, tra cui alcuni writer e street artist, con sopra la scritta So busy. Lo stencil esprime la speranza che il governo possa riconoscere ufficialmente l’arte dei graffiti e farle posto nelle strade, così come a tutte le altre istanze della gente comune. A causa del contenuto politico delle sue opere, Shuo ha deciso di vivere nell’anonimato. Così ha fatto anche Robbb, famoso per i suoi stencil a grandezza umana che ritraggono cittadini pechinesi, inclusi bambini, persone anziane, uomini d’affari e operai edili, ricavati da fotografie scattate per strada e dipinti sui muri di edifici in demolizione. Robbb è un artista alquanto prolifico: sono oltre 200 gli interventi di street art19Street art (jietou yishu 街头艺术) – In italiano “arte di strada” o “arte urbana”, è un termine di origine massmediatico che cerca di definire e circoscrivere tutte quelle forme d’arte che si manifestano in luoghi pubblici, spesso illegalmente, con le tecniche più disparate. Nasce e si evolve da una costola del graffiti writing, si sviluppa e si estende nel tempo in pratiche diverse: sticker art, stencil art, poster art, proiezioni video, sculture, installazioni e performance. che portano il suo nome in città (Lin 2015).
Un altro street artist interessante è Ge Yu Lu. Laureatosi nel 2017 presso la Scuola di arte sperimentale della China Academy of Fine Arts di Pechino, Ge Yu Lu è famoso perché nel 2013 ha appeso in una via di Pechino un cartello con i tre caratteri del suo nome, Ge 葛 Yu 宇 Lu 路, riproducendo esattamente le fattezze dei cartelli usati in tutta Pechino per i nomi delle strade. La strada non aveva altra segnaletica e per ben quattro anni venne chiamata “Ge Yu Lu”, nonostante il suo nome fosse un altro. A seguito del successo di questo geniale intervento di street art, Ge Yu Lu ha ripetuto lo stesso gioco in molte altre vie della capitale (Pan 2017).
Le fasi di sviluppo dei graffiti pechinesi
Ripercorrendo cronologicamente lo sviluppo dell’arte dei graffiti a Pechino, possiamo dire che, escludendo le primigenie esperienze di Zhang Dali e Li Qiuqiu (1995-2005), la prima vera fase di sviluppo ha abbracciato gli anni che vanno dal 2005 al 2008, in cui sono state istituite le prime due hall of fame della città (presso la Renmin University e il China-Japan Friendship Hospital), sono nate le prime crew e i primi writer stranieri hanno iniziato a operare e influenzare la scena nascente.
Il periodo che va dal 2009 al 2013 ha rappresentato invece l’età dell’oro dei graffiti pechinesi. In quel frangente Pechino era sostanzialmente un terreno vergine per un piccolo gruppo di crew e di writer, cinesi e stranieri, che lavoravano insieme, e i numerosi pezzi e le tag che realizzavano in diverse parti della città rimanevano lì per settimane o mesi prima di essere ricoperti (Crayon 2017). Le hall of fame si moltiplicavano: la più importante era la Jingmi Road (Jingmilu 京密路), una lunga arteria che corre a nord-est della capitale, dal centro della città all’aeroporto, utilizzata per la prima volta nel 2010 dall’ABS crew e divenuta nel 2012 la più lunga hall of fame di Pechino. Oltre alla Jingmi Road e ai luoghi storici come il Distretto 798, i graffiti ricoprivano il quartiere Sanlitun, la Linea 10 della metropolitana da Zhichun Road a Wudaokou, la zona di Gulou nel centro cittadino e Tiancun Road (a nord-ovest del Distretto Haidian) (Yau 2018; Huang 2016).
A partire dalla fine del 2014, le cose però hanno iniziato a cambiare e lo sviluppo dell’arte dei graffiti è rallentato fortemente, sia perché Pechino è diventata sempre più costosa, sia perché, in occasione del summit dell’Asia- Pacific Economic Cooperation (APEC) del 2014, c’è stato un grandissimo sforzo da parte del governo per rimuovere tutti i graffiti presenti in città, uno sforzo che non si è arrestato con la fine del summit (Crayon 2017). Inoltre, in tempi recenti l’intensificazione dell’iniziativa governativa denominata Abbelliamo Pechino sta promuovendo continue campagne di buffing (trattamento per rimuovere i graffiti illegali20Buff o buffing system (qingchu tuya 清除涂鸦) – Con questo termine si intende il trattamento per rimuovere i graffiti illegali ma anche l’atto che fa un writer coprendo una tag di un avversario, con una sua tag o un semplice segno.) da parte di ispettori urbani, che sono incessantemente impegnati a ricoprire i graffiti con vernice grigia (Bonniger 2018, p. 25). Oggi, infatti, la scena dei graffiti a Pechino è alquanto ridotta, le crew che vi operano sono poche (si contano sulle dita di una mano), spesso hanno virato verso un utilizzo commerciale dei graffiti (come l’ABS, la DNA e Tuns crew) e il numero totale di writer attivi è al di sotto delle cento unità. In realtà, il loro numero esatto è a tutt’oggi sconosciuto. Secondo Zeit, nel 2017 «c’erano 70-80 writer a Pechino di cui solo 30 scrivevano regolarmente» (Mouna 2017); secondo Giant, invece, ce n’erano soltanto 30 di cui 15 attivi (Crayon 2017); ancora più pessimista è Andc dell’ABS crew, secondo il quale nel 2018 i writer attivi a Pechino erano meno di dieci (Yau 2018).
Qualunque sia il numero, quello che importa sono le opere e ce ne sono alcune, di vecchie e di nuove, che vale veramente la pena di esplorare e approfondire, in maniera particolare per quel che riguarda tre crew delle otto elencate: la Beijing Penzi, il Kwanyin Clan e l’ABS crew, che racchiudono l’intera storia dei graffiti pechinesi e hanno aperto nuove possibilità allo sviluppo dei graffiti in Cina.
La prima crew di Pechino: la BJPZ
La Beijing Penzi crew (BJPZ) è la prima crew formatasi nella città di Pechino: è stata fondata nel 2006 da Li Qiuqiu (a.k.a. 0528), More (a.k.a. Mo), Soos e Als (Francia), a cui due anni più tardi si sono aggiunti Zak, Quer e Corw (Valjakka 2016, p. 361).
In realtà, la data della loro fondazione non è del tutto certa: Li Qiuqiu in un’intervista afferma che era all’incirca il 2005, in un’altra il 2006 (Valjakka 2016, p. 369) e su uno dei loro blog si parla di febbraio 2007. Questo altalenare di date è dovuto al carattere informale con cui la crew si è costituita: si tratta né più né meno di un gruppo di amici, che si sono conosciuti quasi per caso, ma tutti accomunati dalla passione per i graffiti e (per molti di loro) per lo skateboard, che è stato il pretesto per la loro formazione. Infatti, come narra More, il cui vero nome è Wang Mo e che ha oggi 39 anni, la conoscenza di Li Qiuqiu, il veterano del gruppo, è avvenuta proprio grazie allo skate, e la Beijing Penzi crew è nata dal loro desiderio di fare qualcosa insieme (film Crayon 2012). Anche Zak, il cui vero nome è Zhang Lei, racconta che l’idea di entrare a far parte della crew è sorta dall’incontro con More, conosciuto durante una festa di compleanno di Soos, suo amico; solo successivamente egli ha avuto l’opportunità di entrare in contatto e frequentare Li Qiuqiu. Insomma, la formazione di questa crew è frutto di una serie di fortuite e fortunate coincidenze.
La Beijing Penzi crew si configura come una crew a 360 gradi: autori sia di pezzi elaborati che di bombing notturno (ciò che più amano fare), i membri della crew collaborano con famosi brand, ma sono anche autori di opere a sfondo sociale. Nelle opere di grandi dimensioni così come nelle loro tag o nelle scritte a latere dei loro pezzi utilizzano tanto l’alfabeto latino quanto i caratteri cinesi e tutti e tre i co-fondatori cinesi della crew (0528, Soos e More) sono in grado di creare pezzi sia in lettere latine che in caratteri.
Inoltre, sono molte le figure che animano il mondo di questi writer, non solo nelle grandi opere ma anche nell’atto veloce di bombardare le strade, sempre con un occhio attento a far emergere il proprio retroterra culturale cinese. La presenza del francese Als dimostra comunque l’internazionalità e il desiderio di apertura della crew; egli ha influenzato, grazie al suo background occidentale, lo sviluppo e l’evoluzione dello stile dell’intero gruppo.
Il nome Beijing Penzi 北京喷子, che significa “writer di Pechino”, è stato scelto perché, come afferma Li Qiuqiu, il termine penzi, che letteralmente significa “spruzzatore, nebulizzatore”, da cui “writer”, nel dialetto di Pechino viene utilizzato per indicare una persona logorroica ed è anche il nome di una particolare arma da fuoco. Queste due accezioni ci dicono molto su quello che è stato il motivo per cui la crew si è creata e quello che è il suo scopo programmatico. Secondo Li Qiuqiu, infatti: «[…] Con alcuni amici ci divertivamo spesso a fare bombing insieme, così abbiamo deciso di fondare una crew tutta nostra» (intervista 2016).
L’idea di fondo della crew è dunque quella di riprodurre un’espressività logorroica che inonda con mille parole l’uditorio dei passanti, usando sì la forza di una scarica di fucile, ma sostituendo ai proiettili un messaggio scritto. Ciò che unisce i componenti del gruppo è il piacevole senso di appagamento che il fare bombing produce in loro.
Dal nome della crew emerge anche il loro background e altre finalità che li tengono uniti:
Dal nome della nostra crew non è difficile capire che noi veniamo dalla strada, che siamo cresciuti immersi nella cultura underground e che vogliamo portarla avanti e promuoverla. Desideriamo cambiare l’immagine che le persone hanno dell’arte dei graffiti, e fare in modo che i graffiti non siano più visti come degli scarabocchi sui muri, ma possano essere accettati e apprezzati da tutti. […] Il nostro scopo è quello di realizzare graffiti con uno stile il più possibile cinese. In tutto il mondo i graffiti sono realizzati servendosi dell’alfabeto inglese, ma i nostri no. Nelle nostre opere vogliamo rappresentare l’architettura tradizionale, i volti dei cinesi […] e la scrittura cinese, che è unica al mondo. Non ci importa cosa gli altri possono pensare di noi, questo è quello che vogliamo continuare a fare. Per noi i graffiti sono questo: un “giocare” con la nostra cultura. D’altronde noi siamo “i writer di Pechino” (Beijing penzi) e il nostro background proviene dalla città che più di tutte in Cina è intrisa di cultura. (ibid.)
Dunque, la finalità della loro arte è quella di sviluppare uno stile che rifletta le loro origini cinesi (Valjakka 2016, p. 361); infatti, nelle loro opere troviamo pezzi in caratteri, scritte in cinese ed elementi figurativi che richiamano continuamente l’universo “Cina”.
In ricordo delle vittime del terremoto del Sichuan
Un esempio di tutto questo è l’opera R.I.P. 512 Terremoto del Sichuan del 2008 (Tav. 4). L’opera è stata realizzata su una delle pareti esterne delle mura di recinzione dalla Renmin University, una delle hall of fame più importanti di Pechino, da Soos, 0528 e More per commemorare le vittime del terribile terremoto che il 12 maggio 2008 si verificò nella regione del Sichuan (nord- ovest della Cina), mietendo circa 70.000 vittime.
Nel titolo dell’opera, l’acronimo R.I.P. sta per Rest In Peace, un saluto che la crew rivolge a tutti i morti di questa tragedia. L’opera si compone di una parte a sinistra in caratteri cinesi in cui è riportata una chengyu (frase idiomatica a quattro caratteri) che recita Zhongzhichengcheng 众支(志)成城 (L’unione fa la forza). Si tratta di un incitamento a non scoraggiarsi anche nei momenti più bui e a collaborare tutti insieme per affrontare l’immane catastrofe occorsa, trovando la forza di risollevarsi.
I quattro caratteri di cui si compone la chengyu digradano dal rosso al giallo su un fondo nero e lo stile con cui sono scritti ricorda la scrittura corrente o semicorsiva (xingshu 行书)21La scrittura corrente o semicorsiva (xingshu) rappresenta uno dei cinque stili fonda- mentali utilizzati nell’arte della calligrafia cinese. Gli altri quattro sono: lo stile regolare (kaishu 楷书), lo stile sigillare (zhuanshu 篆书), lo stile clericale o degli scribi (lishu 隶书) e lo stile corsivo (caoshu 草书). utilizzata nella calligrafia cinese in cui i tratti dei caratteri vengono uniti insieme e raccordati da un’unica pennellata stenografica. Il tratto è veloce, gli spessori variano continuamente, le forme sono arrotondate, gli attacchi sono ben evidenti e permettono di ritracciare mentalmente il ritmo concitato di questa “pennellata” spray. Tutto riproduce lo sconvolgimento e l’efferatezza di quei momenti. Di fianco alla scritta, la concitazione viene reiterata nei gesti e nelle pose dei personaggi ritratti. Subito a sinistra, tre uomini dell’unità di soccorso nazionale con giubbe ed elmetti rossi lavorano infaticabilmente a rimuovere le macerie con le mani per cercare di salvare una bambina rimasta intrappolata dopo i crolli. Sul viso della bimba c’è un’espressione di terrore e tutt’intorno solo morte e disperazione. Al suo fianco, c’è un giovane incappucciato e dal volto indistinto con indosso una mascherina che cerca di portare in salvo un altro bambino gemente che tiene saldamente tra le braccia. Accanto a lui c’è un’infermiera, anche lei con indosso una mascherina e dal volto indistinguibile, che ha il braccio alzato per chiamare rinforzi. I soccorritori, il giovane e l’infermiera sono l’emblema di quell’umanità che, in mezzo a tanta disperazione, si è rimboccata le maniche per dare aiuto a chi ne aveva bisogno e rappresenta quell’unione di intenti e aiuti22Nella chengyu il carattere solitamente utilizzato zhi 志 (volontà) è stato sostituito con un carattere omofono zhi 支 (aiuto, supporto) proprio a sottolineare questa sovrapposizione tra intento e aiuto. proclamata nello slogan in caratteri.
A completare l’opera c’è il numero 512, la data della catastrofe, il 12 maggio, scritto in stile 3D: rosso è il colore del riempimento, quello del sangue versato, nero è il suo spessore, quello del buio della catastrofe, mentre giallo è il suo outline23Outline (lunkuoxian 轮廓线) – Contorno, profilo delle lettere, la linea esterna del graffito che definisce e modella la struttura del pezzo., uno spiraglio di luce agognato che serve a evidenziare l’importanza del numero. A corollario dell’opera ci sono le firme degli artisti: da sinistra verso destra troviamo prima il nome del gruppo, BJPZ Crew, in blu, poi SOOS in nero, 0528 in rosso e infine MORE in giallo. A sinistra, oltre il pezzo in caratteri cinesi c’è un’ultima scritta riportata sullo spigolo aggettante del muro: Jinian Sichuan 纪念四川 (Commemorare il Sichuan). Lo stile corsivo fortemente grafico con cui Soos l’ha realizzata, e che ha reiterato nei caratteri penzi 喷子 (writer) riportati in verticale sotto di essa, richiamano lo zigzagare delle onde di un sismografo, riprodotte di fianco, che rappresentano la “causa” da cui tutto il pezzo e l’evento che lo ha scaturito hanno avuto origine.
Basket underground
Oltre a pezzi dal contenuto fortemente sociale, la Beijing Penzi ha realizzato molte opere su commissione. Come affermato da Li Qiuqiu, infatti, sono molti i brand con cui la crew ha collaborato, ad esempio: Tiger Beer (dell’Heineken Asia Pacific), Lee Jeans, Casio G-Shok (una marca di orologi da polso), Adidas, Nike, Panasonic e Haier (un’azienda cinese di elettrodomestici). Bisogna inoltre ricordare che la vocazione commerciale fa parte di questa crew ancora prima della sua fondazione: già nel 2001 Li Qiuqiu aveva creato con alcuni amici un marchio commerciale chiamato Shehui 社会 (Società) legato al mondo dello skateboard, con la finalità di promuovere eventi, attività e prodotti legati alla diffusione dello skateboarding in Cina e dell’industria culturale a esso correlata24Lo Shehui collabora spesso con brand legati all’hip-hop, alla cultura di strada e ai graffiti. Organizza concerti indipendenti, promuove la musica hip-hop, disegna skate, ha registrato diversi album musicali sulla cultura dello skateboard in Cina e si occupa della grafica di vestiti, CD, cartellonistica e molti altri oggetti legati al mondo hip-hop. Negli anni è diventato parte importante della cultura underground cinese e di ogni brand a essa legato: https://mp.weixin.qq.com/s/ndjrivhNpMFqG9DzEOBFpg (accesso effettuato in gennaio 2023).. Qualche anno più tardi ha aperto con gli altri membri della crew uno studio di design a Caochangdi, uno dei distretti artistici più importanti della capitale, dove poter vendere la propria arte, prendere commesse per la realizzazione dei graffiti e continuare ad abbellire skateboard e altri oggetti simili (Feola 2013)25Oggi questo studio non è più attivo, ma alcuni membri della crew, tra cui Li Qiuqiu, hanno un proprio studio privato dove continuano a lavorare anche nel campo dei graffiti commerciali..
Tra le opere commerciali realizzate dalla crew, la più famosa è quella eseguita nel 2007 per la Nike (Tav. 1).
Si tratta del graffito che, nel momento della sua realizzazione, era il più alto della Cina, arrivando a toccare i 10 m, e con una larghezza di 3 m!26Il primato è stato surclassato nel 2008 da un’opera del Kwanyin Clan realizzata su una torre alta 20 m. Soos, 0528 e More hanno impiegato due giorni per completarlo e si sono serviti esclusivamente di bombolette spray per realizzarlo. Anche qui, come nel graffito precedente, ritroviamo una scritta in caratteri cinesi, a cui si aggiungono un personaggio dai tratti somatici cinesi ed elementi decorativi, in questo caso architettonici, che appartengono alla tradizione cinese. L’opera è dunque quasi un manifesto della ricerca di “cinesità” cui le opere della crew vogliono tendere. La scritta in caratteri cinesi si trova nella parte alta del pezzo e dà il titolo all’opera: la frase riportata è Wo de lanqiu you jietou dazao 我的篮球由街头打造 (Il mio modo di giocare a basket è figlio della strada). In questa titolazione il richiamo è alla cultura underground di strada, quella dei bassifondi newyorkesi ma anche delle città cinesi, dove il giocare a basket è un modo per passare il tempo in compagnia dei propri amici. La scritta è un pretesto per connettere il luogo in cui i graffiti sono nati (gli USA) e quello in cui si stanno ora sviluppando (la Cina), ovviamente richiamando lo sport oggetto della pubblicità commerciale richiesta dalla Nike. I caratteri sono riportati in stile 3D: il riempimento è di colore rosso con intarsi, lezzi e sottolineature in beige, un outline bianco e lo spessore in verde scuro. Un tripudio di colori e decori da cui si evince il senso di spensieratezza di cui il pezzo è intriso. Lo stile di scrittura è molto arrotondato e giocoso e anch’esso richiama l’idea di leisure che il tema del graffito porta con sé. Nella parte bassa del graffito, il puppet ritratto rappresenta un giocatore di basket che si diverte a palleggiare in strada. Egli indossa infatti un paio di occhiali scuri e un cappellino con la visiera messa al contrario che di certo non possono farci pensare a una partita indoor. Il suo look hip-hop sembra avvicinarlo molto ai realizzatori dell’opera, ma le mani straordinariamente grandi con cui afferra un pallone, su cui è ben visibile il logo Nike, ci ricordano bene qual è la finalità dell’opera e il suo committente. L’ambientazione all’aperto è sottolineata anche dallo sfondo viola su cui si staglia il giocatore: lo skyline è quello di un’antica città cinese con i tetti a pagoda e con al centro un tempio, elemento che identifica il lavoro di 0528. Il tutto reso in uno stile fumettistico molto accattivante. A incorniciare il protagonista del graffito c’è un virgulto sinuoso pieno di boccioli gialli, che è un elemento ricorrente nelle opere di Soos e rappresenta la sua seconda firma. All’interno di uno di questi boccioli, posizionata proprio al centro dell’opera c’è la scritta Nike e, al di sotto, le tre tag degli autori del pezzo (0528, Soos e More) e della BJPZ.
Il graffito è stato realizzato su un pannello montato sulla parete esterna di un negozio del marchio Yaxin, un marchio specializzato nella vendita di prodotti della Nike in Cina. Il negozio è situato a Dongsi, nel centro cittadino, non lontano dalla Città Proibita e rappresenta uno dei templi dell’abbigliamento sportivo della capitale. Proprio a lato del negozio, si trova un KFC (Kentucky Fried Chicken), una catena statunitense di fast food specializzata nel pollo fritto e molto diffusa in Cina. Nonostante ad alcuni di noi possa far storcere il naso, il luogo scelto dalla BJPZ per questa loro opera rappresenta un emblema del consumismo cinese di stampo americano che caratterizza i nostri tempi. I graffiti, che sono nati per opporsi a questo tipo di società che genera disuguaglianze, qui si integrano perfettamente con l’atmosfera circostante e, anzi, diventano catalizzatori e promotori di questo tipo di società iperconsumistica e disimpegnata. Apparentemente si tratta di una contraddizione in termini, ma allora perché? Da cosa nasce la volontà di fare graffiti come questo?
Se si chiede alla crew il motivo per cui si dedica a questo tipo di attività commerciali, la risposta è che rappresentano l’unico modo per guadagnare dei soldi da reinvestire in strada. Sono soldi che la crew usa per comprare le bombolette che servono per “bombardare” di notte le strade di Pechino, la loro attività preferita.
Street bombing
Per alcuni anni le tag della BJPZ27BJPZ Crew, beijing graffiti BJPZ CREW BOMBING IN BEIJING 北京喷子涂鸦团队, video, 6’28’’, pubblicato su YouTube da More-BJPZ il 14 dicembre 2008: https://www.youtube.com/watch?v=3aUl90pXX2w erano onnipresenti in città, in particolare in alcune zone come il parcheggio sotterraneo 3.3 nel quartiere Sanlitun, il Distretto 798, la metro di superficie a Wudaokou, la via Nanluoguxiang nel centro cittadino, il ponte Dawang e l’area di Xinjiekou, oltre che lungo alcune delle principali arterie di comunicazione della città e precisamente sul Terzo e Quarto Raccordo Anulare Nord e sul Terzo Raccordo Anulare Ovest. Oltre al tradizionale tagging-up, throw-up in stile 3D e in stile bubble e alcuni blockbuster (soprattutto del nome della crew), i membri della crew si divertivano ad accompagnare la loro tag con puppet o figure stilizzate di grande riconoscibilità (Fig. 4): 0528 con visi di giovani ragazzi dalla testa oblunga e solitamente dalle fattezze cinesi (Fig. 4, a destra); More, la cui tag sembra riprodurre un viso schiacciato con un becco e due grandi orecchie, con un puppet molto simpatico a forma di cono con due incisivi prominenti e due orecchie rotonde (Fig. 4, al centro); e Soos con un puppet chiamato Xiao R (小 R, Piccolo R) con la testa a forma di fiammella e due soli puntini a fare da occhi, le mani e i piedi affusolati e il corpo tozzo (Fig. 4, a sinistra).
Quest’ultimo puppet ricorda la forma di un virus il cui compito sembra quello di infestare le strade. Quando è in compagnia del puppet di More, Xiao R è spesso accompagnato da vortici e un cuoricino pulsante, un evidente riferimento alla passione che lega questi strani personaggi. I vortici, chiamati xiandao 线道 (lett. strade di linee) (Llys 2015), sono un altro elemento ricorrente nelle opere di Soos e sono diventati una sua cifra stilistica insieme a un altro elemento da lui stesso inventato: le “nuvole-medusa” (shuimo yiyun 水母意云), escrescenze floreali a forma di nuvolette che nascono dai tentacoli di una medusa, che è andata piano piano scomparendo e ne è rimasta solo la sinuosità negli steli di questi strani fiori a pon-pon (vedi i boccioli in Tav. 1). Le “nuvole-medusa” sono ispirate alle lampade a olio con sfiatatoio per il vapore chiamate Kongming deng 孔明灯, la cui paternità è tradizionalmente attribuita a Zhuge Liang (181-234), di nome pubblico Kongming, uno dei più grandi strateghi della Cina antica. Le “nuvole- medusa” sono elementi che, insieme alla scrittura, ai volti e alle architetture cinesi, vogliono esaltare il senso di “cinesità” espresso nelle opere della BJPZ.
Li Qiuqiu, il precursore dei graffiti pechinesi
L’intensa attività di bombing che ha caratterizzato la BJPZ fin dalla sua nascita è comunque diminuita nel tempo e, dopo alcuni anni di alacre impegno per le strade, i membri della BJPZ sono oggi attivi nel realizzare perlopiù opere su commissione e solo di rado hanno tempo di creare in strada (Valjakka 2016, p. 361). Questo perché molti di loro sono padri di famiglia, con poco tempo a disposizione e il bisogno di un’occupazione più stabile per poter garantire la sopravvivenza al loro nucleo famigliare. Li Qiuqiu, per esempio, è oggi padre di due gemelli e, dovendosi dedicare a loro, ha poco tempo per fare graffiti, soprattutto in strada, l’attività che più lo gratificava (Huang 2016). Come, infatti, lui stesso afferma, pur se la crew è tuttora attiva, ognuno dei suoi componenti ha oggi un lavoro diverso ed è difficile realizzare opere tutti insieme (intervista 2021).
Li Qiuqiu è tra i membri della crew quello che ha veramente fatto la storia dei graffiti non solo a Pechino, ma in tutta la Cina. Da molti è infatti riconosciuto come il “padre dei graffiti pechinesi” e il “leader” di questo movimento ed è per questo soprannominato da tutti il “vecchio boss” (laoda 老大) (cfr. sezione Video, film Crayon 2012). Li Qiuqiu è nato nel 1978 e ha ormai 44 anni, ma ha iniziato a fare graffiti nel 1996 (Valjakka 2016), quando ne aveva solo 18. Inizialmente non faceva writing ma rappresentava semplici figure servendosi della bomboletta spray; attorno al 1999-2000, ha iniziato a usare e scrivere la sua tag “0528”, marcando il proprio territorio attorno alla città vecchia di Pechino (Wang 2016).
In realtà, se gli si chiede quando ha iniziato a fare graffiti, Li Qiuqiu racconta: «Penso che tutto abbia avuto inizio già ai tempi della scuola elementare, perché sin da piccolo amavo dipingere e all’epoca utilizzavo spesso gessetti e pennelli per scrivere e disegnare sui muri» (intervista 2016). Insomma, un writer nato. Un writer a cui però inizialmente mancava una tag. La scelta, come racconta Li Qiuqiu, è avvenuta così: «0528 è la data del mio compleanno [il 28 maggio]; scelsi questa tag perché speravo che tutti potessero ricordarsi quando sono nato!» (intervista 2016). Una scelta forse un po’ eccentrica ma che ricorda le tag numeriche dei primi writer newyorkesi, anche se quelle erano legate ai numeri civici delle loro case di residenza. Nel fare del proprio giorno di nascita la sua tag personale, 0528 sarà successivamente imitato da un membro di un’altra importante crew pechinese, la TMM crew, la cui tag è “525”; il writer 525 è infatti nato il 25 maggio. Dunque, anche nella scelta della tag Li Qiuqiu sembra aver fatto scuola, ma la sua influenza non si limita solo a questo.
Per Li Qiuqiu, l’avvicinamento all’arte dei graffiti è stato mediato da un’altra delle sue grandi passioni: lo skateboard. Li Quiqiu, infatti, andava spesso nel quartiere Wudaokou a far pratica con lo skate insieme ad alcuni amici e questo gli ha aperto le porte per penetrare nella cultura hip-hop (Huang 2016). Come già accennato, è grazie a questa sua passione che ha incontrato More e, proprio tramite questo incontro, è venuta l’idea di creare la BJPZ crew (per More cfr. ibid.). Ed è sempre grazie allo skate che nel 2001 Li Qiuqiu ha fondato insieme ad altri amici il marchio Shehui 社会 (cfr. § Basket underground), tuttora molto attivo e per cui Li Qiuqiu continua a lavorare, occupandosi di grafica e brand dissemination. Nonostante Li Qiuqiu non abbia mai disdegnato il lato “commerciale” del fare graffiti, l’intento primario della sua arte è molto legato alla “vecchia scuola” e al desiderio di “bombardare” la città con le sue tag e i suoi pezzi come atto di denuncia e di ribellione, pur non essendo le sue opere eversive o sovversive. Non è un caso che 0528, più di dieci anni fa, si rifiutò di fare graffiti sul tema delle Olimpiadi presso il Distretto 798, nonostante il governo fosse stato il committente dell’opera. E questo perché, come lui racconta, si voleva sentire libero di fare quello che voleva e dove voleva, non ammettendo che le cose gli fossero imposte dall’alto28Un altro motivo è che non era previsto un rimborso spese per le bombolette, né un compenso per il lavoro svolto. (film Crayon 2012). Proprio grazie al fatto di sentirsi uno spirito libero, i suoi “contatti” con la polizia non sono stati affatto rari (Wang 2016)29In un’intervista a Li Qiuqiu, riportata in Wang 2016, si legge: «Numerose sono le volte in cui è stato fermato dagli “ispettori cittadini”, portato in carcere e costretto a ripulire i muri da lui stesso dipinti».. Come da lui ricordato, il primo incontro avvenne nientemeno che durante le scuole superiori, quando stava facendo dei graffiti vicino al Tempio del Cielo, uno dei monumenti più importanti della città. I poliziotti gli sequestrarono la carta d’identità, che il giorno dopo il padre richiese indietro, e in cambio Li Qiuqiu dovette ridipingere il muro com’era prima del suo intervento. L’esperienza peggiore fu invece nel 2010 ad Amsterdam, dove dipingere sui muri è reato. In quell’occasione Li Qiuqiu venne infatti arrestato e rimase in custodia cautelare per 24 ore e per uscire di prigione dovette pagare una multa di 370 euro, una cifra esorbitante per le sue tasche!
L’aneddoto più divertente fu invece nel 2006 a Tianjin, una grande città poco distante da Pechino. In quell’occasione, mentre stava dipingendo, la polizia gli si avvicinò e gli disse che il muro sul quale stava disegnando apparteneva a un edificio governativo e precisamente al Comune, fatto del tutto inaccettabile, per cui lo prelevarono e lo portarono in commissariato. Lì uno dei poliziotti dichiarò di conoscere e apprezzare molto la sua arte e disse agli altri poliziotti che l’arrestato era un artista e, grazie al suo intervento, dopo 24 ore di fermo, Li Qiuqiu venne rilasciato senza dover pagare una multa (film Crayon 2012).
Gli “incontri” con la polizia non sono stati rari nemmeno per gli altri componenti della crew. More racconta, per esempio, che è molto comune per lui e per gli altri membri essere prelevati dai poliziotti e questo perché, quando fanno bombing, operano perlopiù di notte. Per More, l’esperienza più pesante fu quando si trovava a fare graffiti nello Shanxi, una regione situata vicino alla municipalità di Pechino, dove per essere rilasciato dovette pagare una multa di 300 yuan cinesi, circa 40 euro (ibid.). Zak, invece, venne preso la prima volta dalla polizia quando si trovava alla stazione metro di Andingmen a Pechino e stava scrivendo la sua tag con un marker30Marker (makebi 马克笔) – Pennarello utilizzato per realizzare tag. sulla porta del vagone della metropolitana. Come racconta, quella è stata la prima di una lunga serie di fermi e ogni volta era costretto dalla polizia a cancellare ciò che aveva fatto. Quello che inoltre ha notato dalla sua esperienza è che durante le ricorrenze o gli eventi importanti che si svolgono in città è più facile essere arrestati perché ci sono molti più controlli (ibid.). A differenza di quanto accade da noi, in Cina, non essendoci una legge precisa che regola l’imbrattamento dei muri, i writer sono perlopiù tollerati e le pene sono minime: di solito si riducono a piccole sanzioni pecuniarie o all’ordine di ricoprire ciò che si è fatto, anche se questo non significa passare inosservati alle forze dell’ordine. Comunque, come esperito da Li Qiuqiu ad Amsterdam, c’è una bella differenza da quello che succede in Occidente! Oltre a essere riconosciuto come il padre dei graffiti pechinesi, Li Qiuqiu è sicuramente uno dei pionieri nello sviluppo di uno “stile cinese”. Molto probabilmente è lui il primo a sperimentare l’uso di caratteri cinesi nei suoi graffiti, sicuramente è il primo di cui abbiamo una documentazione fotografica. Tra le prime immagini di pezzi in caratteri a Pechino ci sono, infatti, due opere di Li Qiuqiu (Tav. 2, Fig. 6) fotografate nel 2005 da Liu Yuansheng (a.k.a. Llys), un professore in pensione con la passione della fotografia, che dal 2004 documenta lo sviluppo dell’arte dei graffiti locali, andando in giro per la città in cerca di opere da fotografare e diffondere attraverso il suo blog ufficiale.
Nella prima di queste due opere (Tav. 2), Li Qiuqiu dipinge a sinistra la testa di un nero, al centro la sua tag “0528” e a destra i due caratteri del marchio Shehui 社会 (Società). Il personaggio rappresentato è tipico di questa fase iniziale della sua carriera, in cui Li Qiuqiu disegna «enormi teste di uomini con gli occhi spesso socchiusi, le labbra turgide, il naso camuso, talvolta con gli occhiali e con la testa calva o dalle fattezze di uomo di colore» (Li 2016). Lo stile è sempre caricaturale e l’idea di queste grandi teste è probabilmente derivata dagli enormi profili utilizzati da Zhang Dali nella sua serie Dialogue and Demolition (Fig. 2). Li Qiuqiu ammette infatti che Zhang Dali, in un certo qual modo, ha influenzato la sua arte (Valjakka 2016, p. 361), insieme ad altri street artist quali Banksy, Bonzai, Hobey, Kobra e Chinaman (Li 2016)31Nella medesima intervista (Li 2016), Li Qiuqiu dichiara che ulteriori fonti di ispirazione per la sua arte sono state i fumetti di Otomo Katsuhiro e Kim Jung Gi. I suoi gusti musicali si orientano, invece, su musicisti, cantanti, compositori e rapper come 2pac, Nan, Wu Tang, Bob Marley, Mozart e Paquito (D’Rivera), mentre in ambito letterario è un appassionato delle opere di Wang Shuo, Jin Yong e Gu Long. Senza dimenticare i suoi amici e la sua famiglia, che hanno avuto un forte impatto sul suo stile.. Per quel che riguarda la struttura compositiva di quest’opera, vediamo che al centro campeggia la tag “0528”, riportata in stile 3D con doppio spessore in azzurro e blu e privo di riempimento. La tag è accarezzata dalla lunga mano del personaggio “capellone” sulla sinistra, a creare un senso di continuità tra questi due elementi. L’andamento sinuoso della scritta, così come la colorazione, ricorda le onde del mare e le sgocciolature sotto il numero richiamano la sensazione acquatica espressa dal pezzo. I due caratteri cinesi a destra, non a caso, si stagliano su uno sfondo di bolle blu e richiamano i medesimi colori della scritta precedente: il riempimento è azzurro, l’outline è bianco e lo spessore è blu. Il pezzo è stato realizzato a Wudaokou, uno dei quartieri più internazionali e più vocato ai graffiti nella città di Pechino, su uno dei tanti muri che recintano le zone residenziali, isolandole dal resto del quartiere, come ghetti che ben separano le persone abbienti dal resto della popolazione. La scelta di un luogo di questo tipo non è stata certo casuale e nasconde sicuramente una sottesa denuncia di tipo sociale. Lo stile di scrittura utilizzato per i caratteri cinesi è geometrico e ricorda la “scrittura regolare” (kaishu 楷书), uno stile calligrafico facilmente intellegibile in cui tutti i tratti sono distinti e distinguibili.
Un’evoluzione di questo stile geometrico qui un po’ ingessato lo troviamo in opere come Bie feihua 别废话 (Niente parole superflue, 2006), in cui nelle linee si sente l’influenza dello stile grafico utilizzato nel suo tagging-up e, nello stesso tempo, dello stile bubble usato in opere come Penzi’er 喷子儿 (2005, Fig. 5).
Rispetto a Shehui 社会 del 2005 (Tav. 2), in opere come Bie feihua o in altre di poco successive, alcuni tratti si arrotondano senza perdere del tutto la loro geometria, ma risultando più fluidi. Si giunge così a uno stile di scrittura, caratteristico di Li Qiuqiu, in cui i tratti sono talvolta stondati, talvolta ortogonali, in un sapiente gioco di difficili equilibri. Il suo secondo pezzo in caratteri cinesi del 2005 di cui abbiamo documentazione fotografica è Penzi’er 喷子儿 (Fig. 5) ed è stato realizzato nel Distretto 798, un’altra zona di importanza storica per i graffiti pechinesi. Il graffito è composto da tre caratteri pen zi er 喷子儿 che insieme significano “writer”. I primi due caratteri sono gli stessi utilizzati nella seconda parte nome della crew (penzi), a cui qui è stato aggiunto il suffisso “er” 儿, finale tipico del gergo pechinese. Grazie a questa piccola aggiunta, i natali del pezzo o perlomeno del writer che li ha realizzati sono resi inequivocabili. Lo stile di scrittura è completamente diverso dall’altro pezzo del 2005 (Tav. 2): si tratta di un bubble molto arrotondato in cui i tratti dei caratteri vengono uniti insieme, come nella scrittura corrente o semicorsiva (xingshu). Anche lo stile 3D viene impiegato: il riempimento è un tripudio di colori e sfumature che vanno dal blu al verde e al rosso, lo spessore e l’outline sono invece di colore nero. Questa commistione di stili, in cui il charactering32Charactering – Termine da noi coniato per indicare lo stile dei caratteri nei pezzi di writing (cfr. Lettering nel Glossario) o l’uso di caratteri cinesi nelle opere. risulta tridimensionale, con più colori all’interno solitamente riportati longitudinalmente, in cui i tratti vengono allungati, arrotondati e stenografati come nella scrittura corrente e in cui varia sempre lo spessore dei tratti come nella calligrafia, sono una cifra stilistica molto riconoscibile nelle opere di Li Qiuqiu. Come nell’opera Shehui (Tav. 2), anche qui lo sfondo è un intrico di bollicine, le onde sono riprodotte all’interno dei caratteri (nella sezione centrale) e in più c’è il viso di una foca (o un pinguino) in basso a sinistra, elementi che nuovamente richiamano un’ambientazione acquatica. Attraverso questa suggestione marina, in queste due prime opere analizzate (Tav. 2 e Fig. 5), Li Qiuqiu sembra dunque restituirci un mondo in cui tutto è fluido e volatile, come le onde e le bolle, come le architetture, i muri e l’arte di strada, e, allo stesso tempo, conferisce quel pizzico di brio alla composizione, che ritroviamo talvolta nei suoi graffiti.
Un’altra importante opera in cui Li Qiuqiu utilizza estensivamente i caratteri cinesi è quella che realizzò nel giugno 2006 nel parcheggio sotterraneo del centro commerciale 3.3 nel quartiere Sanlitun (Fig. 6). Si tratta di un’opera commissionata a 0528 e altri famosi writer dal proprietario del mall, con la finalità di attrarre una clientela giovanile. L’iniziativa si rivelò un grande successo tanto che venne ripetuta nel 2011 e alcune delle opere fatte in quell’occasione sopravvivono ancora oggi (Bonniger 2018, p. 22)33Nel 2011, il giornalista statunitense Lance Crayon venne chiamato a testimoniare l’evento e ne rimase così colpito che nel 2012 decise di dare vita al primo documentario sui graffiti a Pechino intitolato Spray Painting Beijing. Graffiti in the Capital of China.
Il pezzo di Li Qiuqiu, che si sviluppa su due diverse porzioni del muro, è composto da due puppet, una scritta in charactering e varie altre scritte in cinese e in inglese realizzate con una linea unica (one-liner). Il primo puppet, in stile fumettistico, rappresenta una maialina con il caschetto, le dita esposte in segno di vittoria e un vestitino estivo con al centro il carattere chi 吃 (mangiare). Di fianco, c’è la scritta in caratteri di grandi dimensioni Wan 65 jiu shi xintiao 玩65就是心跳 (Giocare a 65 è al cardiopalma). Il numero 65 si riferisce a una delle più grandi piattaforme di videogiochi online della Cina e l’utilizzo di questo riferimento è una chiara volontà di rivolgersi a un pubblico giovanile. Lo stile 3D della scritta è giocato sul riempimento bicromo rosso e celeste, distribuito a fasce, e sullo spessore viola, che richiama lo stesso colore dell’outline. La scrittura ricorda quella corrente o semicorsiva con molti tratti uniti in un’unica “pennellata” e l’andamento dei tratti è sempre sinuoso e arrotondato come fossimo di fronte a un marshmallow. Si tratta di un tipo di stile che Li Qiuqiu utilizzerà spesso anche in altre sue opere, erede del suo primo stile bubble (Fig. 5).
L’espressione in caratteri Wan 65 jiu shi xintiao 玩65就是心跳 la ritroviamo anche nella scritta riportata sopra il cappello del secondo puppet, un giovane con indosso un berretto con visiera. Qui lo stile calligrafico è simile a quello precedente, ma i tratti sono semplici linee nere ottenute con un solo spruzzo di bomboletta. Lo stesso stile di scrittura, molto accattivante e dall’alta valenza grafica, ricorre anche nella parola Fuck, riportata sul berretto del personaggio, nei caratteri kaishi 开始 (lett. iniziare), posizionati in direzione del suo dito, e nella sua tag “0528”, posta al di sotto della sua mano (le ultime due si ritrovano anche nell’altra sezione dell’opera). Caratteristica dello stile qui adottato sono i puntini con cui terminano le linee e i lezzi che le evidenziano. Anche questo genere di scrittura si ritrova in moltissime opere successive di Li Qiuqiu, e in particolare nelle sue tag.
Il secondo puppet rappresenta un writer, o comunque un giovane intriso di cultura hip-hop, e questo è ben evidente dal suo abbigliamento (cappello con visiera e T-shirt larga), dalla sua espressione scontrosa e da quell’ingiurioso Fuck riportato sopra il suo berretto. Le fattezze sono quelle caratteristiche dei puppet di 0528 (faccia grande, occhi a mandorla, labbra turgide e naso camuso) e i tratti somatici sono quelli tipici di un giovane cinese. I colori con cui il puppet è realizzato sono irrealistici (pelle viola, occhi e bocca gialli, ombre rosse), ma sono un chiaro richiamo ai colori utilizzati nell’altra sezione del pezzo e nelle frecce che fanno da sfondo. La scelta di ritrarre un puppet come questo è sicuramente legata al target dell’opera e all’intenzione di proporre un alter ego della frangia più contestataria della nuova generazione, in cui i giovani possano riconoscersi.
Anche se si tratta di un’opera commerciale, questo graffito è di grande importanza per lo sviluppo stilistico dell’arte di Li Qiuqiu perché in esso ritroviamo stili di scrittura e personaggi che caratterizzeranno la sua produzione futura: lo stile di scrittura utilizzato nel charactering lo ritroveremo in altre opere similari ma su strada, il puppet del giovane writer è una chiara evoluzione dei visi di teste calve fin qui rappresentati spasmodicamente e lo stile di scrittura realizzato con la sola linea nera diventerà un marchio di fabbrica nelle sue opere successive. Questo stile di scrittura sarà inoltre usato in un’espressione ricorrente nei suoi graffiti che è Bie feihua 别废话 (Niente parole superflue), una specie di sua seconda firma che lui utilizza spesso nell’attività di bombing.
Lo stile è molto grafico con tratti di uscita allungati ed è caratterizzato da frequenti cerchi e uncini. Il significato è un monito contro l’insensatezza del linguaggio che pervade oggi la quotidianità e contro il bombardamento di informazioni politiche, sociali ed economiche cui si è giornalmente sottoposti. Questa iper-esposizione al linguaggio porta spesso a svuotarlo di significato, oggi come ieri. In Cina un processo simile era infatti occorso anche durante gli anni della Rivoluzione Culturale (1966-1976), in cui tutto era ridotto a slogan, a una ripetizione obbligata e senza senso di dichiarazioni propagandistiche. Il linguaggio è invece una cosa seria, sembra dirci Li Qiuqiu, le parole vanno soppesate e non sprecate, ma selezionate e riempite di senso, perché ciò che ci dà senso è la narrazione e la narrazione altro non è che una concatenazione “sensata” di parole. Uno spunto interessante su cui far riflettere i passanti che distrattamente incrociano queste scritte mentre passeggiano per le strade cittadine.
Come abbiamo visto, Li Qiuqiu ricorre spesso all’uso della lingua cinese nelle sue opere per cercare di intercettare il suo pubblico e carpire l’attenzione, rendendosi comprensibile. Per fare ciò, oltre alla scrittura cinese si serve di molti elementi visuali cinesi, prediligendo volti dai tratti somatici orientali (Fig. 3), che alcune volte sembrano quasi caricature di Mao (come in un graffito che eseguì sempre nel 2006 nel parcheggio del mall 3.3), oppure draghi (come in un’opera del 2012 in cui un enorme drago tiene stretta tra i suoi artigli una tessera di mahjong), bambù e fiori di loto su rami di pruno. Perché Li Qiuqiu sceglie proprio questi elementi? Il volto cinese è sicuramente qualcosa in cui identificarsi e la rappresentazione di Mao è un emblema della Cina moderna ed è un’immagine a cui i cinesi sono abituati, se non assuefatti. Basti pensare ai poster di propaganda che durante la Rivoluzione Culturale riempivano i muri delle città (Landsberger, Min, Duo 2015) e all’enorme ritratto di Mao che campeggia tuttora in piazza Tian’anmen, stagliandosi sulle mura rosse della Città Proibita. Il drago è la creatura per eccellenza della tradizione cinese e rappresentava l’alter ego dell’imperatore. Il fiore di loto è un altro simbolo che spesso si associa all’Oriente, infatti, nel buddhismo è l’emblema della purezza. Infine, il bambù e il pruno sono considerati due dei cosiddetti “quattro saggi” nella tradizione pittorica cinese: il bambù, dritto, sempre verde, cavo e flessuoso, è simbolo di modestia, onestà, rettitudine e apertura mentale, tutte caratteristiche attribuite tradizionalmente al perfetto gentiluomo cinese (Illouz 1989, p. 57), mentre il pruno dai rami spogli e nodosi su cui punteggiano delicatissimi fiorellini incarna qualità come il vigore, la longevità, la resistenza e l’indipendenza (ivi, p. 60).
Utilizzare questi elementi nei suoi graffiti significa dunque per Li Qiuqiu rifarsi alla tradizione cinese e richiamare quella cultura ricca e antica di cui parlava la crew nelle sue intenzioni programmatiche. Sicuramente la finalità è quella di avvicinare i cinesi a una forma d’arte a loro pressoché sconosciuta (i graffiti) attraverso elementi che risultino familiari e, nello stesso tempo, è un tentativo di portare un tipo di “cinesità” nella sua arte che la renda identificativa.
Li Qiuqiu, però, non si è limitato a rappresentare questo universo, ma lo ha reinventato in maniera del tutto originale: non si è fermato alla pura rielaborazione in forma caricaturale o fumettistica e al rimescolamento di elementi tradizionali (ad es. ritraendo talvolta i fiori di loto su rami di pruno), ma ha fatto qualcosa di più. Egli ha dato vita a un’entità del tutto nuova, chiamata Fangshen 房神 (Spirito della casa), riconoscibilmente cinese e ispirata all’architettura tradizionale, facendone una delle sue cifre stilistiche. Questa entità è la personificazione di una casa tradizionale cinese (Tav. 3): il suo portone d’ingresso si trasfigura nel viso dello spirito dall’espressione assorta quasi meditativa o forse sonnolenta, il tetto sono i suoi capelli o una specie di sontuoso cappello e le colonnine a lato del portone diventano due lunghe ciocche di capelli che contornano il viso. Dalle due chiome spesso spuntano delle lanterne cinesi che sembrano degli elastici da cui, a loro volta, fuoriescono altre frange di finti capelli. In alcune di queste rappresentazioni il corpo dello spirito si materializza sotto il volto “architettonico” con indosso abiti tradizionali e le mura di recinzione della casa, che si dipanano a destra e a sinistra del portone, si chiudono a cerchio diventando il sostegno di un grosso cesto di bambù che lo spirito sostiene sulle sue spalle, dal quale fuoriescono picchi di montagne e nuvole bianche. Le vette ricordano le cosiddette “montagne degli Immortali”, dimora delle divinità taoiste, mentre le nuvole richiamano il “motivo decorativo a nuvola” (yunwen 云纹) tradizionale cinese, che ritroviamo molto spesso nei manufatti cinesi antichi. Talvolta le mani e le movenze di questo spirito sembrano, infine, mimare delle pose tipiche delle arti marziali cinesi o alcune mudra (posizioni delle mani) del Buddha. Così come il suo viso può arrivare a trasfigurarsi nella figura di un panda, un simbolo per eccellenza di tutta la Cina.
Insomma, tutto in questo “spirito della casa” richiama i suoi natali inequivocabilmente cinesi. Anche l’origine del suo nome nasce da una suggestione popolare. In Cina, con il termine “spirito della casa” si indicava una serie di piante spontanee che nascevano sui tetti delle case e avevano la funzione di ancorarne le tegole, rendendole più stabili. Da qui il nome washen (瓦神), “spiriti della casa”, “divinità delle tegole”. Si tratta di piante che sono sempre state considerate di buon auspicio per i componenti della famiglia, che abitavano la casa su cui nascevano, e venivano usate anche nella farmacopea cinese con funzione taumaturgica. Sono piante molto tenaci, crescono in condizioni proibitive e resistono a qualsiasi tipo di condizioni atmosferiche. Scegliendo il nome Fangshen, Li Qiuqiu vuole dunque evocare lo spirito di resistenza e resilienza incarnato da queste piante e che lui invoca perché torni a dimorare nei quartieri antichi della sua città, sempre più deturpati dalla speculazione edilizia aggressiva e brutale. Il nome del puppet è poi stato cambiato in Fanxian (梵仙, figura celestiale di nome Fan)34È questa la traduzione suggerita dallo stesso Li Qiuqiu, il quale indica di prediligere prima la traslitterazione fonetica, per poi passare a tradurre il significato del nome. Tratto da un messaggio via WeChat di Li Qiuqiu ad A. Iezzi, 16 marzo 2021., con caratteristiche che si rifanno sia al buddhismo che al Taosimo. Il nome Fanxian si traduce letteralmente “immortale buddhista”: Fan 梵 in cinese significa “buddhista”, mentre Xian 仙 significa “immortale taoista”. Nelle intenzioni di Li Qiuqiu, si tratta di un nome più romantico del precedente e che ha maggiore sapore poetico, meno diretto e immediato, in cui al concetto di “spirito, divinità” (shen) è stato sostituito quello di “immortale” (xian), due cose molto diverse tra loro. Lo spirito o la divinità sono entità che risiedono stanzialmente nel Cielo, mentre un immortale taoista è un uomo che è diventato immortale praticando l’ascetismo e l’austerità. Il legame con la mondanità e l’origine spiccatamente e prosaicamente umana vuole dunque essere sottolineata ed enfatizzata.
Come ha raccontato Li Qiuqiu:
Si tratta di una serie a cui ho iniziato a pensare nel 2003, ispirato da coloro che lavorano trasportando beni sulle spalle nelle zone montagnose dello Yunnan (una provincia situata nel sud-ovest della Cina). Nella vita di tutti i giorni ciascuno di noi sembra una macchina che ripete sempre le stesse azioni, il medesimo lavoro e la routine quotidiana. Esattamente ciò che succede a questi trasportatori montanari, pur se loro sopportano una vita ben diversa dalla nostra e nonostante le grevi difficoltà continuano ad andare avanti. Questo loro spirito che non teme le difficoltà e ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilità mi ha contagiato. Io ho dunque unito l’architettura più orientale che c’è con i cesti portati sulle spalle da questi trasportatori montanari per riflettere l’attitudine e il luogo da cui provengo. Ho fatto indossare questa imbracatura a diversi puppet e animali e li ho ritratti attraverso uno stile per metà cartoonistico, per metà realistico, in modo da conferire loro un’aurea divina da creature celestiali. Dai miei studi sul buddhismo e sul taoismo, ho compreso che diventare un immortale o una divinità non è il fine ultimo di queste dottrine, l’obiettivo è invece tramettere amore e bontà d’animo ed è da queste considerazioni che è nato il nome Fanxian. Da sempre il mio obiettivo principale è stato esprimere attraverso un’immagine esemplare e distintiva esperienze, sentimenti e stati mentali […]. (intervista 2021)
Nonostante Li Qiuqiu concepisca queste Fanxian già nel 2003, è solo nel 2007 che esse vengono rappresentate per la prima volta ma, come supporto per questi primi esperimenti, usa la tela. In quello stesso anno, 0528 inizia a rappresentare sui muri alcuni tetti tradizionali: sono i medesimi tetti che fungeranno da “cappello” alle future Fanxian. I primi embrioni di Fanxian outdoor sono stati realizzati nel 2008. Il primo su muro, di cui abbiamo documentazione fotografica, è stato realizzato nel Distretto 798, mentre il primo su pannello è un’opera commissionata dalla Nike, riprodotta sulla parete del Nike 706 Art Space, presso il 798 in occasione dell’inaugurazione di un progetto legato al Lebron Experience Center per diffondere il gioco del basket (e i suoi prodotti) in Cina. Da quel momento, la Fanxian è diventata un’icona dell’arte di Li Qiuqiu, come da lui stesso affermato (intervista 2016). È un’immagine tuttora molto presente nella sua arte, arrivando a indossare diverse vesti, per esempio di suonatrice di liuto o di flauto, di panda o di tigre, e persino di surfista o di foca e la sua trasformazione ci permette di ripercorrere tutte le tappe dell’evoluzione stilistica di Li Qiuqiu. Il connubio più felice di questo elemento con il suo luogo di realizzazione avviene quando viene raffigurato sui muri di edifici in demolizione. In questi casi, il graffito sembra ridare un’anima a un luogo a cui quell’anima è stata sottratta e frantumata, rendendo quella costruzione in via di sparizione “immortale”. È questa la funzione di queste creature celestiali: continuare ad abitare quei luoghi che, anche se materialmente demoliti dalla furia delle ruspe, continuano a essere vivi “spiritualmente” e a raccontare la vita delle persone che vi hanno abitato. È lì che l’opera di Li Qiuqiu acquisisce tutta la sua vena polemica e diventa un velato atto di denuncia contro la speculazione selvaggia e la drammaticità delle demolizioni di massa imposte dal governo, che hanno distrutto il tessuto storico e sociale di gran parte della Pechino antica.
Nonostante la produzione artistica di Li Qiuqiu sia oggi occupata soprattutto da queste Fanxian, 0528 continua ancora a utilizzare estensivamente la scrittura cinese nelle sue opere e a fare graffiti costituiti da caratteri cinesi. Ne è un esempio un’opera recente realizzata insieme a Corw nel 2020, in cui i due writer riportano a caratteri cubitali l’espressione Qingwu tuya 请勿涂鸦 (Please no graffiti) (Tav. 5).
Si tratta di un’opera dal sapore molto politico poiché è stata realizzata lungo la Jingmi Road, che è stata la più importante hall of fame di Pechino per diversi anni, e dove, come racconta lo stesso Li Qiuqiu, un tempo c’erano tantissimi graffiti. In seguito, sono stati tutti cancellati dal governo e sostituiti dal grigiore di un lunghissimo muro anonimo, puntellato qua e là da stencil di colore nero con la scritta Qingwu tuya 请勿涂鸦 “No graffiti”, apposti dal governo stesso.
Come atto di protesta, Li Qiuqiu e Corw hanno dunque deciso di dipingere un graffito che contenesse il medesimo testo degli stencil, ma lo hanno fatto servendosi di colori sgargianti e simpatiche animazioni in modo da dare nuovamente vita a quel muro inespressivo, che invece un tempo era stato fulcro di una creatività condivisa. In seguito a questo atto di ribellione artistica, molti altri writer hanno seguito il loro esempio e sono andati lì a riempire nuovamente quel muro di graffiti. Un bell’esempio di protesta pacifica a suon di bombolette.
In conclusione, si può affermare che Li Qiuqiu si configura come un vero e proprio pioniere dell’arte dei graffiti in Cina e della creazione di uno stile cinese in cui dal bombing alla realizzazione di pezzi elaborati, dal semplice writing alla rappresentazione di elementi figurativi e decorativi (che sembrano virare sempre più verso la street art) tutto può essere ricondotto alla sua origine peculiare. Li Qiuqiu è infatti uno dei pochi che è riuscito a passare dall’emulazione degli stili e degli stilemi occidentali alla creazione di qualcosa di nuovo e originale riconoscibilmente cinese: un vero punto di riferimento per lo sviluppo dei graffiti in tutta la Cina.
Il Kwanyin Clan alla ricerca di uno stile cinese
Tra le numerose crew che operano negli ultimi 15 anni nella città di Pechino, un ruolo di grande rilevanza ha il Kwanyin Clan. La crew è stata fondata nel giugno del 2006 nel distretto artistico 798 di Pechino da EricTin (a.k.a. Tin), Yumi, Quan e Jev (a.k.a. Jer), a cui nel 2007 si sono aggiunti Nat(uo), Ap (Art), Keno, Viga, Jak e Scav (a.k.a. Scar) (Valjakka 2016, p. 361). In realtà, il numero dei componenti della crew è sempre stato molto altalenante: per esempio, secondo quanto riportato da EricTin nel suo blog, nel 2009 la crew era composta da nove membri: Ap, Keno, Scar, Jer, Tin, Yumi, Viga, Nat e Jak, aggiuntosi in quell’anno. Nel 2008, invece, si contavano ben 12 componenti: Daiyan (Quanr), Liu Zheng (Guantou, Eric_Tin), Song Tongshu (Yumi), Zheng Xuezhi (Apart), Jianshu (Jer), Lu Daning (Nat), Xu Yan (Scar), Lu Jiayin (Joey), Tang Mi (Keno), Xu Ou (Pluto), Xue Wenhao (Viga) e Jitou (Ctn) (cfr. sezione Video, Guanyin 观音 2008).
Attualmente sono solo quattro i membri attivi della crew: EricTin, Viga, Jjj e Shala. Questa variabilità nei numeri è dovuta, da una parte, al senso di apertura che caratterizza la crew e, dall’altra, alla volubilità di alcuni dei suoi componenti che solo per un breve periodo della loro vita si sono dedicati ai graffiti, come fosse un hobby, per poi tornare ad attività più stabili, un fatto molto comune nelle crew cinesi (Valjakka 2015, p. 263).
Il Kwanyin Clan è una delle prime crew costituitesi nella capitale e la massima rappresentante di un filone di ricerca all’interno della graffiti art in Cina definito Chinese Style Graffiti35Guanyin 观音 (KWAN-YIN) crew – Chinese Style Graffiti, video, 2’30’’, estratto da un’intervista di 100du.tv, pubblicato su YouTube da billdisc il 27 febbraio 2008: https://www.youtube.com/watch?v=gpAJdXNKKJc(Zhongguo tese de tuya yishu 中国特色的涂鸦艺术), che prevede l’utilizzo dei caratteri cinesi all’interno di pezzi di writing e di richiami molto forti alla propria tradizione artistico-culturale. Volontà programmatica della crew è, infatti, quella di fondere la graffiti art con la cultura cinese, implementando la diffusione di questa forma artistica nella Cina contemporanea. Nella loro pagina Flickr si legge: «La crew si dedica alla diffusione e allo sviluppo dell’arte dei graffiti in Cina e ne esplora da sempre la fusione con la cultura cinese» (Flickr Kwanyin Clan).
Anche la scelta del nome della crew è perfettamente in linea con questo proposito: il nome Kwanyin (Guanyin 观音) fa esplicito riferimento al Bodhisattva Guanyin, una delle divinità più importanti del pantheon buddhista. I bodhisattva sono saggi compassionevoli che, pur avendo ottenuto la liberazione perché hanno raggiunto la bodhi (illuminazione), vi rinunciano per assistere gli uomini e guidarli verso la salvezza e per questo sono oggetto di culto e di venerazione. Guanyin è il corrispettivo cinese del bodhisattva indiano Avalokiteśvara, il bodhisattva della compassione. La scelta della crew di chiamarsi come questo bodhisattva è dovuta al fatto che, sin da quando il buddhismo si diffuse in tutta la Cina durante l’epoca Tang (618-907), Guanyin divenne il bodhisattva più popolare e il più conosciuto in tutto l’impero, tra i tanti che vennero introdotti sul suolo cinese, e continua a esserlo tuttora. Questo perché, per adattarsi alla nuova situazione, subì delle forti modificazioni che lo portarono a cambiare le sue fattezze da maschili in femminili. La scelta del nome Kwanyin implica dunque l’idea fondante della crew, secondo la quale i graffiti, provenendo da una cultura straniera, hanno bisogno prima di tutto di integrarsi e fondersi con la cultura e la società cinesi, di “sinizzarsi”, se vogliono essere conosciuti e amati come il bodhisattva di cui portano il nome (cfr. Flickr Kwanyin Clan).
L’eco buddhista del nome si riverbera anche nel primo logo ideato dal gruppo (Fig. 7), in cui l’immagine del fiore di loto, simbolo del credo buddhista, è reiterata per ben due volte: sulla destra, è disegnata in maniera meticolosa, evocando la sua forma tradizionale; sulla sinistra, invece, è riportata in forma stilizzata e geometrica. In corrispondenza delle corolle dei due fiori non c’è la figura del Buddha, come ci aspetteremmo, bensì il nome della crew: sulla destra è stato abbreviato con il carattere non semplificato Guan 觀, che sta per Guanyin, mentre sulla sinistra è scritto per esteso in lettere latine e in forma di graffiti tag “Kwan-Yin”.
Questa doppia firma si ritrova spesso all’interno delle opere del Kwanyin Clan e riassume efficacemente la loro mission creativa: creare un ponte (rappresentato dalle loro opere) che sia in grado di avvicinare il più possibile la Cina (il loto a destra) all’Occidente (il loto a sinistra) in modo da «far progredire con uno slancio dirompente» l’arte dei graffiti in Cina, così come dichiarato nel loro motto riportato sotto il logo (push forward with an overwhelming momentum). Nel 2017 il logo è stato modificato e ora è composto dalle sole lettere KWAN, scritte in maiuscolo.
Il periodo di massima attività della crew va dal 2006 al 2009-2010, quando molti membri della crew, che erano allora studenti in accademie d’arte o di design a Pechino, hanno ottenuto la laurea e sono stati costretti ad abbandonare l’arte dei graffiti per dedicarsi ad attività più redditizie che permettessero loro di sostenere se stessi e le proprie famiglie (Valjakka 2016, p. 361). Il primo pezzo e il primo mural (opera complessa di grande formato, che ricopre il muro in tutta la sua altezza e composta da più pezzi di writing e alcuni puppet) attestati della crew risalgono entrambi al dicembre del 2006 e da questi primi tentativi vengono fuori all’incirca un centinaio di graffiti documentati di medie e grandi dimensioni. Dal 2007 al 2009, la crew partecipa alle più importanti mostre e competizioni di graffiti art della Cina: nel 2007, ad esempio, a Pechino la crew prende parte alla China’s First Graffiti Exhibition e al 798 Art District Graffiti Festival, nel 2008 al The Great Way of Graffiti Cultural Festival e allo Shijingshan Cultural Festival Graffiti Show. Nel 2009, la crew si sposta invece a Shenzhen per partecipare all’Action for Seed Graffiti Jam e a Wuhan per gareggiare nella Wall Lords Graffiti Battle36Cfr. immagini e video nelle pagine Flickr e Vimeo delle Wall Lords: https://www.flickr.com/photos/wall-lords/; https://vimeo.com/user2449915.. In queste occasioni, la crew crea solitamente dei pezzi outdoor di ampio formato riportati su muro o pannelli removibili (nel caso dello Shijingshan Cultural Festival perfino su un telo di plastica) con il nome della crew e/o dei suoi membri scritti in lettere o caratteri di grandi dimensioni e con colori brillanti, talvolta accompagnandoli con puppet o elementi decorativi come nuvole e fiori.
Come spesso accade per molte crew cinesi, il Kwanyin Clan ha collaborato diverse volte con il governo locale cinese in opere di abbellimento del tessuto urbano di Pechino o in opere di “propaganda visuale” (Valjakka 2015, pp. 258-259) che promuovessero l’immagine di una Cina ricca, prospera e dalla lunga tradizione. Un esempio di questo tipo è l’opera intitolata Olympic Beijing (Fig. 8), realizzata in occasione dei Giochi Olimpici di Pechino del 2008 nei pressi del Beijing Institute of Technology come parte integrante della Beijing Olympic Cultural Wall Creative Design Campaign. Si tratta di una campagna sponsorizzata dal Comitato olimpico pechinese, il Beijing City 2008 Enviromental Headquarters Office, e dalla Beijing People’s Braodcasting Station, con lo scopo di stimolare la creatività degli artisti nel dare ancora più lustro all’evento internazionale e far partecipare attivamente i cittadini per contribuire alla riuscita dei Giochi, in un rigurgito di coinvolgimento delle masse nella produzione artistica, tipico della propaganda comunista (Lu 2015, pp. 49-50).
In questo lungo graffito ritroviamo tanti elementi tipicamente cinesi che raccontano la grandezza passata e presente della Cina (iscrizioni calligrafiche, bambù, pagode, un giocatore di ping-pong, motivi decorativi a nuvola e a onde di tipo tradizionale), con espliciti riferimenti alle Olimpiadi di Pechino (la scritta centrale, la fiaccola olimpica, il logo dell’omino stilizzato e la mascotte Fuwa), il tutto accentuato dall’uso estensivo del colore rosso di Cina come se fossimo di fronte a un poster di propaganda nazionalista dei tempi moderni. Un altro importante esempio della collaborazione del Kwanyin Clan con l’amministrazione locale è stato il decoro di una torre ornamentale nella Guanyintang Art Avenue, una strada interamente dedicata all’arte, aperta a Pechino nel 2008. La torre, alta 20 m, è stata interamente ricoperta da graffiti old school37Old school (laoxuexiao 老学校) – Letteralmente “vecchia scuola”, è un termine gergale riferito alle sottoculture di una disciplina o scuola e alle sue generazioni passate. Viene utilizzato per comparare lo stato attuale di una disciplina, sottocultura, movimento, con uno stato passato. Nel graffitismo, in particolare, si riferisce agli anni in cui il writing nacque negli Stati Uniti, periodo nel quale vennero inventati numerosi stili, che resero famosi i primi writer. A questo viene associata anche l’espressione back in the day. realizzati dai vari componenti della crew in freestyle con un lettering38Lettering – Si riferisce allo stile delle lettere ed è il concetto fondamentale del writing. Se sei un writer, scrivi prima di tutto lettere, che possono essere diverse nelle dimensioni e negli stili: block, lettere di grandi dimensioni, squadrate o rettangolari, generalmente riempite con un solo colore; soft, lettere rotonde, morbide, dalla forma simile a quella delle nuvole, in genere di un solo colore all’interno di un outline; bubble style, lettere con stile “a bolla”, le lettere sembrano bolle di sapone, colorate con molta precisione, con un largo outline; wildstyle, tradotto “stile selvaggio”, le lettere sono composte da frecce tridimensionali intersecantesi, che danno idea di movimento e confusione. Nel caso della graffiti art cinese, dato che molti writer si servono anche dei caratteri per i loro pezzi, è stato necessario coniare un nuovo termine che indicasse lo stile dei caratteri: il Charactering. dai colori sgargianti, e rappresenta il graffito più alto mai realizzato nella Cina continentale.
Oltre ad attività di tipo legale, il Kwanyin Clan si dedica anche al bombing illegale per le strade di Pechino, ma, come spesso accade in Cina, ci si limita quasi esclusivamente a zone specifiche in cui la tolleranza è maggiore come il Distretto 798 e Sanlitun, il quartiere più internazionale della città. La loro prima esperienza di bombing illegale documentata risale, infatti, all’aprile del 2007 proprio presso il Distretto 798. Questo tipo di attività consiste solitamente nel tagging up e/o in throw-up fatte di bubble letter con l’impiego di uno o massimo due colori.
Più elaborate rispetto a queste tipologie, sono le opere realizzate dal Kwanyin Clan sulle più importanti hall of fame di Pechino nei pressi del Today Art Museum, del Distretto 798 e tra il China-Japan Friendship Hospital e il Beijing Institute of Fashion Technology, lungo una via particolarmente amata dalla crew e da loro stessi ribattezzata The Kwanyin Street. Su questi muri il Kwanyin Clan crea solitamente dei complessi masterpiece39Masterpiece (dafu de zuopin 大幅的作品) – Capolavoro, pezzo di ottima qualità, graffito particolarmente riuscito. composti da scritte in wildstyle sia in caratteri cinesi che in lettere latine, arricchiti da numerosi elementi figurativi e decorativi, da iscrizioni calligrafiche e facendo uso di molti colori e stili differenti.
In queste opere, la ricerca di una “cinesità” è molto più evidente rispetto a quelle commissionate o illegali. Primo obiettivo della crew è infatti creare uno stile la cui estetica riesca a mediare tra una riconoscibilità degli elementi, della costruzione, della concezione e della pratica artistica squisitamente cinesi e l’adozione di una forma d’arte e una tecnica prese in prestito dall’Occidente. Questa idea di mescolanza è spesso ricorrente nelle loro opere, in particolar modo in quelle in cui si fa uso estensivo della scrittura cinese, della calligrafia e della pittura tradizionale o dove sono forti i richiami alla simbologia classica (dai draghi alle pagode, ai simboli del tao) o a forme artistiche che hanno segnato la storia della Cina (dai recipienti in bronzo rituali del II-I millennio a.C. ai poster della propaganda maoista).
Pittura a inchiostro in forma urbana
A spingere in questo senso la ricerca artistica della crew è in particolar modo EricTin, il leader del gruppo. Ciò che EricTin vuole portare avanti è la ricerca di un’estetica nuova in cui tradition makes modernity (la tradizione forgia la modernità), partendo da mezzi e forme artistiche provenienti dal lontano Occidente per arrivare a creare uno stile identificativo cinese, fortemente “sinizzato”, eppure esteticamente fruibile a livello globale. «Nella nostra attività creativa, traiamo nutrimento dalla pittura cinese […], e soprattutto le nostre opere di grande formato sono basate essenzialmente sul riutilizzo di elementi tipicamente cinesi» (video Guanyin 观音 2008; intervista a EricTin). Un esempio di questo modo di operare è rappresentato da uno dei loro primi masterpiece, intitolato Shanshui PIC 山水 PIC40Guanyin tuya 2007 观音涂鸦 2007 [Kwanyin Graffiti 2007], video, 3’08’’, pubblicato su Tudou da EricTin il 28 febbraio 2008: https://tv.sohu.com/v/dXMvNDkxNjMyMDkvMTc1NzA5MjEuc2h0bWw=.html (Pittura di paesaggio PIC, Tav. 7). Questo enorme graffito, lungo 42 m e alto circa 2 m, è stato eseguito dall’intera crew durante la China’s First Graffiti Exhibition, una delle prime mostre di graffiti tenutasi a Pechino, che si è svolta presso l’International Exhibition Hall dal 9 all’11 novembre 2007. Si tratta di una manifestazione che aveva come scopo quello di presentare al pubblico il genere dei graffiti con murales, quadri e installazioni a tema. L’esposizione, della durata di quattro giorni, era inserita nel programma del China International Cultural and Creative Industry Expo, che aveva messo a disposizione degli artisti una hall of fame della lunghezza di circa 300 m e altri spazi pubblici dove poter realizzare dei graffiti a tema libero o sul tema delle Olimpiadi.
Per quanto riguarda il titolo dell’opera, è bene notare che l’espressione shanshui 山水, che si traduce “pittura di paesaggio”, è formata da due caratteri distinti: shan 山, che significa “montagna”, e shui 水, “acqua”. Nelle pitture di paesaggio cinesi i monti e i fiumi sono elementi che non possono e non devono mai mancare, poiché rappresentano la struttura portante dell’intera composizione. PIC è, invece, un’abbreviazione di piece (pezzo)41Piece o pezzo (zuopin 作品) – È una sorta di tag ingrandita, eseguita con la bomboletta, raffigurante lettere a più colori; più in generale, è il termine maggiormente usato per definire un graffito e contrapporlo alla semplice tag. Un pezzo rappresenta il terzo stadio dell’evoluzione delle lettere, dopo la tag e il throw-up., ma è anche facilmente confondibile con picture (immagine, disegno) (Valijakka 2015, p. 263). A prima vista, l’opera potrebbe infatti sembrare una pittura di paesaggio a inchiostro tradizionale, caratterizzata dalla presenza di montagne sullo sfondo e un corso d’acqua in primo piano, vegetazione rigogliosa sulle sue sponde e una fitta foschia tra i monti, agglomerati di casupole nelle valli e barchette di pescatori tra i flutti fluviali. Il formato dell’opera ricorda inoltre quello tipico del rotolo orizzontale e i colori richiamano quelli della pittura a inchiostro monocroma, la forma più alta di pittura cinese, che prevede l’utilizzo del solo inchiostro nero, e di tutte le sue sfumature, nonché del colore naturale del rotolo di carta per dare vita a opere dalla forte carica espressiva. L’uso del bianco del foglio come di un vuoto-pieno, in grado di rendere in negativo l’acqua dei torrenti, la foschia e le nuvole è una delle caratteristiche peculiari di questo tipo di pittura, che ritroviamo perfettamente riprodotte nel graffito Shanshui PIC: il nero dell’inchiostro in varie gradazioni (fino al grigio) e il bianco del foglio in varie sfumature (fino all’ocra). Come affermato da EricTin:
Sono molti gli elementi che da una cultura vasta e ricca come quella cinese possono essere trasposti nella graffiti art contemporanea. […] Per prima cosa, basti pensare che, attraverso l’utilizzo del muro come supporto per la realizzazione di graffiti, si può rendere una struttura compositiva molto simile a quella utilizzata nella pittura tradizionale. Il muro è come un rotolo: basta trasporvi le ossature compositive tipiche della pittura tradizionale e si avrà automaticamente la sensazione di trovarsi di fronte a un dipinto di paesaggio cinese. Inoltre, l’utilizzo dei colori caratteristici della pittura cinese tradizionale (nero, grigio e bianco) anche nelle opere di graffiti art fa sì che il fondale del pezzo acquisisca il senso materico della carta di riso42La carta di riso, in cinese xuanzhi 宣纸, è il tipico supporto utilizzato nella pittura tradizionale cinese.. (Cfr. sezione Video, Guanyin 观音 2008)
Quando abbiamo creato Shanshui PIC – continua EricTin a proposito dell’opera – volevamo riprodurre la struttura compositiva delle pitture di paesaggio di epoca Song (960-1279), che rappresentano una delle vette dell’arte cinese […]. Io amo molto le pitture di questo periodo storico, ho dunque provato a utilizzare il linguaggio e le tecniche tipiche della pittura a inchiostro che le caratterizzano all’interno di un’opera di graffiti art. (Intervista 2016)
La tecnica dello spray-painting qui utilizzata dal Kwanyin Clan è, infatti, molto simile a una tecnica tipica della pittura a inchiostro cinese chiamata cunfa 皴法 (metodo delle venature), utilizzata solitamente per dipingere la superficie delle rocce e dei rilievi montuosi. Si tratta di una tecnica basata su particolari tipi di pennellate stese in fasi successive:
- si parte con le “linee di contorno” (gou 勾);
- si passa alle “screpolature” o “corrugamenti” (cun 皴), ovvero le venature create dal pennello all’interno delle linee di contorno per “corrugare” le pietre;
- si continua con gli “sfregamenti” (ca 擦), che consistono nello spalmare l’inchiostro con il pennello secco per accentuare la texture rugosa delle superfici delle rocce, dei tronchi e dei versanti montuosi;
- si abbellisce con il “tingere” (ran 染), ovvero con l’applicare il colore al paesaggio attraverso un inchiostro chiaro;
- si conclude con il “punteggiare” (dian 点), ovvero con il tracciare dei punti per rappresentare la vegetazione sullo sfondo e le macchie di muschio sugli alberi (Illouz 1989, pp. 104-113).
Pur utilizzando la bomboletta spray al posto del pennello, in quest’opera il Kwanyin Clan adotta una metodologia analoga:
- per prima cosa trasferisce gli outline (contorni) dello sketch43Sketch (shougao 手稿) – In italiano “schizzo”, è una bozza del pezzo che si desidera realizzare. Solitamente ogni writer ha un quaderno delle bozze, nel quale fa pratica prima di dipingere sui muri (cfr. Black book).(schizzo) sul pannello;
- poi riempie con diversi fill-in 44Fill-in (tianse 填色) – Area dipinta all’interno delle lettere, detta anche riempimento (colore di riempimento dell’outline) le linee di contorno;
- usa diversi cap45Cap (pentou 喷头) – Tappino della bomboletta spray (penqi guan 喷漆罐). Può essere di varie dimensioni: fat, tappo dal tratto grosso e veloce per eseguire sfondi e tratti spessi (oltre i 12 cm); superfat, caratterizzato dal tratto a dir poco esagerato, per gli amanti del riempimento lampo e per chi deve ricoprire grosse superfici; soft, di diametro medio, è una via di mezzo tra il fat e lo skinny, un tappo caratterizzato dal tratto morbido, molto versatile, ideale per campiture e bordature; skinny per gli outline; il superskinny, linea ultra fine ideale per lavori di precisione e tagli nella colorazione per i tratti sottili. (tappi della bomboletta) per variare spessori ed effetti;
- traccia le final outline (outline finale tracciata dopo il fill-in per definire ulteriormente il lettering);
- aggiunge effetti di dripping (scolatura) e “punteggiatura” al pezzo.
Anche il metodo utilizzato per dare profondità allo spazio del pezzo è ripreso dalla tradizione classica ed è quello delle cosiddette “tre distanze” (sanyuan三元), una metodologia ideata da un famoso pittore di epoca Song chiamato Guo Xi (1020-1090), che serve per creare l’illusione della profondità nella pittura di paesaggio cinese.
Se guardiamo l’opera Shanshui PIC (Tav. 7) con più attenzione, noteremo che al suo interno compaiono due calligrafie. La loro presenza è un altro evidente riferimento all’estetica tradizionale cinese, secondo cui le iscrizioni calligrafiche non potevano mai mancare nelle pitture di paesaggio come elemento di abbellimento. La prima calligrafia posta al centro dell’opera è composta da due macro-caratteri Guan Yin 觀音, il nome della crew, riportati in stile regolare (kaishu), il più intelligibile tra i cinque stili fondamentali dell’arte calligrafica cinese. I caratteri sono scritti verticalmente, come consuetudine nelle calligrafie tradizionali e la variazione nello spessore dei tratti, tipica dell’arte calligrafica cinese e dovuta alla diversa pressione del pennello inchiostrato sul foglio, è qui resa attraverso l’uso sapiente della vernice spray, creando l’illusione di trovarsi di fronte a una vera e propria calligrafia classica. Diversamente da quanto accade tradizionalmente, alla base della calligrafia sono riportati i nomi di tutti i componenti della crew, scritti orizzontalmente e in lettere latine: sulla sinistra, Quan, EricTin, Yumi, Apart, Jer, Nato, Scar e, sulla destra, Joey, Keno, Pluto, Viga, Ctn, Kwanyin.
Quest’uso simultaneo di lettere latine e caratteri cinesi è un motivo ricorrente nelle opere del Kwanyin Clan ed è un esempio di commistione di elementi sia cinesi (i caratteri scritti in verticale) che occidentali (le lettere latine scritte in orizzontale), sia tradizionali (uso della calligrafia) che moderni (uso delle tag per i nomi dei componenti della crew).
La seconda iscrizione, posta in alto a sinistra, è una lunga calligrafia in stile corsivo (caoshu 草书), fortemente stenografico, in cui i tratti dei caratteri vengono uniti insieme, pregiudicando talvolta la loro riconoscibilità. L’iscrizione è riportata su colonne verticali, che vanno lette da destra verso sinistra e dall’alto in basso come consuetudine nel cinese classico, ed è abbellita da un accentuato effetto dripping, che sembra simulare quello delle scolature di inchiostro sulla carta. Secondo quanto dichiarato da EricTin in un’intervista (2016), il contenuto della calligrafia s’ispira a una poesia composta da Teng Zijing (990-1047), un famoso poeta di epoca Song, intitolata Immortali sulla sponda del fiume (Lin jiang xian 临江仙). Nella poesia, Teng Zijing descrive l’incantevole paesaggio che circonda il lago Dongting (nei pressi della città di Yueyang, provincia dello Hunan nella Cina meridionale) durante una nebbiosa mattinata autunnale e, richiamando alla memoria l’antica leggenda delle divinità del fiume Xiang (le due mogli del mitico imperatore Shun, E Huang e Nü Ying, che si lasciarono morire di dolore a causa della morte del marito), evoca un’atmosfera di forte melanconia. Secondo la leggenda, il mitico imperatore Shun (2294-2194 a.C.) aveva deciso di recarsi in un villaggio situato nei pressi del picco di Shunyuan (della catena dello Jiuling, nello Hunan) per liberarlo da un pericoloso serpente che, tuttavia, lo morse provocando la sua morte vicino al fiume Xiang. Le sue due mogli E Huang e Nü Ying, le figlie del primo imperatore Yao, si misero alla ricerca del marito e giunte nei luoghi dov’egli era stato ucciso, non riuscendo a trovarne il corpo, si lasciarono consumare dal dolore: morendo, si tramutarono in due picchi montuosi (il picco Ehuang e il picco Nüying). Per questo, da allora, le due donne vengono ricordate come “Le dame dello Xiang” o “Le divinità del fiume Xiang”. La poesia di Teng Zijing che fa riferimento a questo episodio così recita:
Il lago è il cielo, il cielo è il lago,
l’autunno li tinge di limpido chiarore.
Il monte Jun è un piccolo angolo di paradiso.
La foschia circonfonde la palude Yunmeng
s’increspano le acque della città di Yueyang.
Le dee imperiali suonano la cetra,
e cala la malinconia d’un tempo.
Dolce il profumo delle orchidee
e soave il fruscio dell’angelica…
Cessa la melodia,
gli uomini scompaiono,
e sulla riva blu
solo il verde dei monti.
Il ricorso a una “poesia” (shi 诗) come contenuto di una “calligrafia” (shu书) a corollario di una “pittura” (hua 画) richiama alla mente le cosiddette “tre perfezioni” (san jue 三绝), l’indissolubile triade di poesia, calligrafia e pittura (shi, shu, hua 诗书画) che ogni persona colta ed erudita doveva essere in grado di praticare e padroneggiare nella Cina imperiale e che spesso trovava simultaneamente spazio all’interno di una stessa opera, rendendola una vera e propria opera d’arte (Sullivan 1980). La scelta della poesia non è casuale. Come afferma EricTin:
Prima ho pensato di inserire una poesia di epoca Song che consistesse nella descrizione di un paesaggio e poi ho scelto proprio la poesia Immortali sulla sponda del fiume perché esprimeva entrambi i concetti che desideravo trasmettere, ovvero la descrizione di un paesaggio e il senso di desolazione nel restare soli dopo un gioioso incontro. È questo, infatti, quello che succede anche con le opere di graffiti art, che sono di breve durata e ciò che ne rimane sono soltanto delle fotografie archiviate nel proprio computer. Sono davvero molto pochi coloro che hanno la fortuna di poterne vedere gli originali. (Intervista 2016)
Elementi innovativi rispetto a questo impianto tradizionale sono: le grandi tag dei sei componenti della crew (Yumi, EricTin, Quan, Scar, Jer, Viga), che svettano tra i monti e sono state trascritte ricorrendo a un uso accentuato dello stile 3D e del wildstyle, e la figura di un graffiti writer rappresentato in live motion in tre diverse pose, che giganteggia tra le due calligrafie. Il writer è raffigurato mentre crea idealmente un pezzo davanti a sé e impersona l’alter ego di ciascun membro della crew e di un qualsiasi writer contemporaneo: indossa abiti in stile hip-hop (pantaloni larghi, una felpa abbondante con il cappuccio, un cappello con la visiera e scarpe da ginnastica), nella mano destra tiene una bomboletta spray, la sua “arma creativa”, e le sue movenze ricordano quelle di un b-boy46B-boy – Diminutivo di break-boy, indica un ballerino di breakdance. Nel corso del tempo è passato a indicare tutti gli appartenenti alla cultura hip-hop. Il termine per riferirsi alle ragazze è b-girl. (danzatore di breakdance). Egli non è nient’altro che l’anello di congiunzione dell’intera opera con la cultura hip-hop americana, di cui i graffiti sono una parte importante, e nello stesso tempo può essere visto come un moderno calligrafo che al posto di «danzare con il pennello, mentre il tratto d’inchiostro registra il suo movimento»47Sono parole pronunciate da Qiu Zhijie in un’intervista rilasciata a Walter Romeo: «Il calligrafo è, infatti, come un ballerino che danza con il pennello, mentre il tratto d’inchiostro registra il suo movimento», in Qiu Zhijie: il tempo e la scrittura, video You- tube, 6’46’’, caricato da Walter Romeo il 31 maggio 2008, https://www.youtube.com/ watch?v=Dtdbt4e68LM (accesso effettuato in gennaio 2023). danza con la sua bomboletta, mentre il getto della vernice spray registra il suo agire su una hall of fame. Mescolando dunque elementi tradizionali e moderni, nell’opera Shanshui PIC il Kwanyin Clan è riuscito a dare vita a quella che può essere definita come una pittura di paesaggio cinese in forma di graffito contemporaneo.
Pittura di bambù e writing
In un’altra opera intitolata New Style (Tav. 6) il riferimento è invece alla pittura di bambù (zhuhua 竹画), un tipo di pittura che in Cina ha occupato sempre un ruolo di prim’ordine, essendo seconda solo a quella di paesaggio.
Nel dipingere i bambù, che rappresentano la quinta teatrale dell’opera, EricTin e Natuo, autori del pezzo, sono stati fortemente influenzati dai canoni tradizionali poiché tendono a sottolineare «la leggera grazia del gambo del bambù e la forma lanceolata delle sue foglie» (Sullivan 1967, p. 215). I bambù non costituiscono però l’elemento centrale dell’opera, come ci saremmo aspettati, e sono sostituiti nella loro funzione preminente da un pezzo formato da lettere latine, posto al centro della composizione. Le affinità tra la scritta centrale e i bambù sullo sfondo sono comunque evidenti: le gradazioni di verde utilizzate per il lettering sono le stesse di quelle dei bambù; le quattro lettere che formano il pezzo centrale, KYGS (l’acronimo di KwanYin Graffiti Studio), sono riportate attraverso un wildstyle molto estremo (quasi indecifrabile) e caratterizzate da numerosi effetti 3D, con il solo intento di riprodurre la nodosità dei tronchi dei bambù; i numerosi pinnacoli che spuntano al di fuori delle lettere, e che hanno lo stesso colore della sfera gialla posta al centro della composizione, sembrano voler replicare la funzione del fogliame stilizzato che fa capolino tra i bambù immersi in una fitta foschia.
I colori e la spigolosità del pezzo centrale richiamano, inoltre, alla mente la patina verdastra e la tipica superficie aggettante e riccamente lavorata degli antichi recipienti cinesi rituali in bronzo che, secondo quanto affermato da EricTin nel suo blog, rappresentano la vera fonte d’ispirazione dell’opera. La presenza della nebbia/foschia è un altro elemento di richiamo della pittura tradizionale cinese, ma, contrariamente a quanto avviene nella forma d’arte classica, qui è resa attraverso l’aggiunta della colorazione bianca e non attraverso l’emersione in negativo del bianco del fondo. Il formato dell’opera, che ricorda sia il foglio d’album cinese48I principali formati della pittura cinese sono: il rotolo verticale, il rotolo orizzontale, il ventaglio e il foglio d’album. sia una grande tela occidentale, e l’uso simultaneo di lettere e caratteri rappresentano dei punti di contatto tra la tradizione cinese e quella occidentale. Infatti, le lettere latine sono state utilizzate nella scritta centrale (KYGS) e per riportare i nomi dei due writer (EricTin, Natuo) e della crew (Kwanyin Clan) nell’angolo in basso a sinistra; i caratteri cinesi, invece, sono stati adoperati nell’angolo in alto a sinistra per trascrivere verticalmente la tag del gruppo (Guanyin 觀音), all’interno della sfera gialla, posta al centro della composizione per riportare il carattere Guan 觀, e infine sul lato destro per dare vita all’iscrizione calligrafica.
Quest’ultima, in stile corsivo (caoshu) e posta sul lato destro dell’opera, è disposta su due colonne verticali e, come la calligrafia della precedente opera, si legge da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. Il contenuto della calligrafia è un distico intitolato Il Bambù (Zhu 竹) composto da Zheng Xie (1693-1765), un famoso poeta, pittore e calligrafo vissuto in epoca Qing (1644-1911) e particolarmente abile nel dipingere bambù combinando tecniche calligrafiche e pittoriche. La poesia riportata sull’opera così recita:
Nocchieruto, integro, ritto e retto,
ancor prima di germogliare.
Carezza le nuvole, penetra il profondo,
ma inamovibile onesto rimane49I due versi del distico sono: Wei chutu qian xian you jie 未出土前先有节 / lingyun shenchu zong xuxin 凌云深处总虚心..
La breve poesia è un inno alle qualità del perfetto gentiluomo (junzi 君子), di cui il bambù è sempre stato la personificazione. La modestia, l’onestà, la rettitudine e l’apertura mentale che devono caratterizzare il perfetto gentiluomo cinese sono infatti simboleggiati dall’andamento verticale, dalla flessuosità e dalla plasticità del tronco del bambù, dalla sua capacità di resistere alle intemperie, di flettersi e mai spezzarsi, così come dalla sua “struttura cava” (xu xin 虚心, lett. cuore vuoto) che nel contesto filosofico cinese assume il senso di un’assenza di legami e desideri, e indica dunque la quiete interiore e l’umiltà, la giusta disponibilità d’animo per accedere alla comprensione del mondo, secondo il principio di spontaneità e senza alcuna costrizione (Illouz 1989, p. 57). La funzione della poesia di Zheng Xie è dunque quella di creare una connessione ideale tra gli antichi letterati cinesi, i perfetti gentiluomini, e i graffiti writer contemporanei, rappresentati in questo caso dai componenti del Kwanyin Clan.
Charactering “divino”
Oltre ai richiami alla pittura tradizionale cinese, il Kwanyin Clan è stata una delle prime crew cinesi a sperimentare l’uso dei caratteri cinesi al posto delle lettere latine come base per le sue creazioni artistiche. In questo senso, l’opera maggiormente esemplificativa è Shengong yijiang 神工意匠 (Ars divina, 2010, Tav. 8).
Secondo quanto affermato da EricTin, autore del pezzo:
L’opera Shengong yijiang è stata realizzata nel 2010, quando sono iniziati i miei primi tentativi di utilizzare i caratteri cinesi come elemento principale nei pezzi di writing. Fino a quel momento la maggior parte degli stili che utilizzavo appartenevano alla cosiddetta old school e prevedevano l’uso estensivo della lingua inglese. L’opera Shengong yijiang è stato il mio primo tentativo riuscito di uno studio sistematico sull’utilizzo della lingua cinese nei graffiti. (Intervista 2015)
Dal punto di vista puramente stilistico, siamo di fronte a un pezzo caratterizzato da una colorazione in stile europeo, e più specificatamente tedesco, tendente al wildstyle ma ancora molto leggibile e dove è presente il 3D. La colorazione interna è abbastanza semplice, con inserti decorativi geometrici. Il primo outline e lo spessore sono di colore nero, il secondo doppio outline dall’effetto glow (di bagliore, luminosità) è invece di colore rosso, mentre il terzo e ultimo outline spezzato è di colore giallo e va a suggerire il movimento a spirale delle nuvole sullo sfondo. Queste ultime riproducono un motivo tradizionale cinese chiamato “motivo decorativo a nuvola” (yunwen) e presentano dei drip fatti appositamente dall’artista. A creare ancora di più il senso di tridimensionalità c’è l’ombra in grigio scuro che contorna l’intera scritta, resa attraverso una tecnica quasi chiaroscurale. Se, dunque, per quel che riguarda lo stile, l’opera si colloca perfettamente nell’alveo della migliore tradizione euro-americana, la sua struttura compositiva sembra invece riprodurre perfettamente quella di una “calligrafia a grandi caratteri” (dazi shufa 大字书法) riportata su un rotolo orizzontale e solitamente composta da una grande calligrafia centrale, un’iscrizione di contenuto poetico sulla destra, un colofone sulla sinistra e diverse firme dell’artista in forma di sigilli (Li 2009, pp. 158- 171). Questo tipo di ossatura compositiva è esattamente la stessa che si ritrova in Shengong yijiang, in cui al centro campeggia un pezzo in caratteri cinesi di grande formato, sulla destra fa capolino un’iscrizione calligrafica di contenuto poetico, sulla sinistra è riportato verticalmente il nome della crew e tutt’attorno al pezzo centrale trovano spazio le firme in forma di tag dell’autore (EricTin) e della crew.
Nella calligrafia centrale, si riconoscono abbastanza facilmente quattro caratteri cinesi, Shen gong yi jiang 神工意匠50Il contenuto della chengyu è confermato da EricTin in un suo post nel web forum Graffiti – Hip Hop (Tuya ba 涂鸦吧): Kwanyin_Tin (2010), Guanyin Kwanyin Clan Tin geng xin ‘shengongyijiang’ gengxin tupian 观音 Kwanyin Clan Tin 更新”神工意匠” 更新图片 (Il nuovo ‘pezzo’ di Tin del Kwanyin Clan intitolato Shengong yijiang, nuove foto), Graffiti – Hip-Hop Web Forum, 19 giugno, http://tieba.baidu.com/p/803633468 (accesso effettuato in gennaio 2023)., gli stessi che danno il titolo all’opera. Questi quattro caratteri formano una cosiddetta chengyu51L’utilizzo di chengyu all’interno delle proprie opere è una caratteristica del Kwanyin Clan, come confermato da EricTin in un’intervista di M. Merenda, 4 novembre 2015., ovvero una locuzione precostituita e di significato idiomatico, composta da quattro sillabe e generalmente derivante da citazioni, motti e detti antichi, frequentemente utilizzata nel cinese moderno per rendere sinteticamente concetti più estesi di qualsivoglia natura. Questa chengyu serve per descrivere la bellezza sublime della composizione di un’opera pittorica o architettonica, che non può essere (solo) frutto delle capacità e del lavoro umano. La chengyu deriva dall’ultimo verso di una poesia scritta da Zhao Puchu (1907-2000), attivista politico e leader religioso buddhista cinese, nonché importante intellettuale e calligrafo del XX secolo. La poesia è intitolata Il Tempio Byodo-in (Pingdeng yuan 平等院), un importante tempio buddhista del 1052 situato nella prefettura di Kyoto in Giappone, e racconta della sensazione di stupore estatico provata da Zhao Puchu dinanzi alla bellezza sublime del padiglione principale del tempio, una bellezza che, a detta del suo autore, non può essere solo frutto delle capacità umane, ma è ispirata e circonfusa dal soffio divino. La poesia recita:
Sospirare,
come mai nella vita,
di fronte al Padiglione della Fenice,
ritrovarsi d’improvviso
mille anni orsono.
Il buddhismo
solo
equipara i Tang nel bagliore,
istillandovi postilla
la bellezza sublime del divino (shengongyijiang).
Altro elemento fondamentale dell’opera è l’iscrizione calligrafica situata in alto a destra. Si tratta all’apparenza di una calligrafia tradizionale in stile corrente o semicorsivo (xingshu), ma non più realizzata con gli strumenti classici della calligrafia cinese: al posto del pennello è stata utilizzata una bomboletta spray, al posto dell’inchiostro una vernice spray di colore nero e al posto della carta il muro bianco di supporto. Il contenuto della calligrafia è la seconda strofa di una poesia composta da Wang Yucheng (954-1001), letterato di epoca Song (960-1279), intitolata Labbra di rosso punteggiate (Dian jiangchun 点绛唇). Il poeta compone quest’opera durante l’esilio nel sud della Cina, dopo essere stato privato della sua carica governativa a causa di forti critiche sollevate contro la politica del tempo. Si tratta, infatti, di una poesia in cui l’autore esprime tutta la tristezza e la disperazione della propria condizione, lasciando che la natura diventi specchio e voce del suo profondo sentire. Le tematiche dell’immedesimazione con l’ambiente, dell’ingiusto esilio, della romita solitudine, dell’idilliaca condizione naturale sono quelle ricorrenti nella poesia lirica cinese e rimandano dunque a una tradizione letteraria più che secolare, ma in questo caso riattualizzata come frammento di arte pubblica di strada. La poesia così recita:
Pioggia di risentimento, nuvole d’ansia,
e la beltà imperitura del paesaggio.
Sulle rive del fiume Azzurro
mercanti pescatori,
e di fumo
un filamento
dai fumaiuoli.
All’orizzonte oche selvatiche,
sedule a un lungo vagare,
di lontano librarsi in volo
come punti cuciti a ricamare.
Un momento in una vita
di labor contrita
rimaner fissi a rimirare.
Chi comprender un uomo può
nel suo sentire
gravato
su una balaustra
lo sguardo
a di lontano gettar?52La traduzione è stata proposta sulla base del testo annotato in cinese in Chen 1988, pp. 290-291, e della parafrasi del testo in cinese moderno in Li Jing 2009, p. 210.
L’inserimento di parte di questi due componimenti (Il Tempio Byodo-in e Labbra di rosso punteggiate) ha una funzione opposta: il primo vuole creare un parallelo tra l’arte dei graffiti e le altre arti circonfuse dal “soffio divino”; il secondo, invece, è probabilmente il racconto del senso di solitudine e tristezza che sta provando l’artista stesso, poiché di lì a poco la crew inizierà a disgregarsi. Oltre all’utilizzo delle poesie, dei caratteri cinesi e della calligrafia, a richiamare i modelli tradizionali cinesi c’è anche il motivo decorativo in rosso posto nell’angolo in basso a destra. Il suo profilo ricorda, infatti, il richiamo delle “turbolenti acque oceaniche” (ping shui 平水), sciabordanti e flessuose, che normalmente decoravano le vesti imperiali di epoca Qing (1644-1911), mentre il reticolo interno evoca il motivo delle cosiddette “acque verticali” (li shui 立水), ascendenti dalla profondità marina e poste al di sotto delle onde, che scaturivano dall’orlo degli abiti in zigzaganti strisce colorate. Inoltre, la ripetizione ossessiva delle tag ha qui la funzione di realizzare un perfetto equilibrio tra l’estetica tradizionale cinese e la cultura occidentale dei graffiti. Riportandone cinque diverse all’interno di quest’opera, EricTin si inserisce perfettamente nell’alveo della tradizione euro-americana del graffiti writing53Graffiti writing (tuya shuxie 涂鸦书写) – È un fenomeno sociale, culturale e artistico diffuso in tutto il mondo, nato come espressione spontanea e senza un intento dichiarato di un gruppo eterogeneo di ragazzi appartenenti a una sottocultura, l’hip-hop, che ha avuto origine nei ghetti newyorkesi degli anni Settanta. In italiano si può tradurre con il termine “graffitismo”, che denota l’atto dello scrivere il proprio nome d’arte, la tag, usando vernice spray o pennarello negli spazi pubblici. L’etimologia della parola “graffito” deriva dal latino gràphium, “stile per incidere”, che trae la sua etimologia dal greco gràphein (γράφειν) che significa indifferentemente “scalfire, incavare, disegnare”. Il termine writing, dall’inglese “scrittura, scrivere”, si riferisce all’esecuzione di graffiti, composti meramente da lettere o da caratteri. A questa modalità è legato uno studio del lettering, e quindi dello stile del carattere che deve avere sia la semplice tag che il pezzo. In Cina, il termine “graffiti” non si riferisce solo alla scrittura di lettere o caratteri come nel writing, motivo per cui i graffiti vengono chiamati anche tuya yishu 涂鸦艺术 (lett. arte dei graffiti), sottintendendo una vasta gamma di espressioni artistiche su suolo pubblico (molto più vicine alla street art). Un altro termine usato è tuya huihua 涂鸦绘画 (lett. pittura di graffiti) che si riferisce ai graffiti che contengono puppet., dove la ripetizione ossessiva delle tag è un segno distintivo sin dagli albori del movimento (Mininno 2008, p. 10). Nello scrivere queste tag (tre in lettere e due in caratteri), EricTin controbilancia l’uso delle diverse forme di scrittura, riequilibrando i due emisferi, fino a mischiare le tre lettere che compongono il nome TIN ai tratti dei caratteri cinesi, a sugellare una vera e propria fusione, anche visiva, delle due culture messe a confronto.
Graffiti per lo sport
Tra il 4 e il 6 febbraio del 2008 EricTin, Nat, Yumi e Quan si ritrovano al Nike 706 Art Space, nel Distretto artistico 798, per realizzare un’opera su commissione, intitolata Shirupozhu 势如破竹 (Impeto irresistibile, 2008, Tav. 9).
Il loro committente è Nike, che ha dato il nome allo spazio artistico-esperienziale, comunemente noto come Nike 706, istituito nel gennaio 2007 da Nike China presso lo stabilimento 706 dell’ex complesso industriale del 798 e dedicato alla promozione della creatività, dello sport e dell’espressione personale.
Caratterizzata da un uso estensivo del charactering e della calligrafia cinese, l’opera qui realizzata dal Kwanyin Clan si inserisce all’interno di un importante progetto intitolato Lebron Experience Center, sponsorizzato da Nike China per promuovere il gioco del basket in Cina attraverso figure di spicco della pallacanestro americana. Il progetto consisteva nel trasformare il Nike 706 in un moderno campo da basket interattivo dove esporre gli ultimi prodotti del marchio e proiettare video del famoso cestista americano, LeBron James, rappresentato in forma di ologramma 3D. In queste videoproiezioni, l’atleta descriveva le sei pose principali del basket (dunk, steal, post-up, pass, fade away e drive), spiegando come lo avevano aiutato a diventare un campione.
Per la cerimonia inaugurale dell’evento, chiamato Lebron Six Experiences, sulla parete esterna dello spazio espositivo è stato montato un enorme pannello su cui sei tra le più importanti crew cinesi (Xianggang Fengwei, FLB crew, Kwanyin Clan, ABS crew, Beijing Penzi e NGC crew) sono state chiamate a realizzare un graffito che avesse a che fare con una delle sei posizioni illustrate da LeBron nei video.
Al Kwanyin Clan è stata affidata la posa del post-up, in cinese tupo 突破. Poiché il primo significato del termine tupo è “sfondare, aprirsi un varco nello schieramento avversario”, la crew ha deciso di scegliere come titolo del proprio graffito un’espressione che richiamasse questa accezione: shirupozhu 势如破竹 significa infatti “con impeto irresistibile”. I quattro caratteri che compongono questa chengyu costituiscono la parte centrale del graffito, benché resi quasi irriconoscibili dal wildstyle estremo. Frammista ai tratti dei caratteri è possibile riconoscere la tag del writer autore della scritta, “Natuo”, che crea un’interessante interpolazione tra sistemi di scrittura opposti. Al di sopra e al di sotto dei caratteri, ci sono altri pezzi in wildstyle alquanto estremo, probabilmente realizzati da EricTin (in alto) e da Yumi (in basso). Come ci ha spiegato lo stesso EricTin in un’intervista del 2015, il significato delle chengyu inserite nelle loro opere non è causale e va ben oltre quello dei quattro caratteri che le compongono: esse hanno la funzione di raccontare delle vere e proprie storie. In questo caso l’espressione Shirupozhu racconta la vicenda di uno dei più gloriosi generali dell’esercito cinese, Du Yu (222-285), che nel 280 riuscì a ricompattare l’impero allora frammentato. Nella battaglia cruciale prima della riunificazione, egli pronunciò quest’espressione, che letteralmente significa “con impeto bastante a piegare il bambù” per incitare i suoi soldati contro il nemico; l’esortazione riuscì a sortire l’effetto sperato. Utilizzando questa chengyu, il Kwanyin Clan vuole dunque creare un collegamento tra la storia di Du Yu e quella di LeBron che, in ambiti e con modalità diversi, sono riusciti a “sfondare” grazie al loro impeto irresistibile.
Un altro riferimento ai venti di battaglia e alla tenace caparbietà dei combattenti è rintracciabile nella lunga calligrafia posta in alto a destra, scritta in stile xingcao 行草, a metà tra lo stile semicorsivo e corsivo, e riportata su colonne verticali che, come consuetudine, si leggono da destra verso sinistra e dall’alto verso il basso. Secondo quanto affermato da EricTin, il contenuto della calligrafia è ispirato a una poesia intitolata Inondato il fiume rosso (Man jiang hong 满江红) attribuita al generale Yue Fei (1103-1142), il quale recitò questi versi in una delle ultime battaglie contro l’invasione dei barbari del nord, prima della definitiva ritirata dell’esercito imperiale da lui guidato. Nel poema, Yue Fei esprime tutto il suo livore e la sua ira verso le forze nemiche, nonché il suo rammarico per la decisione presa dall’allora imperatore di ritirare le truppe proprio a un passo dalla riconquista delle ultime terre perdute:
Sotto l’elmo, la mia ira,
sporto sulla balaustra,
il picchiettio della pioggia si estingue.
Gli occhi al cielo,
un grido lancinante,
e l’acuta forza del mio impeto.
Trent’anni di gloria in polvere.
Ottomila miglia di cammino,
senza mai sostare,
e la luna e le nuvole a vegliare.
Il giovane capo è incanutito,
è vano dolersi svilito.
Vivida l’umiliazione della sconfitta,
giammai estinta l’indignazione degli ufficiali.
I lunghi carri affrettiamo
contro le fortezze montuose dei nemici!
Affamati, sfamiamoci
con la carne dei barbari!
Assetati, dissetiamoci
col sangue dei barbari!
Monti e fiumi riconquistiamo
che al Celeste Impero restituiamo.
Il legame tra la poesia e il tema dell’opera è evidente: nel basket la posizione del post-up consiste nel fronteggiare l’avversario, uno contro uno, di spalle, cercando di tirare a canestro, una modalità combattiva molto simile a quella del valoroso generale Yue Fei, intenzionato ad affrontare apertamente il nemico per riconquistare i territori sottratti all’impero e bloccarne definitivamente l’avanzata, giungendo così a una definitiva vittoria. La scelta dei colori (nero, bianco e rosso) richiama apertamente la calligrafia tradizionale cinese, in cui al bianco del foglio si sovrappone il nero dell’inchiostro, nelle sue mille sfumature fino al grigio, e il rosso rutilante dei sigilli crea un contrappunto tonale che serve a riequilibrare l’intera composizione. In questo caso specifico, il rosso è utilizzato sia per riportare le tag della crew e dei writer nell’angolo sinistro dell’opera (guanyin观音 in verticale ed Erictin/Nat/Yumi/Quan Er in orizzontale), assolvendo alla medesima funzione dei sigilli, sia per richiamare il titolo della poesia (Inondato il fiume rosso) e il sangue barbaro in essa citato, sia per evocare l’impeto della battaglia menzionato nel titolo e riportato nel pezzo centrale. Le fiamme rosse poste alla base della scrittura in diagonale, e dalle quali tutto il pezzo sembra scaturire, non fanno altro che sottolineare l’atmosfera infuocata del combattimento.
In questo pezzo, il Kwanyin Clan è stato capace di creare una vera e propria coesione tra forma e contenuto: i tumulti della battaglia e la passione bruciante espressa nella chengyu del titolo e nella poesia sono egualmente evocati dallo stile rapido e passionale della calligrafia in alto, dal colore rosso e dal medesimo stile utilizzato nel colofone in basso, così come dalle fiamme ardenti e dall’intrico inestricabile dei caratteri centrali che si scontrano in un assembramento di segni wildstyle quasi irriconoscibili. Bianco, nero e rosso sono esattamente gli stessi colori che ritroviamo all’interno del campo da basket riprodotto nel Nike 706 e nell’abbigliamento Nike indossato da LeBron nei video54Nike 706 Centre Lebron 6 Experience, Bēhance, 4 luglio 2010: https://www.behance.net/gallery/565889/Nike-Lebron6-Interactive-Basketball-Training-Centre (accesso effettuato in gennaio 2023).. I colori, le forme e i contenuti del graffito ci catapultano dunque in un nuovo campo di battaglia, fatto di nuovi eroi e nuove merci che impetuosamente irrompono nel mercato e nella società cinesi.
Collaborare con brand commerciali come la Nike non è cosa insolita per il Kwanyin Clan, come non lo è per la maggior parte delle crew cinesi che, come abbiamo già visto, considerano questo tipo di collaborazioni come un altro modo per sostenersi economicamente. Benché possa apparire contrario allo spirito di ribellione e denuncia che ha caratterizzato la cultura dei graffiti fin dai suoi albori, non bisogna dimenticare che questo fenomeno va inquadrato all’interno di un contesto come quello cinese, in cui l’arte dei graffiti è stata fin dall’inizio assorbita come parte integrante del comparto artistico e del “mercato dell’arte”, quindi non come semplice forma d’espressione e ribellione giovanile. Inoltre, per quel che riguarda il Kwanyin Clan, è importante sottolineare che la crew nasce come un vero e proprio “graffiti studio” (tuya yishu de bangongshi 涂鸦艺术的办公室). La loro sede era un autobus parcheggiato nel Distretto artistico 798 e completamente ricoperto di graffiti, destinato a svolgere la funzione di laboratorio dove ideare non solo graffiti ma anche opere di graphic/digital design, un tipo di arte fatta proprio per essere commercializzata.
Sono molti i poster55Poster art (haibao 海报) – È una forma di arte di strada che si realizza unendo e componendo fra loro più fogli di carta stampata, ottenendo una grande immagine in stile pubblicitario che può arrivare a riempire anche intere facciate di palazzi. che la crew realizza per pubblicizzare eventi legati all’hip-hop, alla breakdance e ai graffiti stessi: già a partire dal 2006 i componenti della crew si dedicano al merchandising di magliette con stampe create da loro, che ritraggono caricature di writer, caratteri cinesi e tessere di majong rielaborate; e nel 2007 è a loro firma la copertina di una compilation di musica hip-hop mongola. Anche in queste opere di grafica, il Kwanyin Clan inserisce spesso elementi tradizionali cinesi (ad esempio, pagode, unicorni cinesi o qilin e divinità taoiste) e fa ricorso alla scrittura e alla calligrafia cinesi, rifacendosi sempre alla ricerca di una “cinesità” evidente.
Per quel che riguarda le opere di graffiti, tra le molte collaborazioni con brand commerciali, le più frequenti sono con marchi sportivi (Kappa, Lotto e Nike) o di elettronica (Nokia, Dell e HP) e con club privati (VICS, master club, KTV, gaga club, club underground, golf club). La maggior parte di queste opere sono riportate su pannelli removibili (in un caso anche su scatoloni di carta, per la catena di supermercati iMART nel 2008) oppure direttamente sulle pareti interne dei club o dei negozi interessati; sono scritte in lettere latine56Fanno eccezione Shirupozhu che, a detta di EricTin, è stato il primo tentativo di utilizzare il charactering in questo tipo di opera (intervista 2016), e i numerosi graffiti realizzati nel novembre del 2008 per la New Silk Bay Media (Xin si wan chuamei 新丝湾传媒) sui muri interni della sede centrale della ditta a Pechino. con stili ripresi dalla old school euro-americana, e sono solitamente composte da una scritta centrale che riporta il nome del brand/club e/o della crew o del writer che l’ha realizzata, spesso accompagnato da divertenti puppet.
Oltre all’opera Shirupozhu, il migliore esperimento riuscito alla crew nell’utilizzare elementi marcatamente cinesi e attualizzarli in un’opera realizzata su commissione di un brand straniero è stato The Entire World Celebrates (Putian tong qing 普天同庆, Tutto il mondo gioisce, Tav. 10).
Si tratta di un pallone da calcio totalmente dipinto a mano con tempera e marker, realizzato su invito dell’Adidas per promuovere la campagna pubblicitaria della FIFA World Cup del 2010.
Yumi e Nat, gli autori dell’opera, hanno ricoperto l’intera superficie del pallone con motivi di ispirazione tradizionale, rielaborati in forma del tutto personale. Il pallone è stato suddiviso in due sezioni da una linea curva al fine di riprodurre l’immagine circolare del Taijitu 太极图, il simbolo taoista per eccellenza costituito dalla forma stilizzata di due pesci, uno bianco e uno nero, che si compenetrano in un vorticoso abbraccio. Questo simbolo rappresenta il concetto di Tao (Dao 道), la fonte dell’essere che regola il divenire dell’universo attraverso l’alternanza di due elementi complementari da esso generati: lo yin 阴, la polarità oscura-negativa, rappresentata dal pesce nero, e lo yang 阳, la polarità luminosa-positiva, rappresentata dal pesce bianco.
Le due sezioni del pallone così suddivise sono state riempite con motivi opposti: uno richiama la tradizione dei graffiti euro-americana e l’altro la cultura tradizionale cinese, che si compenetrano esattamente come Yin e Yang in una perfetta unione fusiva. Da una parte, Yumi realizza infatti un wildstyle estremo in grigio e bianco, dall’altra, Nat disegna su un fondo rosso l’immagine zoomorfa del taotie 饕餮, un motivo decorativo arcaico ricorrente nei bronzi rituali di epoca Shang (1600-1046 a.C. circa) e Zhou (1046-221 a.C.), che rappresenta una maschera frontale e simmetrica, formata da varie componenti di animali diversi.
Secondo EricTin:
Poiché nella tradizione cinese il calcio, chiamato cuju 蹴鞠, era un tipo di sport che evocava un atto meditativo zen, ci è venuto naturale pensare all’immagine del Taijitu, costituito dalla forma stilizzata di due pesci, uno bianco e uno nero, che si compenetrano l’un l’altro, circondati dagli Otto Trigrammi. Questo disegno ha rappresentato la base dell’opera, cui abbiamo poi aggiunto l’immagine zoomorfa del taotie, che è un motivo decorativo tradizionale cinese da me molto amato. (Intervista 2016)
È interessante notare che la fonte d’ispirazione dell’opera sia il richiamo all’antico gioco del calcio cinese, il cuju (lett. calciare un pallone di cuoio). Secondo la FIFA, infatti, il cuju è la prima forma attestata di gioco del calcio al mondo e la sua invenzione risale alla dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.). Inizialmente si trattava di un gioco un po’ diverso da quello moderno, secondo cui a ogni lato del campo vi erano sei buche con altrettanti portieri a difenderle e l’obiettivo di ciascuna squadra, composta oltre che dai portieri da altri sei giocatori, era quella di infilare il pallone in una delle buche, riportando il maggior numero di goal. In epoca Tang, le buche si trasformarono in due porte ai lati opposti del campo e il gioco cominciò ad assomigliare molto a quello attuale. Gli Otto Trigrammi di cui parla EricTin nell’intervista, sono figure composte di tre linee parallele, circondano il Taijitu con un ottagono perfetto, allineati ciascuno a un punto cardinale. Possono essere linee continue o spezzate, a indicare rispettivamente la polarità positiva (yang) oppure quella negativa (yin). Ogni trigramma viene fatto corrispondere a un elemento o fenomeno della natura (cielo, palude, fuoco, tuono, vento, acqua, monte e terra) e tutti insieme rappresentano emblematicamente il contenuto del Libro dei Mutamenti (Yijing), uno dei testi fondamentali dell’intero sapere tradizionale cinese. Il wildstyle all’interno di una delle due sezioni del pallone richiama la forma lineare dei trigrammi. Il riferimento alla World Cup nell’immagine del Taijitu è evidente: le due sezioni del Taijitu rappresentano idealmente le due squadre di calcio (lo yin e lo yang) che in ogni partita della competizione condividono uno stesso campo (il cerchio), mescolandosi sullo stesso terreno di gioco in modo da generare un’azione continua (il Tao).
Porcellane, marker e spray
Un’altra occasione in cui il Kwanyin Clan sperimenta l’uso di supporti innovativi è la serie dedicata alle porcellane bianche e blu realizzata tra il 2009 e il 2010 (Tav. 11). La crew traspone su manufatti di forme diverse e quanto mai tipiche (piatti, vasi e porta-pennelli) stili e tecniche proprie della graffiti art, attraverso decori realizzati nella tradizionale colorazione blu cobalto. In queste opere il Kwanyin Clan dà vita a una versione moderna delle tipiche porcellane cinesi bianche e blu, coniugando un tipo di arte tradizionale con tecniche di writing contemporaneo.
Per esempio, nell’opera della serie intitolata Heqi 和气 (Peace, Tav. 11), Nat trascrive con un marker di colore blu cobalto i due caratteri del titolo su un piatto di porcellana attraverso un elaborato wildstyle fatto di frecce e linee zigzaganti, coniugando alla perfezione impostazione tradizionale e realizzazione contemporanea.
Per noi utilizzare caratteri cinesi in forma di graffiti come motivi decorativi per manufatti in porcellana vuole significare sperimentare nuovi modelli di decorazione – spiega EricTin. Poiché i motivi usati nelle porcellane sono piuttosto standardizzati e la maggior parte di essi non sono compatibili con i modelli estetici odierni, abbiamo cercato di crearne di nuovi. Si è dunque trattato semplicemente di cambiare il materiale di supporto al pezzo di writing: ricorrere alla porcellana non ha fatto altro che aggiungere un sapore ancora più orientale e tradizionale al nostro stile, che però rimane esattamente il medesimo. In questo caso specifico, la scelta dei caratteri Heqi和气 è scaturita dal fatto che i motivi decorativi nei manufatti di artigianato artistico cinese sono sempre legati a messaggi beneaugurali e ad allusioni di buon auspicio, per cui abbiamo scelto di servirci di questi due caratteri come fulcro dell’opera. Essi sono infatti presenti in una chengyu, utilizzata come augurio di felicità, la quale recita Heqi shengcai 和气生财 (Armonia e cordialità generano ricchezza). (Intervista 2016)
I richiami alla “cinesità” dell’opera sono dunque innumerevoli: non solo la porcellana bianca e blu, ma anche l’utilizzo dei caratteri cinesi, la derivazione del titolo da una chengyu, il significato benaugurale, il “motivo decorativo a nuvola” (yunwen) e il motivo delle “turbolenti acque oceaniche” (ping shui) rappresentati all’interno della parte centrale, tutti trasposti in chiave moderna. Questa serie è uno degli esempi più riusciti in cui il Kwanyin Clan mette in evidenza tutta la sua carica sperimentale a partire da rielaborazioni di modelli tradizionali.
Il richiamo alla porcellana, una delle arti per cui la Cina è riconosciuta da secoli in tutto il mondo, lo ritroviamo anche nell’opera realizzata dalla crew nel 2016 (Tav. 12) in occasione della mostra Art from the Streets (The History of Street Art – from New York to Beijing) svoltasi negli spazi del CAFA Art Museum di Pechino dal 1° luglio al 24 agosto 2016. La mostra è stata la prima occasione per presentare in Cina opere di street artist provenienti da tutto il mondo, generando un confronto sia geografico che temporale sul fenomeno dell’arte di strada nella sua globalità (Danysz 2016). Il Kwanyin Clan è stata una delle poche crew cinesi invitate a partecipare all’evento, denotando l’importanza fondamentale del gruppo all’interno del panorama artistico della Cina continentale e oltre.
L’opera realizzata per l’occasione si inserisce perfettamente nell’alveo della ricerca che caratterizza il Kwanyin Clan. Al centro del pezzo è infatti rappresentato un vaso in ceramica dalla vetrina monocroma di colore verde-azzurro, che richiama i céladon del tipo Jun di epoca Song, uno dei picchi dell’arte cinese di tutti i tempi. Al di sotto del sottile spessore del vaso, un elaborato lettering in wildstyle in tonalità verde scuro con la sua forza dirompente spinge sulle pareti del contenitore e lo frantuma in mille pezzi: è la forza della modernità che prorompe sulla tradizione e la intacca, superandola. In basso a destra troviamo la solita iscrizione calligrafica in stile semicorsivo, formata da due chengyu riportate su colonne verticali, quale duplice ammonimento. Nelle due espressioni, si legge: «bisogna osservare i fallimenti di una persona per capire chi è realmente» (guanguozhiren 观过知仁) e «sotto una buona influenza si cambiano le vecchie abitudini» (panlingeyin 泮林革音). Vicino all’iscrizione c’è, inoltre, come di consuetudine, il sigillo rosso con il nome della crew, riportato però in lettere latine e non in caratteri arcaici come invece è d’uso in questo tipo di sigilli. In ultima istanza, si può dunque affermare che tutte le opere fin qui analizzate mettono in evidenza come il Kwanyin Clan sia stato capace di creare un linguaggio artistico in cui segni grafici e calligrafici, immagini e suggestioni antiche e moderne hanno danno vita a un nuovo tipo di estetica, estremamente contemporanea eppure profondamente radicata e stratificata nella cultura tradizionale cinese, aprendo un nuovo filone all’interno di una forma d’arte pubblica e universale come la graffiti art, in grado di veicolare un’esigenza culturale diffusa di costruzione di un’identità globale nella sua riconoscibilità localizzata. Il Kwanyin Clan, infatti, non si è fermato a realizzare opere in cui utilizzare i caratteri cinesi o elementi visuali che fossero dichiaratamente “cinesi”, ma ha preso come spunto per le sue opere la tradizione artistica cinese, rielaborando e attualizzando forme artistiche alte come la pittura di paesaggio, la pittura di bambù e la calligrafia, arti manifatturiere come la porcellana bianca e blu e motivi decorativi antichi come il taotie, i motivi decorativi a nuvola o delle acque turbolenti. A tutto questo ha aggiunto i frequenti ed eruditi riferimenti poetici, che contribuiscono a fare della sua arte un caso unico nel panorama dei graffiti cinesi contemporanei.
L’ABS crew, tra business e internazionalizzazione
L’ABS è una delle crew più eclettiche e complete presenti oggi nel panorama della Cina continentale ed è sicuramente la più conosciuta e attiva nella città di Pechino. È stata fondata nel 2007 da Scar (a.k.a. Smer), Seven, Andc e Noise, a cui nel 2015 si è aggiunto Goes, un writer proveniente da Chengdu. Scar e Seven, i veterani della crew, hanno iniziato la loro attività come writer nel 2005, Andc, l’anima social dell’ABS, nel 2006 e Noise l’anno successivo, quando i quattro hanno deciso di creare il gruppo (Valjakka 2016, p. 361).
Il nome ABS è un acronimo che nel corso degli anni ha acquisito diversi significati: il primo attribuitogli è Around the Bohai Sea (attorno al Mare di Bohai). Il Mare di Bohai è il golfo più interno del Mar Giallo, sulla costa nord-orientale della Cina ed è molto vicino alla città di Pechino. Questa prima denominazione è stata scelta perché tutti e quattro i fondatori della crew provengono da città vicine al golfo, noto anche come baia di Bohai: Andc da Pechino, Seven da Tianjin, Noise da Dalian nella provincia del Liaoning, e Scar da Shijiazhuang, il capoluogo della provincia dello Hebei (Wu 2014, p. 1).
Il secondo significato attribuito all’acronimo è Active, Brilliant, Significant (attiva, brillante, significativa) (Fitch 2012), riferendosi alle qualità auspicate per l’attività della crew. A Brand new Star (un nuovo inizio) è il terzo significato, che indica il desiderio più grande del gruppo, ovvero che in Cina si crei una nuova modalità di graffitismo capace di rappresentare l’unione della cultura americana con quella cinese (intervista 2015 ad Andc). Il quarto e ultimo significato è Anti-lock Braking System (sistema di frenata antibloccaggio) (Valjakka 2016, p. 369) o Anti- skid Brake System (sistema frenante antiscivolo) (Wu 2014, p. 1) che implica l’intento di seguire l’idea originale dei graffiti, rimanendo saldi su quella strada.
Nel 2010 tutti i componenti della crew si sono spostati a Pechino e hanno fondato il loro studio presso il distretto artistico 798. Nel 2012 hanno aperto in quello stesso luogo il primo graffiti store della Cina, chiamandolo 400ML, dove vendere bombolette di vernice spray importate, libri, oggetti relativi ai graffiti e prodotti originali frutto della loro creatività, e soprattutto dove creare un polo di promozione e diffusione della cultura cinese dei graffiti. Il nome del negozio è stato scelto sia perché la capienza standard delle bombolette spray usate per fare graffiti è di 400 ml, sia come acronimo per indicare “4” giovani cinesi (i fondatori della crew) che desiderano essere chiamati Mr. Letter “ML” e che dedicano il “100” per cento del loro tempo e delle loro capacità all’arte dei graffiti (ibid.). L’idea di aprire questo spazio commerciale è nata a seguito di un viaggio in Europa durante il quale i componenti della crew hanno potuto utilizzare per la prima volta le vernici europee, rendendosi conto della scarsa qualità di quelle cinesi che, a loro detta, «odoravano di vernice industriale e avevano una varietà di colori molto più ridotta» (ivi, p. 3). Da qui la decisione di iniziare a commercializzare in Cina bombolette europee per offrire prodotti di qualità migliore che sono alla base della creazione di un buon graffito.
Il viaggio in Europa era parte del 2011-12 EU-China Hip-Hop Communication Project, un progetto di scambio tra la Cina e l’Europa dedicato alla cultura urbana, che ha rappresentato un punto di svolta per l’ABS. La crew ha potuto prendervi parte poiché nel 2011 era risultata vincitrice della Wall Lords Asia Graffiti Battle, la più importante competizione di graffiti a livello asiatico, che quell’anno si era svolta a Taiwan e a cui avevano partecipato le migliori crew dei principali paesi asiatici (Filippine, Singapore, Giappone, Corea, Repubblica Popolare Cinese, Indonesia, Malesia, Tailandia e Taiwan). Grazie alla vittoria, la crew è stata notata da un giudice tedesco che ha invitato il gruppo a partecipare al progetto di scambio (ivi, p. 2). Andc racconta così l’esperienza oltreoceano: «Nel 2012 siamo andati in Germania e in Olanda. Siamo partiti in macchina da Berlino e abbiamo attraversato ben dieci città, arrivando nei Paesi Bassi. Durante il viaggio abbiamo dato vita a un ricco scambio interculturale, condividendo esperienze e realizzando opere insieme ad altri artisti locali» (intervista 2016).
In trenta giorni l’ABS si è spostata da Berlino a Rotterdam e nelle dieci città attraversate ha dipinto molti muri insieme a writer europei, apprendendo lo stile del writing tedesco e le sue tecniche. Si tratta del giro di volta per l’arte dell’ABS crew, che aveva iniziato facendo opere in caratteri cinesi su imitazione degli stili statunitensi: da questo momento in poi intraprende saldamente una strada del tutto differente, abbandonando il charactering a favore del lettering, alla ricerca di un proprio stile di scrittura personale che si è andato sempre più internazionalizzando, senza dimenticare del tutto le origini cinesi. «All’inizio noi non facevamo altro che imitare gli stili d’oltreoceano. Ma, dopo aver preso parte a scambi internazionali, abbiamo cominciato a sviluppare il nostro stile personale e a incorporare elementi cinesi, come la calligrafia e la bandiera cinese, nei nostri graffiti» spiega Andc (Yau 2018).
Per il writer, il cui vero nome è Chen Chuang e la cui tag deriva dalla crasi dell’espressione “And-Chen”, l’avvicinamento al mondo dei graffiti è avvenuto attraverso il writing statunitense. Come lui stesso racconta, il primo incontro con questa modalità espressiva è stato attraverso due film documentari sulla cultura hip-hop: Wild Style (1983), che narra la cultura di strada newyorkese nei primi anni Ottanta, e Style Wars (1983), che racconta la storia di un giovane writer della Grande Mela che in quegli anni dipingeva abitualmente i vagoni della metropolitana. Da quel momento, Andc ha iniziato a fare graffiti insieme ad alcuni amici, ricavandone buoni introiti e risolvendosi a continuare in questa attività che molto lo gratificava. Dalla mera imitazione del writing americano, Andc è passato a creare opere in caratteri cinesi che fossero espressione di uno stile cinese riconoscibile attraverso l’uso della scrittura. Esempi di questi primi tentativi sono opere come Zhanzheng wuqing 战争无情 (La spietatezza della guerra) e Tuo qi xiwang 托起希望 (Risollevare la speranza, Fig. 9) del 2009, realizzate in ricordo di eventi tragici della storia recente cinese, rispettivamente il Massacro di Nanchino del 1937 (un insieme di atrocità perpetrate dall’esercito giapponese ai danni della popolazione civile cinese all’inizio della seconda guerra sino-giapponese) e il terremoto del Sichuan del 12 maggio 2008, che ha fatto circa settantamila vittime57Opere ispirate a questa tragedia sono state realizzate anche dalla Beijing Penzi crew (Tav. 4) e dalla Oops crew (Tav. 18).. I due pezzi sono costituiti dalla resa wildstyle dei quattro caratteri del titolo che costituiscono una chengyu, modalità che ritroviamo anche in altre crew (per es. il Kwanyin Clan). Lo stile di scrittura è molto spigoloso e abbastanza basico, con l’utilizzo di uno o due colori di riempimento, stesi in maniera omogenea, un solo outline e soltanto talvolta un accenno di 3D. Il risultato è alquanto “ingessato” e rivela uno stato embrionale di ricerca stilistica personale, imperniato sul tentativo di rimodulazione della scrittura cinese attraverso l’imitazione di stili americani.
Alla ricerca di uno stile personale internazionale
Dopo questa prima fase, però, l’uso del charactering è stato quasi del tutto abbandonato a favore dell’alfabeto latino e della lingua inglese.
Non ho bisogno di utilizzare i caratteri cinesi per mostrare il luogo da dove provengo, dunque mi servo dell’alfabeto inglese, perché è da questo che il writing ha avuto origine – afferma Andc. I graffiti non conoscono i limiti nazionali. Ciò che so è che essi mi trasmettono forza ed energia vitale, quindi nel mio stile non mi preoccupo di utilizzare pedissequamente la scrittura cinese, perché non è questo che mi interessa, bensì mi preoccupo di migliorare sempre di più il mio stile, in modo che possa esprimere di per se stesso il paese e il luogo da cui provengo e che possa infine arrivare a rappresentare uno stile caratteristico di quel determinato luogo. (Intervista 2015)
Da questa decisione sono dunque nate opere di stampo completamente opposto rispetto alle prime, ma in cui l’influenza occidentale continuava a essere molto presente e quasi “opprimente”. Un esempio è l’opera Poseidon (Tav. 13), che l’ABS crew ha realizzato nel 2011 durante la China Wall Lords Graffiti Battle che si è svolta a Chengdu e in cui nulla sembra ricondurci ai natali cinesi. Così racconta Andc la partecipazione della crew a questa competizione:
Sia nel 2011 che nel 2012 abbiamo partecipato alle Wall Lords Graffiti Battles, risultando vincitori sia nelle graffiti battles a livello cinese che in quelle asiatiche. Nel 2011 il tema della graffiti battle cinese era il classicismo. Abbiamo dunque scelto di ritrarre Poseidone, per richiamare le caratteristiche peculiari dell’antica mitologia greca. (Intervista 2016)
In quest’opera il protagonista del graffito è proprio il dio greco del mare, Poseidone, ritratto secondo l’iconografia classica: un uomo muscoloso con la barba, i capelli lunghi e bianchi, munito di un potente tridente che usa per imporre il suo potere sul mare. Oltre al dio, altri riferimenti alla cultura greca antica sono i capitelli ionici (in basso a destra) e la clessidra (in basso, al centro della scritta), che in Grecia era solitamente ad acqua e veniva usata per misurare lo scorrere del tempo. La scritta è la parte più interessante e curiosa del pezzo, per via delle diverse letture che propone. Nella parte centrale appare chiaramente SOP, che letta al contrario, da destra a sinistra, secondo la prassi tradizionale cinese, diventa POS, ovvero Poseidon. Il forcone della divinità sembra tuttavia essere puntato su un’altra lettera, una vorticosa A, seguita da una B, legata a sua volta alla lettera S. La lettera P, finale della scritta SOP, sembra nascondere una parte più scura e poco visibile sullo sfondo, quindi si potrebbe leggere come una R che, unita a tutte le lettere che la precedono, compone la scritta ABS CR, ovvero ABS crew.
Siamo di fronte a due poli opposti: da un lato, opere in charactering che ricalcano gli stili euro-americani (Fig. 9); dall’altro, opere in lettering in cui i riferimenti visuali sono tutti occidentali (Tav. 13). In seguito, soprattutto grazie alla partecipazione al 2011-12 EU-China Hip-Hop Communication Project, si passa a opere perlopiù in lettering, in cui possono essere presenti elementi che richiamano chiaramente la “cinesità” del gruppo, come draghi, panda, pagode e piccole scritte o iscrizioni calligrafiche, e in cui si cerca una riconoscibilità stilistica molto evidente. Uno dei primi esempi di opere di questo tipo è un graffito realizzato a Berlino da Andc, Redy di Hong Kong e il tedesco Mo (Fig. 10), proprio durante il progetto a cui parteciparono nel 2012.
Questo graffito si compone delle due tag “ANDC” a sinistra e “REDY” a destra, riportate in leggero stile 3D e con un riempimento a tre fasce di colore (rosa, bianco e verde) diversamente mutuate, con effetti glow e scandite da un grosso gallo centrale. A questo impianto generale molto riconoscibile si aggiungono diversi elementi di “cinesità”, soprattutto nella parte sinistra del pezzo dipinto da Andc: il panda, lo skyline di Pechino con la Grande Muraglia, il Tempio del Cielo, i caratteristici leoni posti a protezione delle entrate imperiali e le bacchette tenute in mano dal gallo in frac. Anche la scrittura cinese è utilizzata a corollario dell’opera nel colofone sull’estrema sinistra e per scrivere i nomi delle capitali cinese e tedesca nella parte alta dell’opera, Beijing 北京 (Pechino) a sinistra e Bolin 柏林 (Berlino) a destra, richiamando la contrapposizione tra le due città quale tema del graffito: a fare da contraltare allo skyline di Pechino c’è quello di Berlino; da una parte c’è il panda, simbolo della Cina, dall’altra c’è l’orso, simbolo di Berlino; al centro, il gallo tiene nella mano sinistra le bacchette, in quella destra una forchetta e sopra di lui la segnaletica indica a sinistra Beijing e a destra Berlin. È molto evidente in questo graffito come Andc utilizzi uno stile personale e riconoscibile nello scrivere la sua tag, molto diverso da quello di Redy, e nello stesso tempo faccia uso di elementi figurativi, decorativi e di scrittura che mettono ben in evidenza i suoi natali. È questo un esempio della continua oscillazione che troviamo nelle opere dell’ABS crew, tra desiderio di internazionalizzazione, anche evidente dalla composizione del team di writer che ha realizzato l’opera, e la volontà di richiamare la propria cinesità.
Da graffiti come questo ne sono nati altri, come quello realizzato nel 2018 dalla crew al completo, insieme a numerosi writer cinesi e stranieri al Berlin Mural Fest, uno dei festival internazionali più importanti al mondo (Tav. 14).
In questo enorme graffito, alla parte di lettering, che riporta in giallo le tag di alcuni di loro nella sezione bassa del pezzo, fa da contraltare un gigantesco e feroce drago cinese di colore rosso, rappresentato secondo l’iconografia classica (testa di coccodrillo, baffi simili a quelli di un pesce gatto, criniera e corna da cervo, un sinuoso corpo da serpente che vortica sullo sfondo, zampe di pollo dotate di artigli aguzzi e una coda fiammeggiante), che sputa fuoco su onde marine, su cui fluttuano le scritte che sembrano scaturire proprio da questa fiamma. Il pezzo è puntellato qua e là da vere e proprie iscrizioni calligrafiche in caratteri, alle quali si affiancano riproduzioni di sigilli cinesi su cui sono riportati, in lettere latine o in caratteri, i nomi dei vari autori dell’opera. In un’iscrizione si legge, ad esempio, Po fanlong 破樊笼 (La gabbia per uccelli si è disintegrata) e da questa gabbia è uscito un potente drago che “infesta” i muri con le sue scritte. A fianco, c’è anche la frase in inglese Joy in bottle (Felicità in bottiglia), che richiama il nome di uno dei writer autori del pezzo (Joybo), e l’immagine della bottiglia sulla destra da cui si riversa l’acqua che inonda la parte bassa del pezzo.
Rispetto al graffito precedente, risulta chiaro che la tecnica della crew si sia molto affinata, benché la modalità di azione sia esattamente la stessa, solo più complessa. In entrambi i graffiti, infatti, si riscontrano varie tag in wildstyle, che vengono giustapposte l’una dopo l’altra, evidenti elementi di cinesità (l’orso, lo skyline di Pechino, le bacchette, il drago, le calligrafie e i sigilli), scritte e/o iscrizioni in cinese (dai semplici nomi delle capitali a iscrizioni vere e proprie) e vari puppet che animano il pezzo (il gallo, l’orso, il panda, il drago e una bottiglia piena di altri personaggi). Inoltre, entrambi i graffiti nascono da collaborazioni internazionali (i writer da tre sono passati a una decina) e sono stati realizzati a Berlino (il primo per un progetto di scambio, il secondo per un invito a un festival).
Dal 2012 in poi, a graffiti in cui questa “cinesità” è molto evidente se ne alternano altri in cui rimane totalmente opaca, se non invisibile e in cui tutto sembra essere volto alla ricerca di uno stile molto personale e riconoscibile che miri a definire il più chiaramente possibile la cifra stilistica dell’ABS crew, a prescindere dai suoi natali. Esempi di questo tipo sono i due graffiti realizzati per le Wall Lords Graffiti Battles del 201258Cfr. link nella sezione Video: Wall Lords China Stage 2012, video, 1’39’’, pubblicato su Vimeo da Wall Lords nel 2014: https://vimeo.com/69828073; Wall Lords Finals 2012, video, 2’58’’, pubblicato su Vimeo da Wall Lords nel 2014: https://vimeo.com/69828076;Wall Lords Final 2012 Official Video, video, 4’05’’, pubblicato su Vimeo da Adam Shu Ting Chen nel 2013: https://vimeo.com/55290039., sia quella a livello nazionale (Tav. 15) sia quella asiatica, subito dopo la partecipazione al progetto di scambio con l’Europa. Come evidente da questi pezzi, da quel momento l’arte dell’ABS crew si è focalizzata in maniera particolare su opere di grande formato e artisticamente molto elaborate, con una predilezione per il wildstyle, forti accenni funky e rimandi a uno stile comico-cartoonesco (Valjakka 2016, p. 362).
Anche l’impostazione dei loro pezzi si è andata sempre più definendo e stabilizzando: nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte a grandi scritte alfabetiche, che perlopiù riportano le tag di alcuni componenti della crew, riportate su uno sfondo caleidoscopico (Wu 2014) e animate da divertenti puppet posti al centro della composizione. Il pezzo intitolato The Original Canster (La bomboletta originale, 2012, Tav. 15) è uno dei primi esempi di questa tipologia di opere e un modello per quelle di là da venire. Grazie a questo graffito l’ABS crew ha vinto la China Wall Lords Graffiti Battle del 2012 che si è svolta a Shenzhen, una città vicina a Hong Kong nella provincia del Guangdong.
Il pezzo è composto da due grandi scritte che riportano i nomi di due componenti della crew (SMER a sinistra e ANDC a destra) su uno sfondo multicolore. Le due tag sono in wildstyle, sono dipinte in colori brillanti (arancione, giallo, verde e azzurro) molto sfumati e pieni di effetti glow, bolle e intarsi, circondate da stelle luccicanti e meteoriti fiammeggianti. Al centro della composizione tra le due scritte ci sono tre puppet in stile cartoonesco: due bombolette spray antropomorfizzate vestite come i Flintstones, rincorse da un poliziotto con i baffi e di forma squadrata. La bomboletta più grande è protagonista dell’opera, rappresentata in modo divertente come un personaggio che sintetizza in sé un pirata (indossa una benda su un occhio solo), un ladro (porta un bottino in spalla), un uomo delle caverne (tiene una clava in mano e indossa una pelle di leopardo) e un writer hip-hop (tiene una bomboletta in un piede e ascolta la musica da un ghetto blaster, un registratore di audiocassette con cassa incorporata, molto utilizzato nei ghetti newyorkesi degli anni Ottanta). È lei la “bomboletta originale” di cui si parla nel titolo, alter ego di un writer primordiale che prende d’assalto le strade come un pirata e viene rincorso dalla polizia come un ladro. Poiché in Cina, come abbiamo visto, fare graffiti non è un’attività del tutto illegale, probabilmente l’opera vuole essere un omaggio alle forme originarie del graffitismo, quelle in cui i writer, visti come teppisti di strada, erano rincorsi dalla polizia per la loro attività che tuttora nel resto del mondo è considerata illegale. Giocando un po’ con il titolo dell’opera, si può dire che si tratta di una bomboletta originaria, che propone una forma di graffitismo degli albori statunitensi, e nello stesso tempo è una bomboletta originale perché animata in una forma del tutto inedita. Il titolo si basa, inoltre, su un gioco di parole: la parola canister (contenitore, barattolo, lattina) diventa canster, un termine che non esiste in inglese e che apparentemente potrebbe sembrare un errore, ma è stato scelto di proposito dalla crew perché al suo interno contiene la parola can, che nel gergo dei graffiti significa proprio “bomboletta”.
In questo graffito non c’è un richiamo alla Cina, tutto sembra appartenere a un universo occidentale: l’alfabeto latino con cui sono state scritte le due grandi tag, il titolo dell’opera in lingua inglese e le numerose piccole scritte che puntellano il pezzo; i puppet che richiamano figure appartenenti al background culturale occidentale, come i Flintstones, i pirati e i writer rincorsi dalla polizia; gli stili utilizzati, in particolare il wildstyle e lo stile cartoonesco, che appartengono alla categoria degli stili euro-americani storicizzati, pur se resi attraverso un piglio personale.
Come abbiamo accennato in precedenza, l’impostazione del pezzo diviso in due grandi scritte (solitamente SMER e ANDC) con al centro dei puppet a spezzare la continuità della scrittura, lo sfondo multicolore e scintillante, l’uso dell’alfabeto latino e della lingua inglese, il ricorso a raffigurazioni dal forte richiamo occidentale (come ad esempio cowboy, zombie, decorazioni natalizie, personaggi di Halloween e della mitologia greca) e l’uso del wildstyle nella parte di lettering e dello stile cartoonesco nelle figure sono dei leitmotiv nei murales dell’ABS crew. La stessa impostazione si ritrova, ad esempio, nell’opera Rock da Party, che la crew ha realizzato sempre nel 2012 durante l’Asia Wall Lords Graffiti Battle di Taipei59Cfr. link ai video: Wall Lords Final 2012 Official Video, video, 4’05’’, pubblicato su Vimeo da Adam Shu Ting Chen nel 2013: https://vimeo.com/55290039; Wall Lords Finals 2012, video, 2’58’’, pubblicato su Vimeo da Wall Lords nel 2014: https://vimeo.com/69828076., a cui l’ABS aveva avuto accesso grazie alla vittoria con The Original Canster nella competizione nazionale e con cui si è classificata seconda nella gara asiatica. Il tema è solo più festaiolo: palloncini, festoni, luci, stelle e crema zuccherata sparsa un po’ ovunque fanno da cornice a una baffuta bomboletta pronta al divertimento, seguita da una candela innamorata del suo bottino, e insieme animano le due grandi scritte poste ai loro fianchi.
Al contrario di questi pezzi, in cui la “cinesità” è totalmente elusa, ce ne sono altri, più rari, in charactering, in cui è palesemente evidente. Nonostante questi pezzi, così come le opere del 2009, si servano dei caratteri cinesi per la parte centrale di writing, lo stile utilizzato nel charactering è completamente diverso dal 2009 e tende ad avvicinarsi molto a quello delle due opere appena analizzate. Un esempio è il graffito creato per la cerimonia di apertura del graffiti store 400ML, nel 2012, che occupa ancora oggi una parete esterna del negozio, sulla quale campeggiano i quattro caratteri cinesi Dajidali 大吉大利 (Tanta fortuna e prosperità, Fig. 11).
Si tratta di un graffito in caratteri cinesi molto più complesso rispetto a quelli fatti in precedenza. Il charactering è maggiormente accattivante e dinamico, il wildstyle è stato abbandonato (benché siano ancora presenti alcune frecce che lo ricordano) in favore di uno stile 3D dai caratteri facilmente riconoscibili, i colori di riempimento sono molto sfumati e variano dal rosso al marrone, dicendo addio alla monocromia o bicromia originaria. Il graffito è inoltre arricchito da diversi puppet in stile cartoonesco: una bomboletta spray e un petardo al cento del pezzo, un boccale di birra con in mano, a sua volta, una bomboletta sulla destra. Lo sfondo è ricco di bolle multicolore, scintille e altri petardi scoppiettanti. La lingua inglese è stata usata per la scritta Opening Party al centro del pezzo e per il colofone a destra in cui si elencano i partecipanti alla festa, mentre alla lingua cinese si è fatto ricorso per la scritta centrale e per trascrivere a latere il luogo dell’evento (Beijing 北京, in alto a destra) e il tema della festa (Zhongguo tuya 中国涂鸦, lett. graffiti cinesi, in alto a sinistra). Insomma, è chiaro che tra il graffito in charactering del 2009 e questo del 2012 intercorre un abisso in fatto di ricerca ed evoluzione dello stile, uno stile che si avvicina moltissimo a opere come Rock da Party e Original Canster. Come, infatti, ha ribadito Andc in un’intervista del 2012: «Sono otto anni che faccio graffiti. All’inizio scrivevo pezzi in wildstyle in caratteri cinesi. Ora i miei pezzi si sono trasformati in un’espressione della mia vita quotidiana. Il mio stile è in continua evoluzione e mi spinge sempre a oltrepassare nuovi limiti» (cfr. sezione Video, ABS crew 2012, 2012).
Una modalità espressiva simile a quella dell’opera Dajidali è stata utilizzata anche nel 2013 per un graffito su strada, intitolato Beijing Air Toxicity 北京有毒 (2013), un atto di denuncia contro il forte inquinamento a Pechino, in cui i quattro caratteri in stile bubble, Beijing you du 北京有毒 (Pechino è inquinata) si alternano alle parole in inglese del titolo, e nell’opera pubblicitaria Naigao 耐高 NIKE del 2018, in cui, sempre in stile bubble e su uno sfondo multicolore, viene riportato il nome in cinese della Nike. Anche queste creazioni, sebbene siano realizzate servendosi di caratteri cinesi, sono molto più vicine per stile alle due opere delle Wall Lords del 2012 che a quelle più “cinesi” del 2009. E questo passaggio è spiegato benissimo da Andc: «Molti anni fa ho fatto dei pezzi in caratteri cinesi, poi sono stato in molte città e in molti paesi e da qui ho maturato l’idea che i graffiti servono per esprimere uno stile personale» (intervista 2015).
Se dunque per quanto attiene alla scrittura, l’ABS crew preferisce di gran lunga fare ricorso alla scrittura alfabetica, per quel che riguarda i puppet e gli elementi decorativi c’è un altalenare tra richiami alla cinesità, volontà di strizzare l’occhio all’Occidente e rimandi alla cultura hip-hop. Sono infatti ricorrenti figure come b-boy (ballerini di breakdance), skater, graffiti writer e ragazzi che indossano vestiti hip-hop. I richiami alla “cinesità” sono più frequenti in opere estere, mentre quelle in caratteri cinesi sono realizzate solo sul suolo nazionale (al di fuori risulterebbero incomprensibili).
Nonostante tutti questi distinguo, dal 2012 lo stile della crew si va sempre più definendo e delineando fino a risultare maggiormente riconoscibile, a prescindere dal tipo di scrittura e dal tipo di puppet utilizzati. In realtà, si tratta di uno stile molto “internazionale” di facile lettura e apprezzamento anche al di fuori dei confini nazionali. Questo desiderio di “internazionalizzazione” è visibile non solo nello stile della crew ma anche nel modo di agire del gruppo. Dalla famosa partecipazione al 2011-12 EU-China Hip-Hop Communication Project, la crew inizia a intraprendere frequenti collaborazioni con writer stranieri in Cina e all’estero, come a Pechino con l’italiano Sbam e il tedesco Zyko, partecipa a festival dedicati all’arte dei graffiti in giro per il mondo (in particolare in Europa e negli Stati Uniti, come al Berlin Mural Fest nel 2018), e organizza eventi di respiro internazionale legati all’arte dei graffiti, quali il Graffiti On e il Meeting Neighborhood, un evento annuale organizzato a Pechino in collaborazione con il governo locale, privo di implicazioni commerciali, che richiama writer da tutto il mondo e ha la finalità di far conoscere i graffiti a un pubblico sempre più vasto. Le pagine dei loro blog sono piene di foto di viaggi fatti negli Stati Uniti e in Europa (Crayon 2017), soprattutto quello di Andc che, per esempio, nel 2018 si è recato ben due volte in Germania (Yau 2018); questo ci dice molto sul desiderio di “internazionalità” della crew, senza mai rinunciare totalmente alla propria cultura d’origine.
Brand, arte pubblica e impegno sociale
Il processo di internazionalizzazione dei graffiti, portato avanti dalla crew, va di pari passo con quello di apertura a un suo risvolto commerciale. Si può dire che «l’ABS crew ha aperto la strada verso il lato commerciale dei graffiti» (Bonniger 2018, p. 24), e non è un caso che si avvalga di una business development director di nome Wendy (Valjakka 2016, p. 369) per curare la crescita del proprio brand e le relazioni con eventuali committenti. Il successo commerciale dalla crew non è legato solo al 400ML e alle sue vendite, ma anche alle numerosissime collaborazioni con marchi famosi, del calibro di Red Bull, Adidas, Puma, Nike, Audi, Volkswagen, TAGHeuer e Ispo, al fine di realizzare opere su commissione.
Tuttavia, la crew sottolinea con forza come questo tipo di collaborazioni non infici in alcun modo la loro attività creativa e non deve per questo essere visto in chiave negativa. Come spiega Andc:
La collaborazione con i marchi stranieri ha aumentato la nostra capacità di influenzare il grande pubblico e questa è per noi una cosa molto positiva, poiché fa sì che sempre più persone abbiano la possibilità di conoscere e comprendere i graffiti. Sebbene si tratti essenzialmente di business, ciò non influisce affatto sulla parte creativa del nostro lavoro, anzi l’aspetto commerciale della faccenda serve a finanziare la nostra attività e ispirarci nuove idee. Il denaro che guadagniamo in questo modo lo riutilizziamo in strada per creare un numero sempre maggiore di graffiti illegali. Inoltre, con gli introiti ricavati sponsorizziamo e organizziamo attività legate ai graffiti come, ad esempio, l’evento annuale del Meeting Neighbourhood, un raduno legato al confronto sul tema dei graffiti senza implicazioni commerciali, dove s’incontrano un sacco di persone appassionate di graffiti e cultura hip-hop. (Intervista 2015)
In una realtà come quella cinese dove, come racconta Andc, «[…] non ci sono basi economiche solide a sostegno dei graffiti, molti ragazzi non hanno la possibilità di dedicarsi a questo tipo di attività, perché devono invece utilizzare il proprio tempo alla ricerca di un lavoro che permetta loro di sopravvivere. Io ho conosciuto molti writer talentuosi che alla fine hanno dovuto smettere di fare graffiti perché ciò non gli permetteva di avere una vita economicamente stabile» (intervista 2016). È una manna dal cielo riuscire a trovare un modo per guadagnare attraverso la propria attività creativa. Non è un caso, infatti, che l’ABS crew sia la più longeva tra le crew pechinesi, perché i suoi componenti sono riusciti a fare dei graffiti un lavoro. Anche se ad alcuni di noi questo discorso può risultare controverso, bisogna comprendere le peculiarità dell’ambiente cinese, in cui i ragazzi sono sottoposti a una pressione familiare veramente molto forte, in una società estremamente competitiva e in cui la maggior parte delle persone non sa nemmeno cosa siano i graffiti.
Un punto su cui la crew è intransigente in queste collaborazioni è il rispetto della propria libertà creativa. Pur trattandosi di opere che pubblicizzano un marchio o un prodotto, i writer devono sentirsi liberi di dipingere e rappresentare ciò che desiderano e come lo desiderano, attenendosi ovviamente al tema dell’opera stessa.
Noi non abbiamo mai richiesto di nostra iniziativa l’aiuto di brand commerciali, ma se questi brand ci contattano è perché sperano che, grazie alla libertà creativa che ci lasciano, noi riusciamo a realizzare opere ancora più belle. Se ci fosse un qualsiasi tipo di limitazione da parte della committenza, noi interromperemmo subito la collaborazione. Qui non si sta parlando di opere che noi realizziamo illegalmente, ma di brand che ci offrono l’occasione di creare opere che siano comunque nostre e io penso che questo non sia affatto male. (Intervista 2016, Andc)
Tra le numerosissime opere commissionate da marchi famosi, ce ne sono alcune particolarmente riuscite dove la crew ha centrato perfettamente il suo obiettivo di preservare la propria libertà creativa, creando qualcosa di originale e molto riconoscibile. Un esempio è l’opera richiesta da Red Bull nel 201260Cfr. link ai video: ABS crew x Red Bull, video, 2’53’’, pubblicato su ZCool da ABS_Noise nel 2012: https://www.zcool.com.cn/work/ZMTE1NDc2NA==.html; Red Bull Nanshan Open / Nanshan Ski Resort / Beijing / PR China, video, 3’34’’, pubblicato su Vimeo da Steve Zdarsky nel 2013: https://vimeo.com/48152930. (Tav. 16) per celebrare il decimo anno del Red Bull Nanshan Open, la più importante competizione internazionale di snowboard organizzata in Asia, tenutasi al Nanshan Ski Village di Pechino.
Il pezzo creato per l’occasione è costituito dalla scritta Red Bull in giallo, realizzata attraverso un elaborato wildstyle con resa 3D, al cui centro campeggia il volto di un drago rosso, rappresentato secondo la tipica iconografia cinese già illustrata, e due zampe di pollo che arpionano una parte della scritta e una perla lucente. Secondo la tradizione, i draghi cinesi si riproducono fecondando una perla che solitamente tengono tra le fauci. Nell’iconografia classica, la perla viene talvolta rappresentata fiammeggiante ed è simbolo di ricchezza, prosperità e fortuna; quella rappresentata dalla crew non è in questo caso fiammeggiante, ma è lucente, al suo interno ha impressa una A che sta per ABS ed è una specie di logo della crew che ritroviamo molto spesso nelle sue opere. Pur non essendo fiammante, la perla sembra comunque essere “feconda” perché alla sua sinistra e alla sua destra si diramano due frecce che indicano rispettivamente il sito web ufficiale della crew e i nomi dei writer che hanno creato il pezzo: Seven, Noise, Andc, Smer.
L’idea di ritrarre un drago in quest’opera era un modo per celebrare l’inizio dell’Anno del Drago che i cinesi si apprestavano a festeggiare di lì a poco. La competizione si è infatti svolta tra il 14 e il 15 gennaio e l’Anno del Drago sarebbe entrato il 23 gennaio. Secondo il calendario tradizionale cinese, composto da cicli di dodici anni, ogni anno è associato a un animale diverso (topo, bue, tigre, coniglio, drago, serpente, cavallo, pecora, scimmia, gallo, cane e maiale) e l’inizio di ogni anno non coincide con quello del calendario gregoriano, ma cade in coincidenza della prima luna nuova dopo l’entrata del Sole nel segno dell’Acquario (tra il 21 gennaio e il 19 febbraio del nostro calendario).
Anche il famoso slogan «Red Bull ti mette le ali» ha certamente influito sulla scelta del drago come puppet: l’ABS crew ha infatti deciso di ritrarre l’essere che nella loro tradizione solca i cieli con maggior forza e vigore, con l’intento di trasmettere un’idea di potenza e robustezza incarnata dal drago (e dagli effetti di una Red Bull). Inoltre, i colori utilizzati nel graffito, la scritta in giallo e il drago in rosso, ricordano i colori del logo della Red Bull che è ritratto in piccolo nella parte alta dell’opera. Lo sfondo azzurro evoca il ghiaccio che si disintegra con il prorompere poderoso del drago, un richiamo al paesaggio glaciale e innevato che fa da cornice all’evento, ma anche un rimando al colore della lattina del marchio sponsorizzato. L’andamento orizzontale della scritta e gli elementi stondati alle estremità dell’opera sembrano far pensare alla forma di uno snowboard che, come mostra uno dei writer nel video di realizzazione del pezzo, sta alla base dello sketch61Sketch (shougao 手稿) – In italiano “schizzo”, è una bozza del pezzo che si desidera realizzare. Solitamente ogni writer ha un quaderno delle bozze, nel quale fa pratica prima di dipingere sui muri (cfr. Black book). dell’opera.
Così Andc racconta questa esperienza:
La Red Bull ha sempre sostenuto la nostra attività creativa. L’idea del graffito è stata nostra e la Red Bull ci ha lasciato ampia libertà di esecuzione. […] In questo caso, la Red Bull ci ha contattato perché cercava qualcuno che avesse i graffiti nel sangue e lo palesasse nella propria attività creativa. A noi è sembrato a dir poco entusiasmante e dunque abbiamo accettato! […] Il graffito che abbiamo realizzato in quell’occasione è stato utilizzato come fondale del palco in cui è avvenuta la premiazione della gara. (Interviste 2015, 2016)
Altre occasioni in cui spesso l’ABS crew si trova a collaborare con marchi importanti cadono in concomitanza con le breaking battles, gare di breakdance perlopiù sponsorizzate dai brand stessi, per le quali il gruppo è chiamato a realizzare opere su pannelli che fanno da sfondo alla competizione. «Ho un sacco di amici b-boy che ogni anno partecipano alle breaking battles. Amo tanto l’arte del breaking, per questo assisto a molte gare di questo tipo, che spesso sono anche un’occasione per realizzare dei graffiti» racconta Andc (intervista 2016). Un’occasione di questo tipo è capitata qualche anno fa grazie a Puma, sponsor di queste competizioni. Andc è stato chiamato a creare il fondale della gara per il marchio sportivo e ha dipinto un graffito coloratissimo, caratterizzato da un pezzo di writing centrale in wildstyle e stile 3D che riportava la sua tag con ai lati due puppet b-boy con indosso felpe firmate Puma.
Le collaborazioni con i grandi marchi non sono legate solo alla realizzazione di graffiti ma anche di opere grafiche, come nella collaborazione del 2015 con TAGHeuer per la quale ABS ha ideato un calendario con immagini di loro graffiti.
La crew può contare anche sul sostegno governativo, grazie al quale ha ottenuto uno spazio dove poter realizzare graffiti legalmente, ed è supportata nell’organizzazione dell’annuale Meeting Neighbourhood, il festival artistico organizzato nel Distretto 798. «[…] Il governo sostiene le nostre attività, ci aiuta a trovare gli spazi necessari per organizzare attività legate ai graffiti e nei giorni degli eventi la polizia viene a garantirne la sicurezza» ribadisce Andc (intervista 2015).
La crew collabora con il governo persino su progetti specifici: nel 2014, ad esempio, ha dipinto dieci bus navetta cittadini durante il festival artistico del Central Business District (CBD) di Pechino organizzato su iniziativa governativa. «Conosciamo il referente governativo del festival: è un ragazzo giovane […]. Gli abbiamo proposto di fare progetti più innovativi [e lui ha accettato]» spiega il writer (Bidisha 2014). Questo genere di collaborazione può sembrare ai nostri occhi contraddittoria nell’ambito delle attività della crew, ma di nuovo bisogna fare uno sforzo di immedesimazione nel contesto in cui il gruppo opera.
Nonostante la crew abbia un proprio negozio con prodotti a marchio, collabori con brand famosi, possa contare sul sostegno del governo e partecipi a commesse di arte pubblica, fin dall’inizio non ha mai smesso di realizzare graffiti illegali per le strade della città. Anzi, come più volte l’ABS ha ribadito, tutte queste attività servono in gran parte a finanziare attività ai margini della legalità e avere più libertà di “bombardare” le strade di Pechino con le proprie tag. Andc fa continui riferimenti al lavoro “oscuro” dell’ABS, che si svolge «di notte per le strade» (ibid.) e che nasce dal desiderio di tappezzare la città con le proprie scritte, di «dire qualcosa alle persone e fare opere che siano dei commenti sulla società» (ibid.). Numerosissimi sono le tag, i throw-up, i blockbuster o anche pezzi più elaborati realizzati su edifici abbandonati o destinati alla demolizione e alcuni componenti della crew sono persino autori di graffiti su vagoni di treni, una vera e propria rarità in Cina dove fare graffiti di questo tipo, come abbiamo visto, non è permesso ed è molto pericoloso.
Altrettanto numerose sono le loro opere di denuncia a sfondo sociale. Tra queste, la più rappresentativa è senza dubbio Inflation (Tonghuo pengzhang通货膨胀) del 2012 (Tav. 17).
Il graffito è stato realizzato come atto di protesta contro l’aumento dell’inflazione e del costo della carne di maiale, verificatosi in quell’anno a Pechino (Valjakka 2015, p. 271), un evento che ha messo in ginocchio gran parte della cittadinanza, in particolare i meno abbienti. Il graffito è imperniato sulla figura centrale di un enorme maiale tagliato a fette da un grosso coltello da macellaio, con in bocca un vistoso sigaro. Alla sua sinistra e alla sua destra appaiono rispettivamente le scritte multicolore SCAR e ANDC riportate in un elaborato wildstyle, circondate da monete, contanti, diamanti e dadi da gioco sul tipico sfondo caleidoscopico. Ai due lati, altri due maiali vampireschi e parzialmente spolpati osservano incarogniti il grosso puppet centrale. In questo graffito è rappresentata tutta la ferocia animale della speculazione finanziaria e dell’arrivismo economico della società contemporanea, in cui i soldi sembrano essere l’ultimo (dis)valore rimasto, mentre la popolazione viene “fatta a fette” e “spolpata” come i puppet raffigurati. Il graffito è stato realizzato lungo la hall of fame62Hall of fame (tuya qiang 涂鸦墙) – Letteralmente “atrio della fama”, si riferisce a uno spazio in cui è permesso dipingere più o meno legalmente. Nelle hall of fame dipingono i writer intenti a un lavoro di ricerca artistica, che preferiscono porre l’accento sulla qualità dei pezzi che sulla quantità, ricercando uno stile sempre più originale. di Jingmi Road, un luogo particolarmente significativo per la crew perché l’ABS è stata la prima a utilizzare questo muro nel 2010 e da quel momento vi si è recata spesso a fare graffiti, attirando un sempre maggior numero di writer, fino a quando, nel 2012, è divenuta la più lunga hall of fame della capitale. In questo è stata aiutata dal fatto che la Jingmi Road si trova in un distretto a nord-est di Pechino che non cade sotto alcuna giurisdizione, quindi i graffiti non possono essere eliminati né dai “lavoratori deputati alla pulizia e all’igiene dell’ambiente” (huanweigong) né dai “lavoratori col compito di mantenere pulite le autostrade” (gongluyanghugong) (Llys 2015).
Un’altra battaglia sociale condotta dalla crew è quella contro l’inquinamento della capitale, che negli anni ha raggiunto livelli intollerabili, rendendo l’aria davvero irrespirabile. Tra le opere che affrontano questa tematica, vanno sicuramente ricordate la già citata Beijing Air Toxicity (2013), in caratteri e lettere bubble su lamiera, e Dirty City del 2015.
In quest’opera, realizzata sul portellone di un camion, campeggiano al centro le figure di due uomini simili a zombie, costretti a indossare maschere antigas a causa della tossicità dell’aria circostante. Questi morti viventi si stagliano su uno sfondo cinereo, interrotto solo da due grandi scritte in wildstyle in primo piano e caratterizzato dallo skyline di una città industrializzata, fatta di minacciose ciminiere fumanti. Si tratta di uno scenario a dir poco apocalittico, che prefigura un futuro non tanto lontano in cui l’uomo sarà privato di uno dei suoi beni vitali: l’aria che respira.
A conclusione di questa analisi, si può dire che l’ABS è una crew estremamente poliedrica, anzi, la più poliedrica della città di Pechino. La sua attività creativa varia dal bombing illegale per le strade a collaborazioni con famosi brand commerciali, dal lavoro su hall of fame concesse dalle autorità governative all’assalto creativo a edifici abbandonati nelle periferie delle città, da pezzi di denuncia su scheletri di archeologia industriale a opere di design per prodotti di merchandising. Il suo stile è fortemente influenzato dalla tradizione euro-americana e intriso di cultura hip-hop, è caratterizzato da forti accenti di wildstyle e note funky erifugge perlopiù dall’utilizzo di caratteri cinesi, pur presentando talvolta rimandi alla cultura d’origine, soprattutto nella scelta dei puppet e dei motivi decorativi. Il suo è uno stile che va sempre più aprendosi al mondo, anche grazie alla vocazione internazionale che la crew sta coltivando. Nonostante ciò, il focus della crew rimane saldamente imperniato sul territorio cinese ed è finalizzato alla promozione e alla diffusione della cultura dei graffiti in Cina. Secondo Andc, il principale proposito per il futuro è quello di mettere «tutta l’energia possibile per rendere i graffiti una forma d’arte sempre più popolare e per coinvolgere un numero sempre maggiore di giovani in questa attività» (intervista 2015).