CAPITOLO 6
HENRIETTA SWAN LEAVITT
Honoured Miss Leavitt, What my friend and colleague Professor von Zeipel of Uppsala has told me about your admirable discovery of the empirical law touching the connection between magnitude and period-length for the Cepheid-variables of the Little Magellan’s cloud, has impressed me so deeply that I feel seriously inclined to nominate you to the Nobel prize in physics for 1926.
_ . _
Spettabile signorina Leavitt, ciò che il mio amico e collega professor von Zeipel di Uppsala mi ha riferito riguardo la sua straordinaria scoperta di una relazione empirica tra la luminosità e il periodo di variazione della stessa per le variabili Cefeidi nella Piccola Nube di Magellano, mi ha talmente impressionato che sarei intenzionato a nominarla per il premio Nobel della Fisica del 1926.
(Gösta Mittag-Leffler, Letter to Leavitt, 1925)
PAROLE CHIAVE
Donne “computer” / Spettroscopia stellare / Stelle variabili
Henrietta Swan Leavitt nacque a Lancaster, cittadina dello stato del Massachussets, il 4 luglio del 1868, in una famiglia molto religiosa. Il padre, George Roswell Leavitt, era un pastore della chiesa congregazionista e discendeva dal più noto John Leavitt, puritano e fondatore, nel 1681, della Old Ship Church a Hingham, in quella che fra il 1628 e il 1691 era stata la colonia inglese della Baia del Massachusetts. Dopo aver avuto una formazione di tipo classico, che comprendeva lo studio del greco e della filosofia, Henrietta si appassionò di astronomia, al punto tale che decise di offrire, nel 1895, il proprio contributo come assistente di ricerca volontaria a Edward Charles Pickering. Questi era, dal 1876, il direttore dell’Harvard College Observatory, un istituto che era stato fondato nel 1839 per gestire gli strumenti utilizzati dagli studiosi del Dipartimento di Astronomia di Harvard, l’università più antica degli Stati Uniti d’America.
La giovane era divenuta così una delle 80 “donne computer”, di cui Pickering aveva iniziato a circondarsi a partire dal 1881, anche se, contrariamente alle altre, avrebbe dovuto svolgere il lavoro gratuitamente, come volontaria, per sette anni, fino al 1902, anno in cui, dopo essere stata assunta, avrebbe cominciato a essere anche retribuita.
Pickering sarebbe stato ricordato, in futuro, esclusivamente per quella sua decisione, del tutto inusuale per l’epoca, di circondarsi di decine di signore che, dedicandosi con impegno e abnegazione all’astronomia, avrebbero raggiunto risultati che, come nel caso della Leavitt, si sarebbero rivelati fondamentali per l’avanzamento della ricerca astronomica.
Probabilmente, Pickering non pensava che dal suo gruppo di “donne computer” sarebbe uscita la scoperta del secolo. Le donne, secondo lui, erano semplicemente molto più accurate, ordinate, meticolose e pazienti degli uomini e quindi molto più adatte a svolgere la parte più tediosa del lavoro astronomico, ossia quella inerente la raccolta dei dati, la loro catalogazione e il loro confronto.
Il termine “donne computer” deve, infatti, essere inteso nell’accezione che poteva avere a fine Ottocento, ovvero quella di esecutrici, quasi fossero delle macchine, di un lavoro che non richiedeva necessariamente una formazione di tipo astronomico, ma dedizione assoluta, senso del dovere e del sacrificio, qualità che, del resto, venivano insegnate fin dall’infanzia a chi apparteneva al genere femminile. Nel caso in cui si fosse verificata l’eventualità di dover svolgere alcuni calcoli, le “donne computer”, degne di tale nome, lo avrebbero fatto manualmente con l’unico ausilio di carta e penna.
La prima “donna computer” che Pickering aveva assunto, nel 1881, non aveva alcun tipo di formazione, non solo per quanto atteneva alla matematica o all’astronomia, ma nemmeno a dei più semplici studi di base. Si trattava, infatti, della sua cameriera, Williamina Paton Stevens Fleming, una giovane di origini scozzesi che, compiuti i 21 anni, aveva sposato James Orr Fleming e si era quindi trasferita con lui a Boston, la grande città, di cui Cambridge (sede dell’Harvard College Observatory) può essere considerata una sorta di piccolo “satellite”.
James aveva abbandonato la moglie, in attesa del loro primo e unico figlio, quasi subito dopo il loro arrivo negli Stati Uniti e così Williamina si era vista costretta a cercare rapidamente un lavoro, che potesse garantire la sussistenza a lei e al bambino che stava per venire alla luce. Per sua grande fortuna, era stata assunta da Pickering e, appena un paio di anni dopo, questi, entrato in contrasto con alcuni collaboratori, dopo aver affermato che la sua cameriera sarebbe stata molto più affidabile di tutti loro, avrebbe ritenuto opportuno mutare le mansioni della giovane donna, facendola assumere nell’istituto che dirigeva.
La decisione di Pickering si sarebbe rivelata fondamentale, perché senza il lavoro costante, paziente e accurato di Williamina non avrebbe mai potuto portare a termine il progetto di spettroscopia stellare, che la vedova di Henry Draper, Mary Anna Palmer, aveva voluto finanziare per onorare la memoria del marito. Quest’ultimo era un medico che aveva coltivato per lungo tempo la sua grande passione, l’astronomia, raggiungendo risultati di notevole rilievo. Compiuti i 45 anni, aveva deciso di abbandonare definitivamente la cattedra di medicina all’Università di New York, per dedicarsi integralmente all’astronomia, ma per una terribile ironia della sorte era stato strappato alla vita, pochi mesi dopo, da una pleurite fulminante.
Fortunatamente, per Pickering e per Williamina, Henry Draper era riuscito a incontrare il direttore dell’Harvard College Observatory nel novembre del 1882, appena qualche giorno prima di ammalarsi mortalmente, e in quella occasione gli aveva mostrato gli spettri di decine di stelle che aveva ottenuto su lastra col telescopio, avente uno specchio primario di 28 pollici1Dal Glossario: Pollice – Il pollice, inch, utilizzato dagli inglesi (e nei paesi di cultura anglosassone) per indicare i diametri degli specchi dei loro telescopi, corrisponde a 2,51 cm. e una lunghezza focale2Dal Glossario: Lunghezza focale o distanza focale – In un telescopio è la distanza tra l’obiettivo (nel caso di un rifrattore) o lo specchio (nel caso di un riflettore) e il punto (il fuoco) in cui converge la luce. di 12 piedi, che aveva costruito proprio assieme alla moglie, Mary Anna.
Pickering era rimasto molto colpito da quell’ennesimo straordinario risultato di Henry Draper, che non giungeva, del resto, inaspettato. L’astronomo amatore era già noto ai professionisti di Harvard, sia per le sue doti di abilissimo costruttore di telescopi e di strumenti, sia per la sua fama di pioniere nell’introduzione delle tecniche fotografiche in astronomia. Nel corso del 1863, aveva ottenuto ben 1.500 lastre fotografiche della Luna e appena nove anni dopo, nel 1872, era stato il primo al mondo a registrare su lastra lo spettro di una stella, Vega. A seguito di quel suo grande successo, aveva deciso di collocare l’elemento disperdente, il prisma3Dal Glossario: Prisma – Uno dei possibili elementi “disperdenti” dello spettroscopio (l’altro è il reticolo). Per effetto della sua forma, il prisma riesce a produrre una grande rifrazione dei diversi “colori”, che costituiscono la luce bianca., non più all’interno dello spettroscopio, come aveva fatto per ottenere lo spettro di Vega, ma direttamente davanti allo specchio del suo telescopio e in questo modo era riuscito a ottenere, sulla medesima lastra, gli spettri di tutte le stelle che si trovavano nel campo visivo, con un evidente vantaggio in termini di tempo, in quanto con una singola esposizione si ottenevano simultaneamente più spettri. Queste lastre multi-spettro erano proprio quelle che Henry Draper era riuscito a mostrare a Pickering pochi giorni prima di morire.
Lo sfortunato medico statunitense, tuttavia, non era stato il primo a utilizzare quella tecnica, ingegnosa e di grande efficienza, che prende il nome di “prisma obiettivo” e viene tuttora utilizzata per classificare in modo rapido oggetti celesti, aventi delle caratteristiche spettrali diverse. Un gesuita italiano, padre Angelo Secchi, dopo aver posizionato un prisma davanti all’obiettivo di un telescopio rifrattore, collocato sul tetto della chiesa di Sant’Ignazio a Roma, aveva infatti osservato, tra il 1863 e il 1867, gli spettri di più di 400 stelle.
Gli spettri di padre Secchi, che dal 1849 rivestiva il ruolo di direttore dell’Osservatorio Astronomico del Collegio Romano, però, non erano su lastra, in quanto egli aveva operato prima del 1872, l’anno in cui Henry Draper avrebbe dimostrato al mondo che era possibile ottenere su quel nuovo rivelatore, oltre alle immagini degli oggetti astronomici, anche lo spettro di una stella. Pertanto, la classificazione accurata delle stelle, che padre Secchi aveva deciso di attuare per primo, si basava esclusivamente su quanto egli era riuscito a vedere, in tempo reale, nel corso di quei quattro lunghi anni, trascorsi notte dopo notte a identificare le righe scure negli spettri di tutte le stelle, che si trovavano nel campo visivo del suo telescopio.
Analogamente a quanto aveva già notato Fraunhofer, confrontando lo spettro di Sirio con quelli di Betelgeuse e Capella, anche padre Secchi si era accorto che gli spettri delle stelle mostravano delle differenze e, inoltre, aveva notato la presenza di una relazione tra il colore con cui le stelle apparivano nel cielo e i loro spettri. Tale relazione sarebbe stata compresa diversi anni dopo, per effetto degli studi compiuti da Kirchhoff e Bunsen, della teoria dell’emissione ideata da Max Planck e del modello atomico proposto da Bohr.
In assenza di un quadro interpretativo che gli permettesse di ordinare gli spettri, seguendo un parametro fisico, quale, ad esempio, la temperatura delle stelle, padre Secchi aveva deciso di dividere le stelle in quattro classi, ciascuna identificata da un numero romano. Nella classe I, aveva incluso le stelle biancastre o azzurrognole (come Sirio) i cui spettri erano dominati dalla presenza di poche righe di assorbimento; nella classe II, aveva posto, invece, le stelle gialle, simili al Sole (come Capella e Arturo) con lo spettro solcato da molte righe di assorbimento; nella classe III aveva inserito le stelle arancioni, che spesso mostravano anche una certa variabilità di luce, su periodi di tempo lunghi e irregolari (come Betelgeuse e Mira Ceti) e caratterizzate dalla presenza di bande larghe nello spettro e, infine, aveva attribuito all’ultima classe, le stelle simili a quelle della terza, ma più rosse e con le bande localizzate in posizioni diverse.
La proposta, che la vedova di Henry Draper fece a Pickering, prevedeva, oltre al finanziamento del progetto di spettroscopia stellare, anche la realizzazione di un telescopio, equipaggiato di prisma obiettivo, con cui sarebbe stato possibile ottenere ben 200 spettri alla volta e il direttore dell’Harvard College aderì a essa con enorme entusiasmo, decidendo di assegnare il compito di mettere ordine nella classificazione spettrale delle stelle (ideata da padre Secchi, diversi anni prima) proprio a Williamina, la sua ex-cameriera.