1.1. La stele degli architetti Suty e Hor
Un testo inciso su una stele di due fratelli di nome Suty e Hor (British Musem EA 826) illustra appieno questa nuova tendenza religiosa (Varille 1941; Helck 1955-58, pp. 1943-1947; Helck 1961, pp. 328-331; Assmann 1975, pp. 209-212; Lichtheim 1976, pp. 86-89; Murnane 1995, pp. 27-28; Gulyás 2009, pp. 113-131). Forse due gemelli, Suty e Hor furono persone d’altissimo rango, essendo architetti del faraone Amenhotep III e responsabili dei lavori a Luxor e nella riva occidentale tebana. È possibile che, a un certo punto della loro vita, essi siano caduti in disgrazia, in quanto, sui loro monumenti, le loro immagini e talvolta i loro nomi furono deliberatamente erasi. La stele, conservata al British Museum di Londra (EA 826), potrebbe essere stata preparata per essere posta nella loro tomba, oggi perduta. Benché la sua datazione sia incerta, si ritiene sia stata incisa alla fine del regno di Amenhotep III. Nella forma e nelle immagini, essa è del tutto tradizionale. La sua originalità si trova nelle iscrizioni, in particolare in un inno solare che esprime un pluralismo di credenze, alcune già attestate in testi simili più antichi, altre invece più innovative, precorritrici di alcuni elementi presenti negli inni dedicati all’Aten di epoca successiva.
L’inno inizia con un’affermazione che non lascia spazio a fraintendimenti sulla natura del dio Amon, ormai del tutto solarizzato: «Adorazione di Amon quando sorge come Horakhty», ovvero «Horo dei due orizzonti», una forma del dio falco inteso come sole nascente e calante. Il dio sole è evocato, come d’uso, attraverso alcuni dei suoi nomi tradizionali: Horakhty, Ra e Khepri1Vedi Glossario – KHEPRI: Letteralmente «Colui che nasce» o «che si manifesta», è la manifestazione mattutina del sole. Questo dio era raffigurato come uno scarabeo o, più raramente, come un uomo dal volto di scarabeo.; a mia conoscenza, è però la prima volta che, in un inno, un passo inizia con un’invocazione diretta ad Aten: «O Aten del giorno».
Nel testo incontriamo già alcuni temi che saranno utilizzati in maniera ricorrente durante il regno di Akhenaten: l’importanza che la luce del sole esercita sul mondo creato, l’oscurità che equivale a immobilità e la natura misteriosa della divinità, sebbene visibile in cielo a tutte le creature. Il dio sole, inoltre, non ha un creatore, in quanto si è autogenerato. L’idea dell’unicità della divinità non è certo un’innovazione di questo testo, ma qui essa diventa centrale, al punto che, benché si menzionino altre divinità – come il dio ariete Khnum o la dea del cielo Nut2Vedi Glossario – NUT: Antica dea del cielo, rappresentata come una donna che si curva sopra il dio della terra Geb, suo fratello e compagno. Si pensava che inghiottisse il sole la sera e lo facesse rinascere al mattino. Era anche la madre di Osiri, Isi, Nefti e Seth. – il dio sole appare come un’entità solitaria, la quale, a differenza di quanto avviene nelle composizioni più tradizionali, non è accompagnata o assistita da altri nel suo percorso.
Adorazione di Amon quando sorge come Horakhty, da parte del sovrintendente alle opere di Amon Suty e del sovrintendente alle opere di Amon Hor. Essi dicono:
‘Salute te, [O] bel Ra di ogni giorno, che sorge all’alba senza interruzione. Khepri, che si stanca a causa delle opere [della creazione]. I tuoi raggi sono [disponibili] alla vista, senza che ciò si comprenda, e l’elettro3Vedi Glossario – ELETTRO: Lega di oro e argento prodotta artigianalmente, ma presente anche in natura nelle zone desertiche egiziane. Era utilizzata sin dall’Antico Regno per la realizzazione di gioielli; in seguito fu impiegata soprattutto come rivestimento ornamentale o elemento decorativo. non è comparabile al tuo splendore.
[Tu] che creasti te stesso, che forgiasti le tue membra e che genera senza essere stato generato! L’unico, che raggiunge l’eternità, alto sopra le strade e con milioni [di esseri] sotto la sua guida. Com’è il tuo splendore, così è lo splendore del cielo e la tua carnagione brilla più che la sua tonalità. Quando tu attraversi il cielo, tutti ti vedono e quando ti allontani tu sei nascosto alla loro vista. Quando presenti te stesso all’alba, il tuo viaggio – nella tua Maestà – ha successo, [e anche se] il giorno è breve, tu viaggi per strade e fiumi per milioni e centinaia di migliaia [di passi]. Ogni giorno equivale a un attimo sotto di te! [Ma] esso termina quando tramonti. Allo stesso modo, tu hai completato le ore della notte e l’hai organizzata, e non si verifica nessuna interruzione alle tue opere. Tutti gli occhi vedono grazie a te, essi non possono fare nulla quando la tua Maestà tramonta. Quando tu ti metti in moto per sorgere all’alba, la tua luminosità apre gli occhi del tuo bestiame, e quando tramonti nella montagna occidentale, essi dormono come alla maniera della morte.
Salute a te, [O] Aten del giorno, che hai creato la totalità degli uomini e li hai fatti vivere, il grande falco, dal piumaggio variegato, lo scarabeo che si è innalzato da solo, che ha creato se stesso senza essere stato generato, Horo il primogenito, che risiede in Nut [= dea del cielo], per il quale si gioisce quando egli appare, così come quando tramonta; colui che forgia ciò che il suolo crea; Khnum e Amon dell’umanità, che ha preso possesso [della popolazione] delle Due Terre, dal grande al piccolo. La madre che giova a dei e uomini, paziente artigiano, il grande che si affatica creandoli senza numero, valente mandriano che conduce il suo bestiame, il loro rifugio e che li fa vivere. Uno che si affretta a percorrere il corso [del sole], Khepri, la cui nascita è illustre, che eleva la sua bellezza nel ventre di Nut, che illumina le Due Terre con il suo disco (aten), il primordiale delle Due Terre, che ha creato se stesso e che vede tutto ciò che ha fatto, da solo, e che raggiunge l’estremità delle terre ogni giorno, alla vista di coloro che le percorrono; che sorge in cielo e che è venuto all’esistenza di giorno, che fa le stagioni con i mesi, e il calore che egli desidera e la freschezza che egli desidera. E quando fa sì che i corpi si indeboliscano, egli li rimette insieme.4Il significato di questo passo è incerto. Potrebbe far riferimento al fatto che il dio si prende cura dei corpi degli uomini quando questi muoiono, oppure semplicemente a un’azione ristoratrice del sole. Ogni paese gioisce quando egli sorge ogni giorno per venerarlo’.
Il sovrintendente alle opere Suty e il sovrintendente alle opere Hor. Egli dice: ‘Io ero il controllore degli alloggi privati, sovrintendente alle opere nel tuo [= Amon] stesso santuario. Tuo figlio, il tuo amato, il signore delle Due Terre Nebmaatra [= Amenhotep III], dotato di vita, agisce per te. Il mio signore mi ha nominato per compiere i tuoi monumenti, poiché io sono abile e vigile; io ho agito come un valido controllore nei tuoi monumenti, facendo ciò che è giusto per il tuo cuore, poiché io so che tu sei felice di ciò che è giusto e che rendi grande colui che lo compie sulla terra. [Io] l’ho compiuto e tu mi hai reso grande! Tu mi hai concesso dei favori nel paese e nel tempio di Karnak. Quando apparivi, io ero al tuo seguito. Io sono uno giusto, il cui abominio è il male, e che non è contento, in nessuna questione, di colui che dice falsità, ma [solo] di mio fratello, sotto ogni aspetto, poiché io sono contento dei suoi modi. Egli è uscito dal ventre con me, in questo giorno’. Il sovrintendente delle opere di Amon in Karnak Suty e Hor: ‘[Mentre] io ero controllore dell’ovest, lui lo era dell’est. Noi dirigemmo i grandi monumenti nel tempio di Karnak, a sud di Tebe, la città di Amon. Possa tu garantirmi un’età avanzata nella tua città, cosicché io possa [vedere] la tua bellezza, e una sepoltura nell’occidente, il luogo della pace del cuore, [cosicché] io mi unisca ai favoriti, che vanno in pace. Possa tu donarmi una dolce brezza quando approdo,5Ossia quando arriverà nell’aldilà, nel momento della morte. indossando una ghirlanda6Seshedu, ghirlande o nastri che potevano essere indossati in occasione di feste religiose. nel giorno della festa wag’.
Alla morte di Amenhotep III, dopo un regno di almeno 37 anni, il trono passò a suo figlio Amenhotep IV, nato dalla grande sposa regale Tye. Alla sua incoronazione, il giovane re adottò, come era tradizione per i re d’Egitto, altri quattro nomi, i quali, accanto al nome attribuitogli alla nascita, costituivano una sorta di annunciazione del programma politico e religioso del nuovo sovrano. Non sorprende che i nomi scelti da Amenhotep IV lo associassero alla città di Tebe e al suo grande tempio di Karnak e lo ponessero sotto la protezione del dio Amon.
Come primo nome, noto come «nome d’Horo» – attraverso il quale i re egiziani si presentavano come l’incarnazione dell’antico dio falco – scelse Ka-nekhet qai-shuty, «Toro possente, alto di piume», che allude al caratteristico copricapo con due piume associato alla regalità e ad alcune divinità, fra cui lo stesso Amon.
Il secondo nome della titolatura era chiamato nebty, letteralmente le «Due Signore», ossia la dea avvoltoio Nekhbet7Vedi Glossario – NEKHBET: Dea avvoltoio di Elkab, spesso raffigurata sotto questa forma mentre si libra sopra l’immagine del re. Tutelava la monarchia dell’Alto Egitto., signora dell’Alto Egitto, e la dea cobra Uadjet8Vedi Glossario – UADJET: Dea cobra originaria di Buto e protettrice del Delta. Assieme a Nekhbet del sud costituivano le «Due Signore» e figuravano sulle corone del sovrano come rappresentanti rispettivamente dell’Alto e del Basso Egitto, uniti sotto il governo del sovrano., signora del Basso Egitto; per questo nome, evidente allusione alla dualità del paese, scelse User-nesyt-em-ipet- sut, «Potente di regalità in Ipet-sut [= Karnak]».
Il terzo nome è il cosiddetto nome “falco d’oro”, o Horo d’oro; il riferimento al prezioso metallo evoca l’incorruttibilità della natura del re/dio. Per questo nome scelse Utjes-khau-em-iunu-shemay, «Colui che eleva le corone nella Heliopoli meridionale», ovvero un altro appellativo per Karnak. Gli ultimi due nomi della titolatura venivano scritti all’interno di cartigli; il quarto nome è chiamato dagli egittologi “nome d’intronizzazione”, in quanto di solito preceduto dal titolo nesut-bit, spesso tradotto come «re dell’Alto e del Basso Egitto», ma letteralmente «colui a cui appartengono il giunco e l’ape», emblemi della Valle e del Delta del Nilo.
Come molti suoi predecessori, il re optò per un nome teoforo che facesse riferimento al dio Ra: Nefer-kheperu-ra Ua-en-ra, «Belle sono le manifestazioni di Ra, l’unico di Ra». Al suo nome di nascita Imen-hetep, ultimo della titolatura, fu aggiunto l’epiteto netjer heqa uaset: «Amenhotep, il dio che governa Tebe», mentre un secondo epiteto aa-em-ahau-ef, «la cui durata di vita è grande», venne in un primo momento inserito anch’esso all’interno del cartiglio, per essere in seguito collocato subito dopo di esso, diventando parte integrante della titolatura del re per il resto della sua vita.
Tutto dunque dovette apparire ben inserito nel solco della tradizione. La titolatura, con i suoi cinque nomi, così come le primissime azioni compiute dal giovane re non lasciavano presagire nulla di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco. Anche i lavori architettonici organizzati dal sovrano nel primo anno di regno sono nel segno della continuità e votati soprattutto alla memoria del padre defunto. Amnehotep IV diede l’ordine di completare il pilone9Vedi Glossario – PILONE: Il termine deriva dal greco «grande porta d’accesso». In egittologia indica la porta monumentale di accesso ai templi, affiancata da due torrioni. Questi ultimi erano dotati di scale interne che conducevano al tetto; all’esterno erano di solito decorate con scene d’abbattimento dei nemici o di offerta. Il varco che si apriva nel mezzo della struttura era chiuso da una porta in legno a due battenti. Davanti al pilone si ergevano delle aste portabandiera, colossi regali e obelischi. – ossia il portale monumentale – del tempio di Soleb, in Nubia, iniziato dal padre, dove si fece raffigurare in presenza di alcune importanti divinità, oppure mentre viene incoronato dagli dei Atum e Ueret-hekau o da Seth e Horo10Vedi Glossario – HORO: Sotto il nome di Horo si annoverano diverse divinità celesti raffigurate sotto forma di falco o come un uomo a testa di falco. Dio antichissimo, i sovrani egiziani si identificarono ben presto con lui per associarsi al mondo divino. Secondo il mito, fu ritenuto figlio di Isi e Osiri, ucciso dal fratello Seth. Questo mito, in cui si sottolinea il contrasto tra ordine e caos, ebbe forti connotazioni regali: Horo è infatti il successore di Osiri e garante della Maat, mentre Seth è la controparte del disordine e del caos.. A Karnak lavorò nel terzo pilone, fatto erigere anch’esso da Amenhotep III, dove fece scolpire una grande immagine di se stesso nel tradizionale atto di colpire i nemici, tenuti per i capelli. Si tratta di una delle primissime immagini del sovrano: la testa è purtroppo mancante, ma il corpo appare giovane e tonico, secondo lo stile tradizionale.
Altre immagini di Amenhotep IV risalenti alla primissima fase del suo regno, e che lo ritraggono prima dell’adozione del nuovo stile figurativo, si trovano all’interno della tomba tebana (TT 192) di un altissimo funzionario di nome Kheruef, attivo durante il regno di Amenhotep III. Una scena esprime la pietà filiale del giovane re nei confronti del padre defunto: Amenhotep IV, la cui figura fu in seguito erasa con deliberato proposito, versa libagioni davanti ai suoi genitori (Fig. 1); in una scena accanto, un’altra immagine del re, anch’essa danneggiata, porge offerte a Ra-Horakhty (Epigraphic Survey 1980, tavv. 11-12).
In una doppia scena incisa sull’architrave della porta della tomba, il sovrano è ritratto mentre compie delle offerte: da un lato dona due piccoli vasetti di vino al dio Ra-Horakhty «dio grande, signore del cielo», a corpo umano e testa di falco, seguito dalla dea Maat11Vedi Glossario – MAAT: Non si tratta di una vera e propria divinità, piuttosto della personificazione di un’idea, ossia dell’ordine del mondo così come fu costituito dagli dei al momento della creazione. Attraverso di essa il mondo creato conservava la sua armonia e integrità. Rappresentata come una donna con una piuma sul capo, era considerata figlia di Ra., la «figlia di Ra» e personificazione dell’armonia che governa il mondo creato, dall’altro brucia incenso per Atum «signore di Heliopoli», dietro il quale si trova la dea Hathor12Vedi Glossario – HATHOR: Divinità molto popolare in Egitto, raffigurata come donna con corna di vacca e disco solare o come vacca. Era ritenuta figlia di Ra e sposa del dio Horo. «padrona di Tebe» (Epigraphic Survey 1980, tavv. 9-10) (Fig. 2). In entrambi i casi, il giovane re è seguito dalla madre Tye, il che farebbe pensare che Amenhotep IV non fosse ancora sposato con Nefertiti. La regina madre è raffigurata mentre regge tra le mani un sistro13Vedi Glossario – SISTRO: Strumento musicale simile a un sonaglio, costituito da una lamina in metallo ripiegata e dotata di manico e traversata da lamine con dischetti. Il sistro svolgeva un ruolo importante nel culto, soprattutto di divinità femminili. Mediante lo scuotimento dello strumento si produceva un tintinnio che scandiva il tempo nelle cerimonie templari., un piccolo strumento musicale a percussione. Al di sotto, gli stipiti della porta presentano dei testi in colonne di geroglifici contenenti delle formule d’offerta in onore di alcune tradizionali divinità del pantheon egiziano, come Ra-Horakhty, Osiri, Isi, Amon-Ra, Atum, Thot e Anubi14Vedi Glossario – ANUBI: Dio della mummificazione e delle necropoli e raffigurato come un canide o a corpo umano e testa di canide. Secondo il mito, avrebbe provveduto a imbalsamare il corpo di Osiri.. Nessuna dottrina atenista trova spazio all’interno di questa sepoltura. Il termine aten, «disco», ricorre solo in un paio di occasioni, mentre negli inni presenti, ricchi di riferimenti mitologici, si conferma la totale assimilazione tra il dio sole e il dio Amon di Tebe (Epigraphic Survey 1980, tavv. 7, 15, 20).
Ma ben presto, come vedremo, Amenhotep IV iniziò a mostrare un interesse speciale verso il dio Aten. I lavori intrapresi a Soleb e a Karnak furono infatti bruscamente interrotti. È plausibile che il motivo dell’abbandono di questi cantieri sia da ricercarsi nella volontà del sovrano di indirizzare le energie disponibili alla realizzazione di un nuovo progetto edilizio dedicato a una rinnovata forma del dio sole, come testimonierebbe la stele di Gebel es-Silsileh.