PER CONCLUDERE
Se il diritto in divenire è caratterizzato da un triplice ruolo – resistere, responsabilizzare, anticipare – tali funzioni non vanno poste tutte sullo stesso piano. Resistere alla disumanizzazione richiama il ruolo tradizionale del diritto: stabilire dei divieti. Al contrario, trasformare il concetto di “responsabilità” in “processo dinamico di responsabilizzazione” e mettere in atto dei processi di anticipazione significa ricorrere a ciò che mi piace chiamare “le forze immaginanti del diritto”, arrivando così a definire una dinamica. Quest’ultima non dovrà tuttavia mai farci dimenticare la limitatezza umana, non essendo le nostre capacità cognitive illimitate. Esse sono indubbiamente insufficienti. Paul Ricœur lo sosteneva già qualche anno fa: insufficienti perché «lo scarto tra gli effetti voluti e la totalità innumerevole delle conseguenze dell’azione» (Ricœur 1995, pp. 68-69; trad. it. p. 78)1Ricœur, P. (1995) Le concept de responsabilité. Essai d’analyse sémantique. In: Le Juste, 1, Paris: Esprit. Trad. it: Il concetto di responsabilità. Saggio di analisi semantica. In: Il Giusto, vol. 1, trad. D. Iannotta, Cantalupa (Torino): Effatà edizioni, 2005. sia veramente controllabile. Non siamo in grado di controllare tutto. Se volesse anticipare tutti i rischi e proteggere contro tutti i pericoli, il diritto alimenterebbe una cultura della paura, favorendo così anche l’avvento di regimi autoritari o addirittura totalitari.
Ebbene, tale cultura è relativamente nuova o, in ogni caso, poco analizzata dagli storici occidentali, a eccezione di Jean Delumeau nella sua Histoire de la peur en Occident (Delumeau 1978)2Delumeau, J. (1978) La Peur en Occident (XIVe-XVIIIe siècle), Paris: Fayard. Trad. it: La paura in Occidente. Storia della paura nell’età moderna, trad. P. Traniello, Milano: Il Saggiatore, 2018.. Ci si potrebbe chiedere se la paura non fosse diventata tabù, con il potere che si attribuiva piuttosto il compito di rassicurare e proteggere, che, d’altro canto, è il titolo di un’altra opera di Jean Delumeau (Delumeau 1989)3Delumeau, J. (1989) Rassurer et protéger. Le sentiment de sécurité dans l’Occident d’autrefois, Paris: Fayard. Trad. it: Rassicurare e proteggere, trad. B. Betti, Milano: Rizzoli, 1992..
Oramai la paura non è più tabù, è diventata una forma di governance, se non addirittura un modo di governare. Per proteggere adeguatamente, bisogna mettere in allerta. Ovunque, in qualsiasi momento, dalla scuola materna e per tutta la vita. In altre parole, la soglia di tolleranza si è indebolita. L’ideale sarebbe neutralizzare tutti i rischi per darsi l’illusione di padroneggiare perfino l’imprevedibile. La spiegazione potrebbe trovarsi nel fatto che è aumentata l’imprevedibilità. Si tratta tuttavia di un’ipotesi che avanzo con prudenza. Se il caso non è altro che l’incontro fortuito di una serie di causali eterogenee, si può pensare che il progresso tecnologico faccia aumentare non tanto i pericoli, quanto piuttosto proprio tale componente casuale. Si può pensare che il progresso tecnologico renda il progresso più imprevedibile perché vediamo moltiplicarsi le interazioni tra molteplici cause di origine naturale o umana, il tutto potenziato dallo strapotere dei mezzi tecnici. Ma allora, come reinventare dei rituali che rassicurino e restituiscano fiducia in un destino che non è necessariamente tragico? Come evitare di ricorrere ancora al meccanismo del capro espiatorio? In un certo qual modo, è proprio questo il ruolo che è stato affidato all’esecuzione extragiudiziale di Bin Laden.
Vorremmo sfuggire all’alternativa tra il sogno del superuomo delle correnti post-umaniste e l’incubo della catastrofe delle correnti ecologiste. Non si può non pensare, a questo punto, alle opere di Hans Jonas (Jonas 1979, pp. 16, 424; trad. it. p. 269 ss.)4Jonas, H. (1979) Das Prinzip Verantwortung, Frankfurt am Main: Insel. Trad. fr.: Le Principe responsabilité. Une éthique pour la civilisation technologique, Paris: Éditions du Cerf, 1990; Paris: Flammarion, 1995, 3e éd. Trad. it: Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, P. P. Portinaro, a cura di, trad. P. Rinaudo, Torino: Einaudi, 1993.. Segnato dalle derive che associava a ciò che chiamava «l’utopismo marxista nella sua stretta alleanza con la tecnica», il filosofo arriverà a opporre il “principio responsabilità” al “principio speranza” di Ernst Bloch. Chiaramente, la sua euristica della paura non riguarda la paura per sé stessi. Identificando i pericoli, Jonas lancia un appello – o intende farlo – al coraggio di assumersi la responsabilità nei confronti delle generazioni future. A mio avviso, tuttavia, la paura non sostituisce la speranza: la speranza «si lascia facilmente sedurre» diceva Platone nel Timeo, riconoscendo, comunque, che essa ha un ruolo nell’esercizio della ragione e nella ricerca della verità. Spetterà forse a questo diritto in divenire – il vero oggetto della mia ricerca sull’internazionalizzazione del diritto – riconciliare i due principi, in modo che la paura diventi solidarietà di fronte al rischio e che la responsabilità si apra alla speranza.