2. La difesa di Roma
Uno dei documenti più ragguardevoli rinvenuto tra le carte di Nicholas Brown è un messaggio del 3 maggio, a lui indirizzato in quei momenti drammatici e firmato dal Triumvirato che guidava il governo della Repubblica Romana: Giuseppe Mazzini, Carlo Armellini e Aurelio Saffi. Il fatto che scrivessero a Brown solo tre giorni dopo l’attacco francese dimostra quanto fosse ritenuto importante il suo sostegno. I tre scrissero la nota in francese:
«Siamo profondamente commossi, Signore, dai sentimenti che esprimete per la Repubblica Romana, e dagli sforzi che avete compiuto per assicurarvi che il vostro governo decida di riconoscerla. Non ci aspettavamo nulla di meno da un uomo la cui grande intelligenza è pari al suo nobile carattere»1Vedi Documento n. 3 in “SELEZIONE DI DOCUMENTI DAL FONDO NICHOLAS BROWN, JOHN HAY LIBRARY, BROWN UNIVERSITY”: “Nous avons été profondément touchés, Monsieur, des sentimens [sic] que vous exprimez pour la république romaine, et des efforts que vous avez faits pour obtenir que votre gouvernement se décidât à la reconnaître. Nous n’attendions pas moins d’un homme, chez qui la haute intelligence égale le noble caractère” (Mazzini, Armellini, and Saffi to Brown, 3 Mai 1849, in Nicholas Brown papers).. Per la pecora nera della famiglia Brown queste parole devono essere risultate particolarmente esaltanti.
Mazzini fu più un visionario che un politico ma, con l’esercito francese in attesa di rinforzi, con quelli napoletani e spagnoli in marcia in direzione nord verso Roma e con il temibile esercito austriaco che stava preparando la sua marcia a sud verso lo Stato Pontificio, egli si rese lucidamente conto che solo una cosa avrebbe potuto salvare la Repubblica Romana dalla rapida sconfitta. L’Assemblea nazionale francese non aveva mai autorizzato una guerra per favorire il ritorno del papa al potere2Sul dibattito tra i membri dell’Assemblea Nazionale relativo al ricevere informazioni circa gli avvenimenti del 30 aprile a Parigi vedi Assemblée nationale 1849, pp. 469-490, Séance du 7 mai.. Se, sulla scia delle proteste popolari di Parigi, si fosse potuto rovesciare il governo transalpino, la missione dell’esercito francese si sarebbe potuta trasformare in una missione di protezione della repubblica sorella a Roma.
Uno dei documenti presente nel fondo Nicholas Brown offre preziosi spunti di riflessione su questo tipo di logica. Il 10 maggio il vice console americano a Civitavecchia inviò a Nicholas Brown una lettera avvertendolo che ulteriori rinforzi dell’esercito francese stavano per arrivare, ma aggiungendo anche:
Qui c’è una diceria comune che riguarda il sentimento prevalente a Parigi in merito al tentativo di irruzione messo in atto dalle truppe francesi a Roma: e si teme concretamente che un’altra Rivoluzione debba iniziare3Consolato degli Stati Uniti, Civita Vecchia 10 maggio 1849, a Nicholas Brown Esqu., Console Generale degli Stati Uniti d’America, Roma (fondo Nicholas Brown). In questo rapporto del 4 maggio, Lowe parla dei continui arrivi di navi da guerra francesi da cui sbarcavano truppe per rafforzare quelle già presenti a Roma. La lettera del 4 maggio fa anche menzione del passaggio, nella notte del 2 maggio, della Princeton, nave da guerra americana, con a bordo una delegazione del nuovo governo di Firenze. Andava a incontrare il Granduca di Toscana, da poco fuggito a Gaeta..
Che il grande profeta dell’unificazione italiana e leader della Repubblica Romana, Giuseppe Mazzini, arrivasse a fare affidamento su Nicholas Brown in quei giorni fatali appare chiaro da vari documenti presenti nel fondo Nicholas Brown. Una lettera che Mazzini scrisse in data 11 maggio inizia così: «Ti sei dimostrato tanto favorevole alla nostra causa, che non esito a chiederti se ci puoi rendere un grande servizio con la concessione di due passaporti americani…». Continua spiegando che aveva bisogno dei passaporti americani per emissari che avrebbero condotto una importante missione all’estero, portando con loro una grossa somma di denaro4Come post scriptum a questa richiesta, Mazzini chiede: «Possiamo fare affidamento sulle informazioni fornite dal Principe di Canino a proposito dell’Inghilterra?». Il Principe di Canino non è altri se non Carlo Napoleone, al tempo presidente in carica dell’Assemblea Costituente di Roma e il cui cugino Luigi, presidente di Francia, era il responsabile dell’at- tacco a Roma..
Ora, proprio grazie alla raccolta di manoscritti del fondo, sappiamo che solo tre giorni dopo Mazzini chiese nuovamente l’aiuto di Brown, questa volta per ottenere un passaporto americano per Adriano Lemmi, una figura chiave, attivo nel ricercare fondi per l’unificazione italiana e in seguito capo della massoneria italiana5Vedi Documento n. 4 in “SELEZIONE DI DOCUMENTI DAL FONDO NICHOLAS BROWN, JOHN HAY LIBRARY, BROWN UNIVERSITY”: Mazzini a Brown, 14 maggio 1849, fondo Nicholas Brown. Su Lemmi (1822-1906), vedi Conti 2005..
Nel corso dello stesso mese Brown ricevette resoconti aggiornati da Lowe che si trovava a Civitavecchia, nei quali venivano dettagliati il numero delle truppe francesi appena sbarcate e le armi che utilizzavano. Il resoconto scritto da Lowe il 15 maggio riporta dell’arrivo, il giorno precedente, di una nave francese, la Pomona, che aveva a bordo 390 uomini, 36 cannoni e anche il nuovo emissario francese, Ferdinand de Lesseps. Lesseps era stato mandato dall’inferocita Assemblea francese subito dopo l’attacco francese a Roma; si sarebbe presto imbarcato in uno sventurato tentativo di risolvere il conflitto pacificamente6Lowe a Brown, 15 maggio 1849 (fondo Nicholas Brown). Lowe riferisce di ulteriori arrivi di truppe francesi in una lettera datata 22 maggio (fondo Nicholas Brown)..
Nel fondo Nicholas Brown c’è anche del materiale inviato ai Brown dalla famosa giornalista americana Margaret Fuller che, proprio mentre svolgeva la sua attività di corrispondente dal fronte della Rivoluzione Romana per la stampa americana, stava vivendo un suo dramma personale. Avendo intrecciato una relazione sentimentale con un italiano che combatteva tra le forze repubblicane – e avendolo forse anche sposato – aveva da poco partorito in segreto. Nella sua corrispondenza giornalistica del 27 maggio elogiò Brown, raccontando come la nobildonna Cristina Belgiojoso – forse la donna più importante del Risorgimento italiano – fosse da poco andata in giro per Roma alla ricerca di fondi per finanziare il suo lavoro di responsabile delle cure mediche per i soldati feriti: «i contributi volontari sono stati generosi… Sono orgogliosa di poter dire che gli americani di Roma hanno dato 250 dollari, la gran parte dei quali è stata donata da Mr. Brown, il Console»7Fuller 1991, p. 282..
Nel fondo Nicholas Brown troviamo anche un biglietto scritto da Margaret Fuller alla signora Brown, che aveva esteso a lei un invito a cena, forse quello stesso mese.
Cara signora,
un’amica, che ha un figlio molto malato, si aspetta che resti con lei questa notte. È anche difficile per me fare le visite di sera, poiché sono sola e non ho alcun servitore. Vi vedrò di nuovo un giorno, quando potrò tornare al tramonto8La lettera di Fuller a Mrs. Brown, nel fondo Nicholas Brown, porta la sola data di «martedì»..
Nel frattempo, Nicholas Brown continuava a inviare resoconti entusiastici a Washington circa le virtù della Repubblica Romana. «I sentimenti più caldi di umanità», scriveva il 19 maggio, «infiammano la popolazione [romana], dopo la battaglia [nel corso della quale i francesi erano stati respinti il 30 aprile]. I francesi feriti e quelli fatti prigionieri sono trattati con la massima gentilezza […] Durante questa terribile crisi, l’ordine pubblico è rimasto indisturbato […] Nel frattempo, l’Assemblea Costituente […] ha con costanza proseguito il suo programma di riforma ben ponderato e prudente»9Brown a Clayton, Roma, 19 maggio 1849 (Stock 1945, pp. 173-175)..
Il 2 giugno, mentre Roma era sotto assedio, Brown ricevette un lasciapassare dall’incaricato dell’Ambasciata francese a Roma che accordava a lui, alla moglie, ai loro due bambini e al medico di famiglia di viaggiare «nella loro carrozza e con i propri cavalli» fino alla dimora del vice console americano a Civitavecchia10M. de Gerando, Chancelier, chargé des affaires de la République Française, a Nicholas Brown, 6 giugno 1849 (fondo Nicholas Brown)..
Sembra improbabile che quel viaggio sia veramente avvenuto, dal momento che quella stessa notte i francesi scatenarono l’attacco finale su Roma. Nonostante i massicci bombardamenti delle mura di Roma da parte delle truppe francesi e la morte e la mutilazione di molti, nella fase iniziale dell’attacco la difesa della città fu efficace. All’inizio di giugno Lesseps – dopo aver raggiunto un accordo con Mazzini – fu richiamato a Parigi e l’accordo ripudiato da Luigi Napoleone. L’11 giugno, otto giorni dopo l’inizio dell’attacco francese, Lowe informò Brown dell’arrivo a Civitavecchia di Francisque Corcelle, inviato personale del nuovo ministro degli Esteri francese, Alexis de Tocqueville, e di Henri de la Tour d’Auvergne, segretario all’Ambasciata francese. I due uomini lasciarono la città quasi subito, riportava Lowe, per recarsi al quartier generale francese situato fuori Roma. Lowe aggiungeva: «ma non sappiamo nulla delle istruzioni ricevute e dei poteri dei quali quei due uomini sono stati investiti […] domani si dice ci sarà un attacco dei francesi, ovvero che cercheranno di fare una breccia con la loro artiglieria pesante e tenteranno di entrare in città, a meno che i due gentiluomini nominati sopra diano ordini diversi, ma su questo temo non si possa fare affidamento»11Lowe a Brown, 11 giugno 1849 (fondo Nicholas Brown)..
Alcuni giorni dopo, a Parigi, venne prontamente repressa una manifestazione popolare che contestava la guerra contro la Repubblica Romana, in quanto considerata dal governo francese come un tentativo di insurrezione. Sarebbe stata solo questione di tempo prima che l’antico muro che circondava la Città eterna iniziasse a cedere sotto il bombardamento francese. A Roma, con l’intensificarsi del conflitto, alcuni consoli esteri e diplomatici decisero di organizzare una protesta congiunta contro il generale Oudinot. Il 24 giugno sei di loro mandarono a Brown una bozza del reclamo da presentare, rivolgendosi a lui quale rappresentante di una «nazione grande e civile», con lo scopo di ottenere il suo sostegno. Charles Kolb, console del Württemberg, scrisse una lettera in francese a Brown, informandolo del fatto che i consoli si stavano riunendo nel suo palazzo quello stesso giorno per portare la loro petizione a Oudinot nella sede francese fuori le mura della città. Lo scritto denunciava i continui bombardamenti notturni che stavano spargendo terrore tra gli abitanti e danneggiando palazzi e monumenti storici di incommensurabile valore. Brown lo firmò prontamente12La lettera dei sei consoli è datata 24 giugno, mentre la lettera scritta da Kolb a Brown non ha data. Entrambe si trovano nel carteggio Nicholas Brown. Anche se Brown firmò la protesta, non è chiaro se in effetti accompagnò la delegazione all’incontro con Oudinot.. Oudinot rigettò la petizione dei consoli, proclamando che, sebbene rammaricato dei danni subiti da edifici e monumenti, la colpa di tutta quella distruzione era da attribuirsi solamente ai romani che rifiutavano di piegarsi pacificamente13Vedi Kertzer 2018, pp. 243-244. Curiosamente, il carteggio di Nicholas Brown include anche una lettera di Daniele Manin, eroe della resistenza veneziana agli austriaci e capo dell’unico movimento rivoluzionario contro la restaurazione che ancora non era stato sconfitto. Con il suo biglietto Manin inviò a Brown la propria adesione alla protesta dei diplomatici stranieri contro Oudinot..
Il 29 giugno, con la breccia ormai aperta nelle mura, Nicholas Brown presentò la sua lettera di dimissioni al segretario di Stato. Egli sostenne che aveva progettato di farlo già dopo l’elezione di Zachary Taylor come presidente, diversi mesi prima, ma che aveva deciso di rinviare le dimissioni a causa dei drammatici avvenimenti romani. Sembra invece più plausibile ritenere che Brown possa essere stato costretto a presentarle dal governo degli Stati Uniti, scontento della sua costante trasgressione all’ordine di non favorire l’una o l’altra parte in lotta nel conflitto romano14La lettera di dimissioni di Brown si trova in Stock 1945, p. 178; anche Fiorentino (2000, pp. 89-90) fa riferimento a come Brown fu in realtà costretto a lasciare l’incarico.. Il nuovo console americano, William Sanders, sarebbe arrivato a Roma il 20 agosto15Biografie ufficiali di Brown riferiscono erroneamente che abbia ricoperto la carica di console a Roma fino agli anni Cinquanta. Tra le direttive del governo degli Stati Uniti che Brown non seguì c’erano queste ultime: consegnare a Sanders, il suo successore, gli archivi e le proprietà del Consolato. Se lo avesse fatto, il suo archivio e le sue carte romane sarebbero stati depositati non alla Brown University ma consegnati al governo americano..