1.2. La stele di Gebel es-Silsileh
A circa 150 km a sud di Karnak, a Gebel es-Silsileh, una delle più grandi zone di estrazione di pietra arenaria in Egitto, Amenhotep IV fece preparare una stele rupestre per celebrare l’inizio dei lavori per la preparazione di un centro di culto a Karnak (Legrain 1902, pp. 259-266; Sandman 1938, pp. 143-144; Helck 1961, pp. 336-337; Murnane 1995, pp. 30-31). Il documento è di eccezionale importanza in quanto mostra come, già nelle primissime fasi del regno, la politica religiosa del sovrano fosse in bilico tra tradizione e innovazione. La superficie della stele è in gran parte occupata da un’immagine del re, con la corona bianca1Vedi Glossario – CORONA BIANCA: In antico egiziano hedjet. Questa corona, di colore bianco, è attestata sin dal periodo predinastico e ha una forma rastremata verso l’alto e sommità a pomello. Rappresenta l’Alto Egitto., mentre porge un’offerta ad Amon-Ra. L’iscrizione ci rivela che il re, anche se appare ancora sotto la tutela di Amon, organizzò dei lavori per una forma del dio sole che si presenta subito come una divinità fuori dal comune, benché ancorata alla tradizione della religione solare egiziana. In maniera del tutto insolita, nel testo il re si definisce come il «primo hem-netjer» della divinità, ossia come il sommo sacerdote del suo culto. L’adozione di questo titolo sacerdotale, utilizzato anche in alcuni altri documenti per essere poi abbandonato, mirava a sottolineare come il controllo e la gestione di questo nuovo culto dipendessero direttamente dalla volontà del sovrano. L’Egitto intero, da sud a nord, è chiamato a contribuire alla realizzazione del nuovo edificio sacro, definito «il grande Benben2Vedi Glossario – BENBEN: una pietra sacra a Heliopoli. Era ritenuta la manifestazione della collina primordiale sulla quale il dio creatore Atum avrebbe preso sede per dare origine al mondo. Si ritiene inoltre che abbia ispirato la forma dell’obelisco.», espressione che fa riferimento alla tradizione solare heliopolitana e al suo culto attorno a una pietra alzata, come un’alta stele o un obelisco. L’ordine impartito dal re è di costruire questo «grande Benben» per la divinità a Ipet-sut, ossia a Karnak, territorio sotto il dominio del dio Amon. Il dio sole appare come una speciale forma di Ra-Horakhty, il cui nome è seguito da una serie di epiteti che, in un futuro non lontano, come vedremo, verranno scritti – senza nessuna eccezione – all’interno di due cartigli e ritenuti un vero e proprio nome didascalico e fisso della divinità. Nella stele il nome del dio ricorre in due occasioni, prima come «Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce [= shu] che è in Aten» e poi in una forma abbreviata, «Horakhty nel suo nome di luce [= shu] che è in Aten», il che suggerisce che in questa fase iniziale del regno non vi fosse ancora una completa rigidità nel suo utilizzo.
La stele fu destinata a subire atti vandalici almeno in un paio di occasioni, prima dai sostenitori dell’Aten, che cancellarono il nome di Amon, e poi, ancora più severamente, da coloro che attaccarono la memoria del re, obliterandone il nome e l’immagine.
Sopra l’immagine del re (rivolta verso Amon): «Il re dell’Alto e del Basso Egitto, [Neferkheperu]ra [Uaenra], il figlio di Ra, del suo corpo, Amenhotep, la cui durata di vita è grande».
Sopra il dio Amon (rivolto verso il re): «Parole da recitare da parte di Amon-Ra, il re degli dei: [io ti ho dato] vita, stabilità e dominio».
Testo principale:
Viva l’Horo ‘Toro possente, alto di piume’, le Due Signore ‘Potente di regalità in [Ipet-sut = Karnak]’, il falco d’oro ‘Colui che eleva le corone nella Heliopoli meridionale’, il re dell’Alto e del Basso Egitto, il primo sacerdote hem-netjer di ‘Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce che è in Aten’, Neferkheperura Uaenra, il figlio di Ra [Amenhotep], la cui durata di vita è grande – possa egli vivere per sempre, in eterno! – [amato di] [Amon-]Ra, signore del cielo, sovrano dell’eternità. La prima occasione di sua Maestà di ordinare allo [scriba regale], il generale Amon[emheb] di intraprendere tutti i progetti di opere, partendo da Elefantina sino a Sambehdet, e ai comandanti dell’esercito di organizzare una grande forza lavoro per l’estrazione di arenaria per realizzare il grande Benben di ‘Horakhty nel suo nome di luce che è in Aten’ a Ipet-sut, [mentre] i dignitari, i compagni, i capi e i portatori di stendardo saranno i responsabili dei contributi per il trasporto della pietra.
La solarizzazione di Amon non impedì dunque la costituzione, all’interno dell’area sacra di Karnak, di un nuovo culto solare e la realizzazione di un progetto architettonico in suo onore. Il fatto che nella stele di Gebel es-Silsileh a essere rappresentato non sia Ra-Horakhty, ma lo stesso Amon e che il re si definisca come suo «amato» permette di ritenere che all’inizio del regno il nuovo culto e quello del dio di Tebe coesistettero in maniera pacifica. Allo stato attuale delle fonti, è impossibile sapere come i sacerdoti di Amon di Karnak presero questa iniziativa della corte. Con indifferenza? Furono coinvolti nella decisione? O subirono passivamente? Altrettanto impossibile è capire se l’inaugurazione di questo nuovo progetto a Karnak e la definizione, attraverso la creazione di nuovi epiteti, della natura del dio sole fossero già nei piani del sovrano sin dal momento della sua salita al trono, oppure se siano il frutto di una decisione improvvisa. La rinuncia di procedere con i lavori inaugurati da Amenhotep III a Karnak e nel tempio di Soleb potrebbe suggerire che nel primo anno di regno si sia verificato un qualche avvenimento che abbia spinto il sovrano a modificare la sua politica religiosa.
A questo proposito, come vedremo, nelle stele di confine erette nella nuova città che, di lì a pochi anni, il re fece costruire per il dio Aten, alcuni passi sembrano alludere al fatto che a Tebe sia accaduto qualcosa di così spiacevole da trovare spazio in un testo ufficiale. Anche nel caso in cui vi fossero state delle tensioni con il clero tebano, tutto lascia pensare che in un primo momento Amenhotep IV abbia dato vita al nuovo culto solare senza entrare in contrasto con gli antichi dei, in particolare con il dio Amon. Tuttavia, l’insolita assunzione da parte del re del titolo di sommo sacerdote suggerisce che Amenhotep IV in persona abbia deciso l’attivazione del nuovo culto e che non avesse intenzione di cederne ad altri la gestione.