1.8. I graffiti di Abu Kua e dello Uadi Hammamat
Verso la fine del quarto anno di regno alcuni graffiti furono lasciati dai membri di una spedizione inviata da Amenhotep IV nelle cave dello Uadi Hammamat per il prelievo di pietra bekhen per la costruzione di una statua del re. La guida della spedizione fu affidata, come in altre occasioni durante il Nuovo Regno (Hikade 2006), al sommo sacerdote di Amon, il che non esclude che i rapporti tra il sovrano e il clero tebano fossero ormai compromessi. Un paio di graffiti si trovano anche nei pressi di Abu Kua, sulla strada per lo Uadi Hammamat. Essi sono di primaria importanza, in quanto contengono le prime raffigurazioni databili dell’iconografia del dio Aten come disco solare da cui dipartono i raggi.
Graffito Uadi Hammamat (Goyon 1957, pp. 106-107; Murnane 1995, p. 68):
Anno 4, terzo mese della [stagione] akhet, giorno 11, sotto la Maestà del re dell’Alto e del Basso Egitto Neferkheperura Uaenra, il figlio di Ra Amenhotep IV, quando fu dato l’incarico al primo sacerdote hem-netjer di Amon May, di portare della pietra bekhen [per] la statua del signore, vita, forza, salute.
Graffito di Abu Kua (Redford, Redford 1989, pp. 47-49; Murnane 1995, p. 69): un personaggio regge nelle mani un flabello con due piume nell’atto di adorare i due cartigli regali: «Fatto dal luogotenente Amenmes della compagnia ‘Sole dei principi’ della Casa della Vita».
Graffito di Abu Kua (Redford, Redford 1989, pp. 44-46, figg. 19-20; Murnane 1995, p. 69): un’iscrizione, che menziona «la compagnia ‘Sole dei principi’, il porta stendardo Ry», si trova accanto a una raffigurazione di tre cartigli – due del sovrano e uno di Nefertiti – sopra i quali vi è il disco solare con i raggi che terminano con delle piccole mani.
Come abbiamo visto, Amenhotep IV mostrò un interesse del tutto particolare per il culto solare sin dall’inizio del suo regno. Nel primo anno, ricollegandosi alla memoria del padre defunto, organizzò alcuni lavori nel tempio di Soleb e a Karnak. Entrambi i cantieri furono però presto interrotti per iniziare la realizzazione di un nuovo monumento per il dio sole nella stessa Karnak. Attraverso alcuni passaggi, la natura della divinità trovò una sua definizione, che la distinse da qualunque altra divinità del pantheon egiziano: prima grazie alla creazione di un lungo nome didascalico, poi, in un periodo compreso tra la fine del terzo anno e l’inizio del quarto anno, con l’inserimento di questo nome all’interno di due cartigli; infine, nell’arco di pochi mesi, con la rinuncia all’iconografia tradizionale per raffigurare il dio come un astro. Se in un primo tempo Amenhotep IV non esitò ad associarsi ad alcune divinità, in particolare Amon, pian piano esse scomparvero dai documenti ufficiali. A conferma di questa ormai esclusiva devozione nei confronti del suo dio «ankh-Ra-Horakhty che gioisce all’orizzonte nel suo nome di luce che è in Aten», durante i primi cinque anni di regno il sovrano fece costruire almeno quattro edifici sacri in suo onore a Karnak: il gem-pa-aten, o gemet-pa-aten, traducibile come «l’Aten è trovato/scoperto» o «ciò che l’Aten trova»; il rud-menu-en-aten-er-neheh, «duraturo di monumenti per Aten per l’eternità»; il tjeni-menu-en-aten-er-neheh, «elevato di monumenti per Aten per l’eternità» e l’hut-benben, ossia «la dimora del Benben», che pare confermare come il «grande Benben», menzionato nella stele di Gebel es-Silsileh, fosse il punto focale, a partire almeno da un certo periodo del regno, di un apposito complesso sacro. Per edificare questi monumenti il sovrano adottò, perlomeno a partire dal quarto anno, una nuova tecnica di costruzione, che prevedeva l’utilizzo delle cosiddette talatat, ossia blocchi di pietra dalle dimensioni identiche. Il gem(t)-pa-aten è l’unico che sia stato localizzato con certezza. Situato a est della cinta del tempio di Amon-Ra, consisteva in un’enorme area a cielo aperto (circa 220×220 m) con un muro decorato con talatat. Il tempio includeva, oltre a cappelle più piccole, un colonnato con pilastri quadrati, addossati ai quali vi erano statue colossali del re e di Nefertiti. La planimetria e la localizzazione degli altri tre edifici restano dubbi. I templi dell’Aten erano corti a cielo aperto dotate di altari e ispirati ai templi solari della V dinastia, dove le varie attività cultuali si svolgevano all’aria aperta, direttamente sotto i raggi del sole.
Le scene che decoravano il gem(t)-pa-aten erano soprattutto associate alla celebrazione, da parte del re e di Nefertiti, della heb-sed, ossia la festa-sed o «giubileo1Vedi Glossario – GIUBILEO: In antico egiziano heb-sed, «festa-sed»; è attestata, grazie a fonti scritte e iconografiche, a partire dai periodi più antichi sino all’epoca greco-romana. Durante questa festa, il cui scopo principale era quello di riconfermare il potere del sovrano in carica, la forza e la potenza del re venivano rinnovate attraverso una serie di prove che duravano alcuni giorni. Il re avrebbe continuato a celebrare feste-sed anche dopo la morte, al fine di riaffermare in eterno il suo potere regale.», che ebbe luogo nel terzo o quarto anno di regno. La festa, che aveva lo scopo di riaffermare la capacità del sovrano di governare il paese, era per tradizione celebrata dai sovrani dopo trent’anni dalla salita al trono. Pertanto, l’organizzazione di un giubileo così prematuramente ha suscitato un’ampia discussione tra gli studiosi (Gunn 1923; Gohary 1992; Laboury 2010, pp. 178-181; Dodson 2014, pp. 98-100). La vasta corte del gem(t)-pa-aten avrebbe potuto ospitare un ampio pubblico per assistere all’evento. Il significato del nome del luogo gem(t)-pa-aten, i riferimenti all’heb-sed e il fatto che il dio, ormai raffigurato come un disco solare, sia chiamato «Aten il vivente, il grande che è nella festa-sed» ha spinto a ritenere che l’heb-sed organizzata da Amenhotep IV non sia tanto per una nuova legittimazione del suo potere, quanto piuttosto per presentare all’Egitto la nascita della nuova divinità, che vantava, con i suoi nomi scritti in due cartigli, prerogative regali e sulla quale si reggeva il potere del sovrano e l’armonia del paese.
La rottura definitiva dalla tradizione fu suggellata da una decisione ancor più radicale. Sebbene nel corso dei primi quattro anni di regno il sovrano avesse portato a compimento, attraverso alcune tappe, la creazione e definizione di una nuova forma del dio sole, egli aveva altresì continuato a utilizzare il suo nome Amenhotep, «Amon è soddisfatto». Ma nel corso del quinto o all’inizio del sesto anno di regno, il re abbandonò il proprio nome di nascita a favore di un nome del tutto nuovo nel panorama dell’onomastica regale: Akhenaten (akh-en-aten). Il primo elemento del nome, akh, scritto con il geroglifico di un ibis crestato, rende la traduzione del nome incerta. Il termine akh esprime infatti diversi significati, perlopiù associabili all’idea dell’«essere efficace» (Friedman 1981, 2001). Il nome akh-en-aten potrebbe essere composto dal verbo akh, «essere efficace, essere utile, giovare», o dal sostantivo omofono akh, che denota uno degli elementi spirituali di cui sono dotati uomini e dei; se per i primi, si tratta di una forza vitale, dello «spirito» del singolo individuo – trasfigurato, efficace e beato – che sopravvive nell’aldilà, per gli dei è una potenza, una forza associata soprattutto al potere creativo della luce (Englund 1978). Pertanto, la traduzione di «Akhenaten» può oscillare tra «Colui che è efficace/utile a Aten» e «Spirito di Aten». Non si può comunque escludere che tale ambiguità fosse voluta e che la forma grafica del nome del re mirasse a evocare entrambi i significati, tra loro intrecciati: attraverso il nome «Akhenaten» il re volle presentarsi come colui le cui azioni sono utili a Aten (Friedman 1986) e, allo stesso tempo, come una sua emanazione, come l’immagine terrena dello «spirito» e della «potenza creatrice» della divinità.
È plausibile che il cambiamento del nome del re, che costituisce un evento senza precedenti nella storia egiziana, sia legato alla decisione di fondare una nuova città chiamata Akhetaten, akhet-aten, «Orizzonte di Aten», nei pressi dell’odierna Amarna, in onore del dio sole. L’allontanamento da Tebe e da Amon per Akhetaten va di pari passo con il rinnegamento del sentimento religioso espresso dal nome teoforo amoniano a favore di un nuovo nome atenista. Sull’Egitto regnava ora un sovrano al quale non interessava più essere motivo di soddisfazione per il dio tebano, bensì essere utile ad Aten e/o essere ritenuto la manifestazione terrena della divinità. Ma affinché ciò fosse possibile era necessaria una netta separazione da Tebe e la creazione di una nuova città interamente votata all’Aten.
Un papiro rinvenuto a Gurob (UC 32782-3: Griffith 1898, pp. 91-92, tav. 38) nel Fayum2Vedi Glossario – GUROB: La località di Gurob (in antico egiziano Mer-ur, il «grande canale») era situata all’ingresso del Fayum. L’area era già abitata sin dalle epoche più antiche; durante la XVIII dinastia, probabilmente durante il regno di Thutmose III, vi fu costruito un grande palazzo, che divenne particolarmente importante come residenza per la famiglia regale durante i regni di Amenhotep III, Amenhotep IV/Akhenaten e in epoca rames- side., datato al giorno 19, terzo mese della stagione peret del quinto anno di regno, contiene una lettera che Ipy, funzionario di Menfi, capitale amministrativa del paese, scrisse a Amenhotep IV per comunicargli che le cose procedevano per il meglio. Si tratta di un documento d’importanza eccezionale, in quanto contiene l’ultima attestazione datata del re come Amenhotep.
Il servitore del possedimento Ipy comunica all’Horo ‘Toro [possente], alto di piume’, le Due Signore ‘Potente di regalità in Ipet-sut’, il falco d’oro ‘Che eleva le corone nell’Heliopoli meridionale’, il re dell’Alto e del Basso Egitto, che vive di Maat, il signore delle Due Terre Neferkheperura Uaenra, il figlio di Ra, che vive di Maat, Amenhotep, il dio che governa Tebe, la cui durata di vita è grande, vivente per sempre, in eterno.
Possa Ptah, bello di volto, agire per te, lui che ha creato la tua bellezza, il tuo vero padre, dal quale tu sei emerso per governare il circuito di Aten […] [Questa è] una comunicazione [al mio signore] – vita, forza, salute – affinché sia informato che il tempio di tuo padre Ptah resy-ineb-ef,3Tipico epiteto di Ptah, letteralmente «colui che è a sud del suo muro», che fa verosimilmente riferimento alla posizione del luogo di culto del dio a Menfi, sua sede principale. il signore di Ankhtauy, è prospero e florido, che la casa del Faraone – vita, forza, salute – è in buon stato, che il complesso palaziale del Faraone – vita, forza, salute – è in buon stato e che l’alloggio del Faraone – vita, forza, salute – è in buon stato e in sicurezza. Le offerte di tutti gli dei e le dee che sono nel territorio di Menfi [sono state disposte] appieno e nulla è stato trattenuto, ma è offerto – puro, accettabile, approvato e selezionato – per conto della vita, forza e salute del re dell’Alto e del Basso Egitto, che vive di Maat, il signore delle Due Terre, Neferkheperura Uaenra, il figlio di Ra che vive di Maat, Amenhotep […]
A quanto pare, Ptah4Vedi Glossario – PTAH: Dio patrono degli artigiani. Secondo le dottrine di Menfi, suo centro di culto principale, il mondo sarebbe una sua creazione. , dio principale di Menfi5Vedi Glossario – MENFI: Situata a nord-est del Cairo, fu la prima capitale del paese e un importante centro religioso, amministrativo e militare. Il dio principale era Ptah, assieme al quale erano venerate altre numerose divinità, come la dea Sekhmet, gli dei Nefertem e Sokar e il toro Apis., e gli altri dei continuavano a ricevere le loro offerte e non sembrano essere toccati dall’inarrestabile ascesa del dio Aten. Poiché la lettera è stata rinvenuta assieme al suo duplicato (una copia doveva essere spedita, l’altra conservata negli archivi?), molti studiosi hanno ritenuto che essa non sia mai stata spedita. In tal caso, per quale ragione? Il suo contenuto era divenuto ormai inutile, se non fuori luogo? Avrebbe urtato il sovrano, piuttosto che compiacerlo? Non ci sono tuttavia elementi per comprendere appieno il significato della doppia copia di questa lettera e per quale motivo sia stata trovata a Gurob, in un palazzo regale a circa 60 km a sud di Menfi.
Nel decreto di fondazione di Akhetaten, datato soltanto 24 giorni dopo la missiva di Ipy e conservato su tre stele (stele M, X, K) che circondano il territorio della nuova città, il re è per la prima volta chiamato Akhenaten. Per la precisione, il nuovo nome del sovrano è leggibile solo sulla stele K, meglio conservata. A questo proposito, è interessante notare che, nella stessa stele, la regina è chiamata con il suo nome di nascita Nefertiti, mentre nella stele X, di poco posteriore e realizzata al confine nord della nuova città, la regina è designata come Neferneferuaten Nefertiti, «Bella è la bellezza di Aten, Nefertiti». Anche la regina assunse dunque, forse solo poco dopo il marito, un nome che ne esaltasse il legame con Aten. In seguito, il sovrano fece preparare altre stele di confine (A, B, F, J, L, N, P, Q, R, S, U, V) nelle quali il re appare di nuovo col nome di Akhenaten e che contengono una seconda proclamazione datata «anno 6, quarto mese della stagione peret, giorno 13», esattamente un anno dopo quello della prima proclamazione.
Il rinnegamento del proprio nome di nascita a favore del nome Akhenaten fu affiancato dal cambiamento di buona parte del resto della titolatura del re, assunta qualche anno prima, al momento della incoronazione. Ogni riferimento a Tebe o al dio Amon fu ripudiato a favore dell’Aten. Il nome d’Horo «Toro possente, alto di piume» fu sostituito con Mery-aten, «Amato di Aten»; il nome nebty, le «Due Signore», «Potente di regalità in Ipet-sut» divenne «Potente di regalità in Akhetaten» (User-nesyt-em-akhet-aten); al posto del nome “falco d’oro” «Colui che eleva le corone nell’Heliopoli meridionale» scelse Utjes-ren-en-aten, «Colui che eleva il nome di Aten». Solo il nome d’intronizzazione, preceduto dal titolo nesut-bit, Neferkheperura Uaenra, scritto dentro un cartiglio, non fu modificato. Il cambiamento della titolatura regale, con l’eccezionale rinuncia al nome di nascita Amenhotep, e la fondazione di Akhetaten costituiscono la consacrazione definitiva del nuovo culto solare. Il significato di queste decisioni è chiaro. Sul trono d’Egitto non sedeva più un sovrano la cui sola esistenza rendeva soddisfatti Amon e il suo potente tempio di Karnak, bensì un re la cui missione principale era quella di esaltare il dio sole Aten e il cui potere regale aveva il suo centro in una città a lui solo dedicata.